giovedì 30 ottobre 2014

GESU' LAVA PIU' BIANCO! DIALOGO CON PHILIPPE ARINO (in esclusiva per il CdC)

A margine della conferenza pubblica di Padova (24 ottobre 2014) abbiamo raccolto in esclusiva questo dialogo con Philippe Arino, scrittore omosessuale francese, autore del breve saggio Omosessualità controcorrente. Vivere secondo la Chiesa ed essere felici (Effatà Editrice).

È possibile l’amore omosessuale?
Philippe Arino a Padova
In occasione del festival “Anuncio 2014”, per l’evangelizzazione di strada a Parigi, ho conosciuto una coppia lesbica, due ragazze molto gioviali ed apparentemente felici, non il tipo militante aggressivo. Un esempio di rispetto, fedeltà e amicizia molto più di quanto non sia la maggior parte delle coppie composte da due persone dello stesso sesso o di sesso differente. Quello che vivono è bene ma non il meglio, le può forse soddisfare ma non le realizza pienamente.
Mi dicono che desiderano vivere un amore “normale”, ma l’amore è una cosa grande non è mai “normale”. Ho percepito nel loro modo di parlare dell’amore un certo conformismo, che mi ha fatto capire come quello che dicevano di vivere fosse bene ma non il meglio.
Alla fine mi hanno detto di vivere una “felicità confortevole” ed è proprio lì la differenza, infatti anche se vi sono dei momenti di riposo l’amore, quello vero, non è “confortevole” perché è un dono totale di sé, è dare priorità assoluta all’altro, bisogna morire a se stessi per donarsi completamente. Questo dono totale di sé è possibile solo passando per la differenza sia essa dei sessi o tra creatore e creatura.
Quindi ho constatato come ci sia una forma di felicità vissuta in alcune coppie omosessuali. Bisogna riconoscere che ci può essere una dose di rispetto, fedeltà ed impegno ma questo dipende dall’amicizia e non dall’amore omosessuale.
Non possiamo negare gli eventuali elementi positivi ma al tempo stesso non possiamo dire che sia il meglio perché l’amore vero è quello che accoglie la differenza dei sessi, eccetto che nel caso dell’amicizia.
Le relazioni omosessuali non sono pienamente né una forma di amore né di amicizia, sono situazioni complicate ed anche le coppie più stabili ammettono che non è il meglio.
Sono complicate perché anche la differenza dei sessi di per sé così come la procreazione, ci sono infatti coppie uomo/donna sterili che si amano più di coppie non sterili, non sono una garanzia d’amore, ma diventa il meglio solo se è coronata dall’amore, altrimenti può essere una catastrofe.
Più conosco le due ragazze e più vedo che vivono una situazione dolorosa, al di là di quello che volevano far apparire.
Crescono i due figli di una precedente relazione di una di loro e si preparano a cancellare dall’albero genealogico il padre biologico, complicando ulteriormente il rapporto educativo, possiamo ancora parlare d’amore, anche in questo caso?

Si può ancora parlare liberamente di omosessualità?
L’omosessualità è un tema controverso non solo per quanto riguarda il rapporto tra cattolici e mondo profano ma anche tra i cattolici stessi, questo è apparso in tutta la sua evidenza in occasione del dibattito che si è svolto in Francia in occasione della discussione sulla proposta di legge sul “matrimonio gay”. Occorre saper conciliare prudenza e verità per non urtare nessuno, è un po’ come camminare sulle uova.

Perché è così difficile parlare di omosessualità?
Non sono i media o la così detta lobby gay ad impedirci di parlare di omosessualità, anzi noi persone omosessualità siamo spesso sollecitate ad esprimerci sull’argomento.
Penso che gli ostacoli siano paradossalmente costituiti da fattori di per sé positivi, che possiamo riassumere in cinque punti:
1. L’amicizia: difronte ad una persona omosessuale il nostro legame di amicizia c’impedisce di parlarne, spesso confondiamo il nostro rapporto con questa persona con quello che effettivamente questa persona vive nella sua relazione di coppia. Ciò che ci impedisce di vedere la realtà per quello che è ovvero la violenza e la frustrazione di queste relazioni, è costituito dalla bellezza del rapporto di amicizia frammisto alla relazione omosessuale. Ma l’amicizia non ha la forza dell’amore.
2. La natura dell’omosessualità come desiderio: un desiderio non è né un atto né una specie umana. È un fatto positivo che l’omosessualità non sia altro che un inclinazione, perché non ci riduciamo ad una tendenza sessuale ed al contempo rende difficile parlarne perché è qualcosa di etereo. Ma questo desiderio, per quanto possa essere profondamente radicato, non definisce la persona.
3. L’adozione: può esserci, di per sé, una bellezza nel crescere ed educare figli non propri pur essendo genitori adottivi e non biologici. Ritengo che una persona omosessuale, in linea di principio, possa crescere correttamente un bambino senza doverne fare necessariamente uno psicopatico. Ma l’adozione non costituisce certamente il meglio per il bambino e questo lo riconoscono anche i genitori adottivi uomo e donna, perché sostituisce un legame biologico che è più forte.
4. La differenza dei sessi: è positiva solo se coronata dall’amore altrimenti, se la consideriamo in sé, non può essere esaltata. È un tesoro fragile, che si rafforza solo attraverso l’amore.
5. La fede: avere la fede non è una garanzia d’amore, vi sono persone che non credono e possono amare più di un credente e tuttavia quando Dio è veramente accolto vediamo che questo fa la differenza quanto all’amore.
Amore senza differenza dei sessi, educazione senza genitori biologici, felicità senza fede: Gesù lava più bianco!
L’amore è una cosa grande ma anche fragile, non dobbiamo farci spaventare da queste difficoltà positive, se Dio s’imponesse, se la differenza dei sessi s’imponesse non ci sarebbe più amore.


Hai parlato di omosessualità come desiderio ma spesso nelle tue opere fai riferimento al concetto di violenza, cosa intendi?
L’omosessualità è una forma di violenza perché rifiuta la differenza dei sessi ma non viene identificata come tale, perché viene presentata alternativamente come una forma di amore o d’identità. Il silenzio delle persone omosessuali impedisce di percepire la sofferenza e la ferita che si nasconde dietro a questo fenomeno. Il clima sociale che viviamo continua a ripeterci che sarebbe normale, non si tratterebbe di una scelta, sarebbe solo una forma come un’altra d’amore. Questo contesto culturale gay friendly che esalta o banalizza l’omosessualità, pretendendo di volere il bene di noi persone omosessuali, in effetti ci ignora nella nostra vera realtà e non vuole ascoltarci per quello che siamo.

Come concili la tua condizione omosessuale con la consapevolezza del progetto di Dio, non desideri cambiare qualcosa?
Sono cosciente del fatto che il mio timore della differenza dei sessi è una ferita e non ne sono contento, chiedo a Dio di farmi amare ciò che Lui ha creato. C’è una ferita durevole, ci sono paure che scompaiono ed altre che durano più a lungo. Sono uscito con la mia migliore amica, siamo arrivati fino al fidanzamento ma non ci sono riuscito. Ci sono forme di omosessualità che differiscono per intensità, molti riescono a capire la propria paura e riescono a superarla, ma a volte non basta capire. Dio esaudisce le nostre preghiere ma come vuole Lui e non noi. In certi casi Dio permette delle guarigioni spettacolari, in altri più progressive, può accadere che persone dell’altro sesso ci aiutino a vincere la nostra diffidenza. Credo molto nell’azione dello Spirito Santo e anche nelle azioni umane come possono essere delle forme di psicoterapia che non guariscono ma che identificano il problema. In ogni caso non si tratta di pozioni magiche, non si può biasimare qualcuno rinfacciandogli che è ancora omosessuale perché non avrebbe pregato abbastanza. 
Personalmente vivo una condizione di speranza e al contempo di attaccamento alla realtà. Se Gesù che non ha voluto il mio desiderio omosessuale permette che sia ancora presente e continui nel tempo vuol dire che c’è un motivo. Per coloro che provano questa inclinazione in modo durevole non debbono considerarla come una cosa triste, penso che queste persone abbiano un ruolo particolare nella Chiesa. L’omosessualità è considerata universalmente come il simbolo del mancato incontro tra l’uomo e la donna, e del rifiuto di Dio da parte degli uomini. Quando invece noi persone omosessuali spieghiamo la vera natura di questa inclinazione senza praticarla, doniamo agli altri quella goccia di veleno che costituisce il vaccino che consente alle coppie di guarire. In altre parole è come una ferita che di per sé non è bella a vedersi, non dobbiamo né lodare né criticare la persona ferita, ma questa ferita consente alla persona, quando è abitata da Dio, di far passare la Sua luce. I più grandi evangelizzatori, quelli che ci fanno conoscere veramente Dio, sono drogati, prostitute e carcerati, sono quelle persone che per mezzo delle loro ferite consentono alla luce di Dio di passare. Quindi se avete un’inclinazione omosessuale durevole, non cercate di negarla, non cercate di essere chi non siete, perché evidentemente se è presente ci dev’essere una ragione e secondo me è così perché ci rende più vicini a coloro che soffrono, consentendoci di mostrarci nella nostra vulnerabilità, mettendo gli altri a proprio agio. Possiamo essere santi, dei santi divertenti e moderni. Trovo incredibile il ruolo che possiamo avere nel mondo di oggi. Un ruolo indecente e scandaloso quando l’omosessualità è praticata ma un ruolo straordinario di evangelizzatori quando l’omosessualità non è praticata ma è offerta agli altri ed alla Chiesa.

Come giudichi l’atteggiamento della Chiesa nei confronti delle persone omosessuali?
Anche se al principio può essere difficile accogliere la parola della Chiesa proprio in ragione della commistione di elementi positivi e della difficoltà a conoscere cosa accade realmente nella vita delle coppie omosessuali, solo la Chiesa non banalizza l’omosessualità, perché chiama le cose con il loro nome. L’immagine positiva che i media cercano di trasmettere  delle coppie omosessuali attraverso film verosimili ma non realistici, influenza a tal punto le persone che, quando dicono di conoscere delle coppie omosessuali felici, in realtà si riferiscono solo agli “amici della TV”.

A chi può rivolgersi una persona omosessuale credente?
L’unica associazione approvata dalla Chiesa cattolica per la cura pastorale delle persone omosessuali è l’Apostolato Courage. Courage funziona molto bene in Italia e noi in Francia abbiamo preso esempio dall’Italia, si stanno sviluppando in questi mesi anche da noi i primi gruppi a Parigi e Tolone. Courage aiuta le persone omosessuali a vivere questa condizione conformemente all’insegnamento della Chiesa e a realizzarsi pienamente nella comune vocazione alla castità.

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Di seguito alcuni materiali per conoscere meglio il pensiero dell'autore:


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