mercoledì 3 settembre 2014

TUTTO COMINCIÒ CON LA RIVOLUZIONE SESSUALE (di Joseph Ratzinger)

Il cardinale Joseph Ratzinger
Non è un caso che la diffusione e la crescente accettazione sociale della omosessualità si accompagni con una seria crisi nell'ambito del matrimonio e della famiglia, con una mentalità largamente diffusa ostile alla vita così come con una spaventosa libertà sessuale.

Senza voler contestare la pluralità delle cause di questo fenomeno, si può dire che alla sua radice si trova una "nuova" comprensione completamente trasformata della sessualità umana.

La "rivoluzione sessuale" scatenatasi negli anni '60 voleva "liberare" la sessualità umana dalla camicia di forza della morale tradizionale. Cominciò a tessere le lodi della sessualità come semplice bene di consumo e mezzo per raggiungere il piacere. La soddisfazione dell'impulso sessuale fu propagandata come la via alla felicità e al vero sviluppo della personalità. Valori come l'autocontrollo e la castità furono accettati sempre meno. Molti ritenevano la continenza sessuale come innaturale e non vivibile. Altri a loro volta cercavano di trasferire la sessualità umana totalmente nell'ambito del "privato" e del "soggettivo": se due persone si amano reciprocamente e vogliono esprimersi questo nel linguaggio dell'amore, perché ciò deve essere loro impedito?

Successivamente l'esercizio della sessualità fu distaccato sempre più dal matrimonio e, soprattutto con la diffusione mondiale dei mezzi contraccettivi, dalla procreazione. Si affermò che la "vecchia" comprensione della sessualità corrispondeva a un'altra cultura, che nel frattempo si era trasformata.

Anche le affermazioni bibliche dovevano essere considerate nel contesto del tempo e della situazione di allora, e non potevano essere intese come verità morali "atemporali". Ciò valeva in particolare per i passi in cui la Bibbia parla di pratiche omosessuali.

L'argomento tradizionale, secondo cui il comportamento sessuale sarebbe immorale se contraddice alla "natura" dell'uomo, fu abbandonato. Ciò che è "naturale", oppure "innaturale", dipenderebbe sempre anche dalla rispettiva cultura e dalla sensibilità soggettiva di un popolo. E inoltre l'omosessualità si potrebbe trovare dovunque nella natura. Molti designavano le diverse forme anormali della sessualità, anche l'omosessualità, come semplici "varianti" della natura, che si dovrebbero accettare ed approvare: come ci sono persone con la pelle di colore nero, bianco o rosso, come gli uni usano la mano destra e gli altri la mano sinistra, così molti avrebbero una disposizione all'amore eterosessuale, altri all'amore omosessuale.

Dietro queste ed analoghe idee si cela un problema centrale della moralità: qual è la natura della sessualità umana? O più in generale: qual è la natura dell'uomo? e quando un atto corrisponde a questa natura?

Se il concetto di natura, come negli approcci sopra menzionati, è inteso solo in modo fisico-empirico, di fatto non è possibile giungere a un giudizio univoco, che trascenda le diverse culture, sul valore morale di un atto.

Il concetto di natura, che soggiace a tutta la tradizione e anche ai pronunciamenti magisteriali della Chiesa (cfr. "Veritatis splendor", nn. 46-53), non è tuttavia di carattere fisico, ma metafisico: un atto è stato ed è considerato come naturale quando è in armonia con l'essenza dell'uomo, con il suo essere voluto da Dio. A partire da questo essere, che risplende nell'ordine della creazione – e che viene rafforzato dalla rivelazione –, la ragione può dedurre l'imperativo del dovere, soprattutto se è illuminata dalla fede. Nella natura, ossia nella creazione, l'uomo può riconoscere un "logos", un senso e un fine, che lo conduce alla vera autorealizzazione e alla sua felicità, e che ultimamente è fondato nella volontà di Dio.

Nella perdita di questo concetto metafisico di natura, che si accompagna a un quasi totale abbandono della teologia della creazione, è da cercare una delle cause principali della crisi morale dei nostri giorni.

Se il dovere umano, infatti, non è più visto come ancorato nell'essere e quindi nella sapienza del creatore, resta solo l'alternativa che derivi dalla sapienza umana. Ma allora è opera dell'uomo, sottoposto al mutamento del tempo, rimodellabile e manipolabile. Allora ultimamente del bene e del male decide la maggioranza. Allora i "gruppi di pressione", che sanno guidare l'opinione della massa, hanno grandi prospettive di successo.

La Chiesa non può in un pronunciamento magisteriale dare una risposta a tutte le questioni di fondo sopra menzionate. Poiché tuttavia si andavano sempre più diffondendo modi di pensare che ponevano in questione la sana dottrina sull'omosessualità e rendevano più difficile la cura pastorale delle persone omosessuali, la congregazione per la dottrina della fede il 1 ottobre 1986 ha pubblicato con l'approvazione del papa Giovanni Paolo II la lettera ai vescovi della Chiesa cattolica "Homosexualitatis problema".

Negli anni dopo la pubblicazione di questa lettera, l'influsso delle correnti di cui sopra non è diminuito. Nell'opinione pubblica il comportamento omosessuale sembra essere già sostanzialmente accettato. La pressione di alcuni gruppi, che chiedono l'equiparazione giuridica delle forme di vita omosessuale con la forma tradizionale del matrimonio, diventa sempre più grande in diversi Stati, soprattutto negli Stati Uniti d'America e in Europa. Tali tentativi mostrano l'attualità della lettera.

(Dall'introduzione a: Congregazione per la dottrina della fede, "Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali, 1 ottobre 1986. Testo e commenti", Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1995, rist. 2012)

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