martedì 15 gennaio 2013

LA MIA MALEDIZIONE (di Giovanni Testori)

Mathis Grunewald: Piccola Crocifissione (1510)

Doninelli: Tu sei un personaggio noto, ed è inevitabile che la tua omosessualità abbia subito diverse reazioni e interpretazioni. Tra queste, quali hanno maggiormente salvaguardato la tua dignità?
Testori: La sola posizione giusta e rispettosa dei segreti, dei misteri, degli affetti e dei rapporti che ho e che ho avuto, è stata quella della mia famiglia, degli amici più cari e dei giovani di Comunione e Liberazione: da tutti loro non mi sono mai sentito giudicato, ma solo accolto in virtù di un atto di carità che è anche giustizia. Tutto ciò che è in più - approvazione, giustificazione, esternazione, spettacolarizzazione dell'omosessualità - lo trovo «fuori», non necessario, non utile. Non aiuta a star meglio, ad essere più felici. E mi riferisco ai cosiddetti «movimenti di liberazione». Non parliamo, poi, di questa esecranda idea di nozze tra ragazzi. Che senso ha questo spirito di rivalsa a tutti i costi, questa sindrome dell'ufficialità? Io capisco, e difenderei con tutte le mie forze, il terribile diritto che l'uomo ha di svolgere il proprio destino. Immaginiamo che in un paese totalitario si fucilino gli omosessuali, o si leghino e si gettino in mare. Allora sì, per un dirittototale alla vita, mi batterei. Ma queste qui sono mascherate.

Doninelli: Solo mascherate? O qualcosa di peggio?
Testori: Certo che c'è di peggio. Oggi non siamo più nell'antica Grecia, o prima di Cristo. Io trovo che questi qui facciano tutto quello che fanno per dimostrare a se stessi di avere estirpato da sé qualunque senso di colpa o di peccato. Se potessi parlare con loro, li vorrei convincere innanzitutto della tristezza di queste loro carnevalate. Perché in questi rapporti - ma, credo, in qualunque rapporto d'amore - c'è una tristezza sconfinata. Tuttavia, se questa tristezza viene accettata e accolta con carità, in primis come parte della coscienza di sé, allora diventa dramma, e può offrire qualcosa agli altri…

Doninelli: …ossia produrre atti almeno intenzionalmente morali.
Testori: Ma se viene esternata in modo incosciente, allora diventa una tristezza lurida. Hanno un bel rinfacciarmi l'incongruenza del mio essere cristiano con il mio modo di vivere.

Doninelli: Ma questa incongruenza c’è o no?
Testori: Quello che posso dire è che sento questo dramma, che lo vivo, e che, peccando – o, comunque, sbagliando - , cresce in me il bisogno di essere perdonato da un lato e, dall’altro, di trasformare questo stesso rapporto in un altro rapporto: di paternità, o, meglio, di paterna fraternità. Che non finisce più, tant’è che i ragazzi che ho amato, e di cui sono rimasto amico, si sono poi sposati, sono diventati padri e nonni. Comunque non dico queste cose per giustificarmi: innanzitutto perché quella che ho detto è una cosa dura da realizzare, e in secondo luogo perché la mia prima necessità è quella di essere accolto e amato.

Doninelli: Cosa intendi per «lurido»?
Testori: Lurido è tutto ciò che si esibisce con la pretesa di essere, poi, lasciati in pace, o, per dir meglio - perché la pace è un'altra cosa - di farsi gli affari propri. Inoltre trovo che l'accentuazione autoesibita dell'elemento carnale, sensuale sia una falsità. Viene completamente eliminata la tristezza, che è connaturale all'amore. Per quanto mi riguarda, l'interesse per l'incontro con un uomo viene sempre dall'abbacinamento della bellezza, dalla commozione: qualcosa che poi, non lo nego, cerca anche la soluzione del rapporto fisico. Ma il punto della questione non è mai stato lì, per me, e credo non possa essere lì per nessuno.

Luca Doninelli, Conversazioni con Testori, Guanda, 1993, pp. 127-129

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