lunedì 5 gennaio 2015

UNA CONFERENZA SULLA CASTITÀ (di dom Cassian Folsom, osb)

San Benedetto ed il cespuglio di spine
Originariamente pubblicata su www.osbnorcia.org



CAPTATIO BENEVOLENTIAE
San Benedetto, nel capitolo 4 della Regola, dice qualcosa di molto strano. Egli esorta i suoi monaci ad amare la castità (castitatem amare RB 4,64). Che cosa significa?
Noi di solito amiamo solo ciò che ci attrae, e la castità, nella nostra cultura satura di sesso, ci appare piuttosto come non attraente, almeno a prima vista. Cosa può voler dire san Benedetto?
Nello stesso capitolo, san Benedetto usa un'espressione simile quando dice che i monaci devono amare il digiuno (ieiunium amare RB 4,13). Anche questo è davvero strano.
La costruzione simmetrica di questi due passaggi ci aiuta a comprendere entrambi. Il digiuno dal cibo o il digiuno dall’attività sessuale è una pratica ascetica. Noi non amiamo la sofferenza dell’ascetismo, ciò che amiamo è la gloriosa virtù che ne consegue. Analizziamo insieme queste domande.

INTRODUZIONE
Prima di tutto alcune osservazioni preliminari.
1.      Quando p. Moriarity mi ha chiesto di parlare di uno dei voti religiosi, per inaugurare la nostra celebrazione dell'Anno della Vita Consacrata, mi sono dovuto fermare a riflettere.

I tre voti: povertà, castità e obbedienza sono una tradizione che rimonta solo a partire dal XIII secolo o giù di lì. La più antica tradizione monastica non pensa alla vita religiosa esattamente in questi termini. I voti benedettini sono tre: l'obbedienza, la stabilità, e la conversatio (l’ "offerta speciale" monastica che include tutto il resto). La castità è semplicemente data per scontata, non è oggetto di un voto specifico. Anche la povertà, non costituisce un voto specifico. Nella santa Regola, san Benedetto non ha davvero una buona opinione dei beni privati, ma il monastero stesso possiede beni: immobili, edifici, utensili, laboratori, chiese, vasi sacri, e così via. Non è neanche remotamente come l'ispirazione di san Francesco.

Così, mi sono chiesto: di quale dei tre voti "tradizionali" dovrei parlare?
+ Povertà - no, perché l’idea monastica di povertà è molto diversa da quella francescana.
+ Obbedienza: probabilmente il più difficile dei voti (poiché implica la propria volontà) - ma che potrebbe non essere così interessante per un pubblico generico.
+ Castità: sicuramente il più controverso dei voti.

Ho pensato: sarò coraggioso ed affronterò il tema più controverso.

2.      Il mio punto di vista

Parlo come uomo celibe e descriverò la castità da questo punto di vista.

La vita spirituale di una donna nubile è destinata ad essere molto diversa, anche se la dinamica fondamentale è la stessa. Di questo dovrebbe parlarvi una suora.

Ma io mi sto rivolgendo a voi tutti - un pubblico misto di uomini e di donne, giovani e anziani, celibi e sposati. Che ruolo ha la castità nella vita matrimoniale? Qual è la differenza tra la castità coniugale e la castità nel celibato?

Per evitare confusione, dobbiamo proporre una definizione:
Castità: astenersi dall’attività sessuale
+ o temporaneamente
§  come si applica al non sposato che si sposerà in futuro
§  nel matrimonio cristiano
+ o permanentemente
§  chi resta celibe/nubile nel mondo
§  chi si consacra a Dio.
Aneddoto: Quando ero al liceo, la mia insegnante di biologia (la signora Zullo) parlando del sistema riproduttivo (insieme al sistema circolatorio, sistema scheletrico, ecc), osservava come questo - a differenza di altri sistemi del corpo - sia necessario per la vita della specie - ma non per la vita dell'individuo. Non necessario per l'esistenza fisica dell'individuo, ha aggiunto, ma forse per la vita emotiva e psicologica. Quando si tratta di castità celibataria, si tratta di una questione di integrazione, come vedremo.
Cominciamo la nostra riflessione con le categorie di vizio e virtù. Faccio qui affidamento sugli insegnamenti del mio santo patrono, san Giovanni Cassiano.



I. Vizio e virtù
Vizio
A. Lussuria (Concupiscenza)
Il vizio che si oppone alla virtù della castità è la lussuria, che possiamo definire come un desiderio disordinato per il piacere sessuale. Ci sono vari gradi di lussuria, dai semplici pensieri o immagini sessuali nella mente alla passione selvaggia come quella di uno stallone lussurioso o una cavalla in calore.
La lussuria nella mente è una cosa; la lussuria in atto è un’altra.
B. Lussuria in atto (Lo spirito di fornicazione)
C'è uno splendido sonetto shakespeariano [n. 129] che inizia: "Sciupio dello spirito nello sperpero della vergogna è la lussuria in atto..." Si noti la vergogna di cui Shakespeare scrive. Si tratta di un'esperienza universale.
Infatti, san Gregorio Magno scrive che quando la lussuria è soddisfatta arreca disgusto, ma quando sono dei santi desideri ad essere appagati, questi producono gioia.
San Giovanni Cassiano chiama questo potente impulso sessuale disordinato "lo spirito di fornicazione". Ci sono tre specie di "fornicazione" secondo Cassiano[1].
1. La prima avviene con l’accoppiamento dell’uno e dell’altro sesso
2. Il secondo si consuma senza un completo rapporto con la donna (masturbazione)
3. Il terzo consiste nel consumare l’atto della lussuria nel proprio animo e nel proprio pensiero. Di esso così parla il Signore nel Vangelo: "Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore" (Mt 5,28).
Queste distinzioni sono utili. Azioni lussuriose iniziano con pensieri lussuriosi. Da qui la disciplina ascetica di custodire i pensieri.
Perché Dio ha messo in noi questi potenti impulsi se non dovremmo dare loro libero sfogo? Per addestrare la nostra libertà, come vedremo.
Questo dicasi per una breve trattazione del vizio della lussuria. Che dire poi della virtù della castità?
Virtù
Prima di tutto, occorre fare una distinzione importante tra continenza e castità.
Cassiano: "Infatti altro significa essere continente, vale a dire (espresso in lingua greca), encratès, e altro significa essere casto e, per così dire, passare al possesso dell’integrità e dell’incorruzione, a quello stato cioè che (in greco) è detto hagnós"[2].
Qual è la differenza?
C. Continenza
La continenza ha a che fare con la disciplina e lo sforzo umano, che è sicuramente necessario, ma altrettanto sicuramente non sufficiente.
Columba Stewart[3]: "Una ferma determinazione potrebbe costringere il desiderio sessuale ad una tregua, ma non può mai produrre la purificazione interiore dovuta alla grazia. La paura può motivare la disciplina, ma solo l'amore può garantire la pace della castità.
La continenza implica una costante vigilanza su un corpo irrequieto, mentre la castità porta la tranquillità e la libertà ... [che è] il segno distintivo della perfezione monastica.
Così Cassiano contrappone il continuo rischio di sconfitta nella "lotta della continenza" con la pace duratura, che è la castità" (Stewart, p.71).
Lo stato di castità, quindi, è un dono della grazia. La continenza è lo sforzo umano per collaborare con la grazia.
Quando San Benedetto esorta i suoi monaci ad amare la castità, non intende dire di amare la lotta della continenza, ma amare quello stato di serena libertà in cui consiste la castità.
D. Castità
Siamo finalmente giunti alla castità. Che cos'è?
Ci sono sei gradi di castità secondo Cassiano[4].
1.      Il primo grado dunque della purezza comporta che il monaco, durante la veglia, non soccomba agli assalti della carne.
+ Cessazione dell'attività sessuale deliberata
+ Resistere alla fantasia sessuale, eccitazione sessuale

2.      Il secondo, che egli non si soffermi sui pensieri relativi a quei piaceri.
+ Libertà dai pensieri - cioè, non si sofferma o indugia su quei pensieri

3.      Il terzo è quello di non essere indotti alla concupiscenza, nemmeno per poco, dall’aspetto di una donna.
+ Libertà dai pensieri occasionali

4.      Il quarto è quello, in cui, pur essendo sveglio, il monaco non subisca nemmeno un semplice movimento della carne.
+ Libertà dall’eccitazione sessuale spontanea, senza compiacersi deliberatamente in una fantasia.

5.      Il quinto è quello di evitare che, qualora una trattazione culturale o una lettura necessaria alluda all’idea della generazione dell’uomo, anche il consenso più sottile all'azione voluttuosa pervada l’anima; è bene invece considerare il tutto con una visione del cuore tranquilla e pura al pari di un’operazione qualunque o di un ministero necessario al genere umano, e nulla riprendere da quel ricordo, come se la mente dovesse riferirsi ad una fabbricazione di mattoni o a qualunque altra operazione di officina.

6.      Il sesto grado della castità è quello di non lasciarsi ingannare anche nel sonno dalle illusive apparizioni di donne. Infatti, sebbene crediamo che simili fantasie suggestive non siano soggette a peccati, sono però un indizio di una concupiscenza annidantesi ancora nel fondo dell’animo.
+ "La castità arriva nel paese lontano dei sogni, calmando le fantasie erotiche, anche nel sonno" (Stewart, p. 76).
Questo mostra un alto grado di virtù.
Sintesi sulla castità nel pensiero di san Giovanni Cassiano
Amore di Dio:
"... la castità significa per Cassiano una tranquillità duratura che anticipa il Paradiso. La castità, come la purezza di cuore, riguarda certamente l'amore; e l'amore, nella visione di Cassiano è sempre relativo a Dio ... il punto di partenza [di Cassiano] ... è la convinzione che la vera patria dei credenti si trovi oltre l’orizzonte di questo mondo ... "(Stewart p.64).
L'amore del prossimo:
"La castità di Cassiano era anche una virtù sociale, in quanto dalla crescita della castità discende la possibilità di relazioni umane fondate davvero sull'amore, piuttosto che su un desiderio egoistico o una tronfia manipolazione..." (Stewart p.63). Lo sappiamo per esperienza.
Torniamo al monito di san Benedetto di amare la castità. Forse ora possiamo cominciare a comprendere cosa intenda.

II. EROS E AGAPE
Nel parlare di vizio e virtù, abbiamo iniziato con la lussuria/concupiscenza e finito con la castità: la virtù che porta a quell’amore disinteressato e che fa dono di sé, che noi chiamiamo carità.
Mi piacerebbe esplorare la stessa progressione (dalla lussuria all’amore) utilizzando delle categorie ed un linguaggio diverso - in modo da ottenere un quadro più completo.
Tali categorie sono eros e agape.
In questo caso mi baso sull’enciclica di Papa Benedetto XVI, Deus Caritas Est (d’ora in poi DCE)[5].

A. L'AMORE UMANO
Eros
Un altro termine per descrivere la lussuria (la passione sessuale disordinata) è eros, anche se le sue accezioni sono piuttosto differenti.
Papa Benedetto descrive eros, come inteso dai greci, come "l'ebbrezza, la sopraffazione della ragione da parte di una « pazzia divina » che strappa l'uomo alla limitatezza della sua esistenza e, in questo essere sconvolto da una potenza divina, gli fa sperimentare la più alta beatitudine" (DCE, 4).
Tuttavia, l'esperienza dei secoli mostra che "l'eros ebbro ed indisciplinato non è ascesa, « estasi » verso il Divino, ma caduta, degradazione dell'uomo. Così diventa evidente che l'eros ha bisogno di disciplina, di purificazione... (DCE, 4).
Papa Benedetto poi descrive la situazione attuale nella nostra cultura: "L'eros degradato a puro « sesso » diventa merce, una semplice « cosa » che si può comprare e vendere, anzi, l'uomo stesso diventa merce. In realtà, questo non è proprio il grande sì dell'uomo al suo corpo. Al contrario, egli ora considera il corpo e la sessualità come la parte soltanto materiale di sé da adoperare e sfruttare con calcolo" (DCE, 5).
È una ben triste situazione. Eros ha bisogno di essere redento. Se è riscattato, conduce all’agape.
Agape
La concezione biblica dell'amore: "In opposizione all'amore indeterminato e ancora in ricerca, questo vocabolo [la parola agape] esprime l'esperienza dell'amore che diventa ora veramente scoperta dell'altro, superando il carattere egoistico prima chiaramente dominante. Adesso l'amore diventa cura dell'altro e per l'altro. Non cerca più se stesso, l'immersione nell'ebbrezza della felicità; cerca invece il bene dell'amato: diventa rinuncia, è pronto al sacrificio, anzi lo cerca" (DCE, 6).
Agape significa quindi un esodo, un uscire "dall'io chiuso in se stesso verso la sua liberazione nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio..." (DCE, 6).
Sintesi
Papa Benedetto ci dà poi un’utile sintesi (è davvero un bravo professore!)
Eros: l’amore 'mondano'
Agape: l'amore fondato sulla fede e da essa plasmato.
Eros: amore ascendente: sforzo verso l'alto per quel "qualcosa" senza nome
Agape: amore discendente: l'amore divino che scende dall'alto
Eros: l'amore possessivo (amor concupiscentiae)
Agape: amore oblativo (amor benevolentiae)
Se tali distinzioni sono utili, Papa Benedetto ci ricorda come queste due forme di amore non possono mai essere completamente separate l'una dall'altra.
B. L'amore divino
Queste due categorie - agape e eros - possono essere applicate anche a Dio.
Dio mostra queste qualità dell'amore anche quando nella bibbia descrive il suo rapporto con noi, il suo popolo.
Eros
"Soprattutto i profeti Osea ed Ezechiele hanno descritto questa passione di Dio per il suo popolo con ardite immagini erotiche. Il rapporto di Dio con Israele viene illustrato mediante le metafore del fidanzamento e del matrimonio; di conseguenza, l'idolatria è adulterio e prostituzione" (DCE, 9).
Osea: "Come potrei abbandonarti, Efraim, come consegnarti ad altri, Israele? ... Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione... " (Os 11, 8-9).
Il Cantico dei Cantici: ... "la ricezione del Cantico dei Cantici nel canone della Sacra Scrittura sia stata spiegata ben presto nel senso che quei canti d'amore descrivono, in fondo, il rapporto di Dio con l'uomo e dell'uomo con Dio" (DCE, 10).
Agape
Gesù Cristo è l'amore incarnato di Dio: un amore che è dono di sé, svuotamento (cf. il celebre Cantico di Filippesi 2,6-7: "Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini"):
"Nella sua morte in croce si compie quel volgersi di Dio contro se stesso ...
[qui si riferisce allo svuotamento o kenosis di Dio stesso, un concetto straordinario]
... nel quale Egli si dona per rialzare l'uomo e salvarlo — amore [agape], questo, nella sua forma più radicale. Lo sguardo rivolto al fianco squarciato di Cristo, di cui parla Giovanni (cfr 19, 37), comprende ciò che è stato il punto di partenza di questa Lettera enciclica: « Dio è amore » (1 Gv 4, 8)" (DCE, 12).
Papa Benedetto XVI continua dicendo: questo amore agape è manifestato nel dono di sé dell'Eucaristia. "A questo atto di offerta Gesù ha dato una presenza duratura attraverso l'istituzione dell'Eucaristia, durante l'Ultima Cena" (DCE, 13).
"L'immagine del matrimonio tra Dio e Israele diventa realtà in un modo prima inconcepibile: ciò che era lo stare di fronte a Dio diventa ora, attraverso la partecipazione alla donazione di Gesù, partecipazione al suo corpo e al suo sangue, diventa unione" (DCE, 13) - nel banchetto di nozze dell'Agnello.



CONCLUSIONE
La divinizzazione dell'umano
1.      San Benedetto: anelare con tutta l'anima alla vita eterna (vitam aeternam omni concupiscentia spiritali desiderare RB 4,46). Questo è eros trasformato.
2.      San Giovanni Climaco[6]:
"ho visto anime impure impazzire furiosamente per amori carnali e, avendo tratto dall’esperienza d’amore una riflessione sulla penitenza, hanno trasferito lo stesso amore al Signore" (Gradino V.6 - 777A).

E ancora: "Un uomo casto è qualcuno che ha scacciato l'amore carnale (eros) mediante quello divino (eros), che ha usato il fuoco celeste per placare i fuochi della carne" (Gradino XV.2 - 880D).

In altre parole, l’eros decaduto, impuro deve essere scacciato, non mediante uno stato di frigido distacco, ma da un "eros divino"[7].

"Colui che è veramente innamorato s’immagina sempre il volto del suo amore e lo abbraccia dentro di sé pieno di gioia: non riesce a dare requie al proprio desiderio nemmeno durante il sonno, ma anche allora parla con l’oggetto del suo desiderio. Ciò che in genere avviene per i corpi avviene anche per ciò che è incorporeo. Un tale ferito dall’amore, diceva di se stesso, cosa che io ammiro: Io dormo per la necessità dettata dalla natura, ma il mio cuore veglia per l’abbondanza d’amore (Ct 5,2)" (Gradino XXX.6-7 - 1156D).
La grande sfida per noi è la divinizzazione dei nostri amori umani: la redenzione di eros e la piena fioritura di agape.
I padri monastici parlano di questo, e la loro saggezza ci sembra notevolmente contemporanea.
In conclusione: La castità non è solo per i monaci e i religiosi! Si tratta di una virtù potente, attraente, acquisita per grazia di Dio e con una lunga ascesi, che ci dà la libertà di amare.
Vedete ora, che cosa intenda san Benedetto quando ci esorta ad amare la castità? Si tratta di una virtù degna dell'uomo, perché lo solleva dallo stato animale alla condizione di figlio divinizzato di Dio.



[1] Giovanni Cassiano (san), Le Conferenze spirituali, Roma, Città Nuova Editrice, 2000, (Conf. V, xi, 4) vol. I pp. 217-218.
[2] Giovanni Cassiano (san), Le istituzioni cenobitiche, Abbazia di Praglia (PD), Edizioni scritti monastici, 2007, (Inst. VI, iv, 1) pp. 188-189.
[3] Columba Stewart, Cassian the Monk, Oxford, The Oxford University Press, 1998.
[4] Giovanni Cassiano (san), Le Conferenze spirituali, Roma, Città Nuova Editrice, 2000, (Conf. XII, vii, 2-4) vol. II pp. 46-47.
[5] Papa Benedetto XVI, Lettera Enciclica Deus Caritas Est, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2006.
[6]Giovanni Climaco (san), La scala del Paradiso, Paoline, 2007.
[7] Cfr. John Climacus, The Ladder of Divine Ascent, New York, Paulist Press, 1982, (Introduction) p. 31.

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