san Giuseppe |
Cercando nella Sacra Scrittura non ho trovato molti riferimenti. Giuseppe
appare nella genealogia di Gesù (Lc 1,27; Lc 2,4 ; Lc 3,23; Mt 1,1-17) come Figlio di David, titolo messianico che
trasmette a suo figlio ed in due brevi, ma significativi passaggi di Matteo (Mt
1,18-25 e Mt 2,13-21). Qui Giuseppe è detto “uomo giusto”; il
turbamento, che prova difronte al mistero incomprensibile dell’incarnazione, si
fa timore, svelandoci l’animo del santo. Ma come reagisce il giusto Giuseppe
difronte al piano divino? Non una parola. Considera tutte queste cose nel suo
cuore, prega, medita, contempla e quando il Signore gli si annuncia dicendogli non temere (abbi CORAGGIO), non proferisce parola, la sua risposta al piano divino è
l’azione conforme alla volontà di Dio (obbedienza pronta ed incondizionata),
non alla propria (prese con sé la sua
sposa; fuggì in Egitto; si ritirò nella regione della Galilea). Giuseppe
sembra scomparire, non v’è spazio per sfide grandiose nella sua azione, nessun
protagonismo, nessun personalismo. Vive nel nascondimento operando nella Fede,
ogni sua azione è guidata da una visione soprannaturale, è costantemente alla
presenza di Dio; è Dio che fa le cose.
Questa giustizia è la somma di tutte le virtù che san Giuseppe, sul
modello ed esempio del suo figlio divino, incarna e testimonia per noi.
Prendendo spunto dal racconto evangelico mi soffermo su alcune di queste virtù,
che ritengo molto pertinenti col mio peculiare percorso di persona con
Attrazione per lo Stesso Sesso.
- Castità: la vocazione
alla castità ha valore universale, cioè riguarda tutti gli uomini, nessuno
escluso e consiste nel vivere conformemente alla natura ed al progetto divino
la propria sessualità, secondo il proprio stato. Così sarà di necessità
continenza per il celibe o il consacrato o potrà essere esercitata attivamente
nel sacramento del matrimonio, finalizzata alla procreazione ed all’unione
degli sposi. La castità non è qualificata solo dagli atti esterni, anzi trova
proprio nella custodia del cuore la sorgente del vero possesso di sé che è
presupposto necessario per l’autodonazione/vero amore (nessuno da ciò che non
ha), per la vera virilità e per il silenzio spirituale.
- Silenzio interiore: Giuseppe,
incapace di comprendere il mistero divino, considera queste cose nel suo cuore,
in silenzio. Quello di Giuseppe è un silenzio non solo esteriore, da intendersi
come occuparsi delle cose esteriori nella misura dello stretto necessario e con
il distacco prescrittoci da san Paolo (1Cor 7,29-31) perché il tempo si è fatto breve; quanto un
silenzio delle potenze dell’anima quali l'intelletto, la volontà, l'immaginazione
e la passione, che ci rende attenti a noi stessi, apre il nostro cuore alle
ispirazioni divine e ci dispone ad accogliere le sue grazie nella vita di
orazione. La mortificazione di queste potenze (basti pensare alle distrazioni
causate dalla fantasia) ci distacca dalle creature per unirci a Dio nella
preghiera, ricordandoci sempre di conservare un sano equilibrio tra vita attiva
e contemplativa, quest’ultima fonte necessaria da cui trarre le forze per la
prima.
- Obbedienza o docilità:
come la virilità è necessaria – a chi vuole seguire Cristo - per agire, così
l’obbedienza è necessaria per ascoltare
ed accettare, non solo Dio ma anche il mondo che ci circonda e noi stessi,
nella nostra imperfezione di creature amate da Dio. Queste due virtù non
possono andare disgiunte, altrimenti avremmo un carattere pauroso oppure
orgoglioso, in entrambi i casi non saremmo dei sinceri discepoli di Cristo.
- Virilità cristiana: con
questo termine i santi ed i teologi intendono la virtù cardinale della fortezza, cioè quella che rinsalda
l’anima contro il timore e modera l‘audacia nel perseguimento di un bene
difficile. Questa virtù morale è sia attiva, nella misura in cui ci fa essere
risoluti, coraggiosi e costanti; sia
passiva in quanto ci abilita a sopportare le sofferenze, a cui le prove (come
le tentazioni) inevitabilmente ci sottopongono, solo ed unicamente per Dio.
- Nascondimento: l’animo
umano è afflitto da continue razionalizzazioni (giustificazioni razionali che
prendono in considerazione la realtà in modo parziale; sono plausibili ma
false) come il desiderio di cambiare il mondo e non se stessi; combattere la
buona battaglia; un martirio, ma solo difronte ad un degno pubblico. Difronte
ad un’ingiustizia od una contrarietà queste sono risposte “di pancia”, che
gratificano e gonfiano l’ego, l’esatto opposto di quanto ci mostra san
Giuseppe: Lui è immerso in una costante ed intensa vita di preghiera, si pone
in ascolto della parola del Dio vivente per trarre profitto dalle piccole ed
oscure sofferenze che il Signore ci dona a sua maggior gloria e per il nostro
bene.
Nel vangelo di san Luca (2,51) troviamo scritto che Gesù stava loro sottomesso. Questo loro si
riferisce alla Madonna e a san Giuseppe, chiamato da Dio ad essere custode e
protettore della sacra famiglia ed educatore di Gesù nella vita privata (almeno
così la tradizione che colloca la morte del santo prima dell’inizio della vita
pubblica di Gesù). Sembra quasi che Giuseppe, in virtù di questo suo ruolo
paterno, abbia una sorta di diritto alla conduzione
interiore delle anime nella vita spirituale. Anche per questo motivo consacro pubblicamente il mio percorso
spirituale a san Giuseppe chiedendogli in particolar modo di guidarmi nel
coltivare le virtù della castità, del silenzio spirituale, dell’obbedienza,
della virilità cristiana e del nascondimento ad imitazione di Gesù.
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