mercoledì 23 aprile 2014

CONTRO L’ETEROSESSUALITA’ (di Michael W. Hannon)

CONTRO L’ETEROSESSUALITA’
L’idea di orientamento sessuale è artificiale e inibisce la testimonianza cristiana.
(di Michael W. Hannon[1])

Contro l'eterosessualità
Alasdair MacIntyre, una volta scherzando disse che "cose, come i telescopi e le parrucche per signori, erano un'invenzione del XVII secolo". Qualcosa di simile si può dire dell'orientamento sessuale: gli eterosessuali, come le macchine da scrivere e gli orinatoi (anch’essi, ovviamente, per signori), sono stati un'invenzione degli anni ’60 del XIX secolo. Contrariamente ai nostri preconcetti culturali ed alle menzogne di quello che adesso si chiama "essenzialismo dell’orientamento", "etero" e "gay" non sono assoluti senza tempo. L'orientamento sessuale è uno schema concettuale con una storia, e una storia oscura. Si tratta di una storia iniziata molto più di recente di quanto la maggior parte della gente sa, e che probabilmente finirà molto prima di quanto la maggior parte della gente pensa.

Nel corso di molti secoli, l'Occidente ha progressivamente abbandonato il modello sponsale del cristianesimo per la sessualità umana. Poi, circa 150 anni fa, ha cominciato a sostituire quella lunga tradizione teleologica con una creazione completamente nuova: la tassonomia assolutista quanto assurda degli orientamenti sessuali. L'eterosessualità è stata creta per servire come regola ideale di tale quadro fantasioso, mantenendo i divieti sociali contro la sodomia e altre dissolutezze sessuali senza la necessità di ricorrere alla natura procreativa della sessualità umana.

Secondo questa nuova opinione, gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso sono sbagliati non perché disprezzano lo scopo animale-razionale del sesso, cioè la famiglia, ma piuttosto perché il desiderio di queste azioni deriverebbe presumibilmente da uno sgradevole disturbo psicologico. Come racconta la teorica queer Hanne Blank, "Questo nuovo concetto [dell'eterosessualità], agghindato in un miscuglio malassortito di altisonanti lingue morte, ha dato alle vecchie ortodossie una nuova e vivace prospettiva di vita, suggerendo, con toni autorevoli, che la scienza abbia detto in modo efficace che sono naturali, inevitabili ed innate".

L'orientamento sessuale non ha fornito un fondamento affidabile per le virtù come i suoi inventori avevano sperato, soprattutto negli ultimi tempi. Tuttavia oggi, molti cristiani conservatori ritengono che dovremmo continuare a riverire la dicotomia gay-etero e l'ideale eterosessuale nella catechesi popolare, dal momento che sembra loro ancora il modo migliore per rendere le nostre massime morali ragionevoli ed attraenti.

Questi miei compatrioti cristiani sbagliano ad aggrapparsi così strettamente all'orientamento sessuale, confondendo la nostra difesa della castità, senza precedenti e senza successo, con il suo fondamento eterno. Non abbiamo bisogno dell’"eteronormatività" per difenderci contro la dissolutezza. Al contrario, non è che un ostacolo.

Michel Foucault, un alleato inaspettato, ci fornisce i dettagli del pedigree dell'orientamento sessuale nella sua Storia della sessualità; in quanto osserva che il termine "sodomia" aveva identificato per molto tempo un tipo di comportamenti, ed improvvisamente, per la prima volta nella seconda metà del XIX secolo, la parola "omosessuale" gli si è affiancata. Questo neologismo europeo è stato utilizzato in un modo che avrebbe sorpreso le generazioni precedenti come un evidente errore di classificazione, in quanto designa non comportamenti ma persone, lo stesso dicasi per il suo correlativo opposto: "eterosessuale".

Foucault racconta che psichiatri e legislatori della seconda metà del 1800, hanno respinto la convenzione classica secondo cui il "colpevole" degli atti sodomitici non era "niente altro che il loro soggetto giuridico". Quando la società secolarizzata ha considerato come illegittime le credenze religiose classiche nella sfera pubblica, allora la pseudoscienza è intervenuta e ha sostituito la religione come fondamento morale delle norme sessuali. Per ottenere una stabilità sociale laica in materia sessuale, gli esperti di medicina realizzarono ciò che Foucault descrive come "ordine naturale del disordine".

"L'omosessuale del XIX secolo divenne un personaggio", "un tipo di vita", "una morfologia", scrive Foucault. Questa identità psichiatrica perversa, elevata al rango di una "forma di vita" mutante al fine di salvaguardare la buona società contro le sue disgustose depravazioni, è diventata l’elemento principale della personalità dei soggetti: "Nulla di tutto ciò che costituiva [l'omosessuale] era indipendente dalla la sua sessualità. Era presente ovunque in lui: alla radice di tutte le sue azioni, perché ne era il principio insidioso e indefinitamente attivo".

Gli aristocratici imprudenti incoraggiando queste innovazioni mediche cambiarono l’unità di misura della moralità pubblica, sostituendo alla natura umana religiosamente intesa l'opzione, laicamente più sicura, della passione individuale. In tal modo, sono stati costretti anche a scambiare la solida tradizione della legge naturale per lo standard di recente costruzione della "normalità psichiatrica", con l’"eterosessualità" a fungere da nuova normalità per la sessualità umana. Non sorprende che uno standard di normalità così vago, abbia offerto un fondamento di gran lunga meno forte all’etica sessuale rispetto alla classica tradizione del diritto naturale.

Ma l’enfatizzare questo nuovo standard è proprio riuscito a radicare queste categorie di etero e omosessualità nell’immaginario popolare. "L'omosessualità è apparsa come una delle forme della sessualità", scrive Foucault, "quando il concetto è passato dalla pratica della sodomia ad una sorta di androginia interiore, un ermafroditismo dell'anima. Il sodomita era stato un'aberrazione temporanea; l'omosessuale era ormai una specie". L’orientamento sessuale, quindi, non è altro che un costrutto sociale fragile e di assai recente costruzione.

Mentre la nostra cultura popolare non si è -ancora- allineata, i teorici queer, che dettano sempre più legge a livello di élite, sono già d'accordo con Foucault su questo punto. Tali pensatori fanno eco al pensiero LGBT - eretico di Gore Vidal: "In realtà, non esiste una cosa come una persona omosessuale, come non esiste una cosa come una persona eterosessuale". Vero, la netta divisione naturale tra le due identità si è dimostrato utile agli attivisti per i "diritti dei gay" impegnati sul campo, e non ultimo per l'ethos dell'era dei diritti civili, che tali dinamiche di lotta evocano. Ma la maggior parte dei teorici queer -e, per questo oggi, la maggior parte degli studiosi di tutte le discipline umanistiche e sociali/comportamentali, ammettono senza difficoltà che tali distinzioni sono costrutti immaturi e non molto di più. Molti in questo campo desiderano esporre le credenziali contraffatte dell’orientamento sessuale e, citano una pagina da Nietzsche, per spiegarlo in via genealogica una volta per tutte.

Jonathan Ned Katz, uno storico della sessualità di sinistra radicale che ha già insegnato sia a Yale che alla New York University, coglie bene l’elemento condiviso della teoria queer contemporanea in L'invenzione della eterosessualità, in cui spiega: "Io parlo dell’invenzione storica dell’eterosessualità per attaccare frontalmente l’opinione comune circa l’esistenza di una eterosessualità eterna, per sostituirgli la condizione instabile, relativa e storica di un'idea e di una sessualità che pensavamo fosse definita da tempo". Mentre, prosegue dicendo: "Contrariamente alla odierna idea biologista, la dicotomia eterosessuale/omosessuale non si trova in natura, ma è un costrutto sociale, quindi decostruibile".

La mia previsione è che vedremo questa dicotomia completamente decostruita nel corso delle nostre vite. Ma, a mio avviso, noi sostenitori della castità cristiana dovremmo vedere la fine imminente della distinzione gay-etero non come una tragedia, ma come un'opportunità. Voglio suggerire ancora di più che dovremmo fare del nostro meglio per favorire la dissoluzione dell’idea di orientamento all'interno delle nostre sfere sottoculturali, ove possibile.

Naturalmente, dato che siamo immersi in una cultura per la quale queste categorie sembrano così connaturali come la lingua inglese, sradicarle dal nostro vocabolario e dalla nostra visione del mondo non sarà per niente facile. Quindi, perché preoccuparsene? Finché non commettiamo peccati, che importa se la gente, anche noi cristiani, continua a identificarsi come omosessuale o eterosessuale?

Prima di tutto, nell’essenzialismo dell’orientamento la distinzione tra eterosessualità e omosessualità è una costruzione disonesta circa la sua identità, proprio in quanto costruzione. Queste classificazioni si travestono da categorie naturali, applicabili a tutte le persone, in tutti i tempi e luoghi a seconda degli oggetti propri dei loro desideri sessuali (anche se forse con un paio di opzioni in offerta per i categorizzatori più politicamente corretti). Affermando di non essere semplicemente una fortuita invenzione del XIX secolo, ma una verità senza tempo sulla natura sessuale umana, questo paradigma pretende troppo ed inganna coloro che adottano le sue etichette, facendogli credere che tali distinzioni valgano molto di più di quello che in realtà sono.

Un secondo motivo per dubitare che questa classificazione sia qualcosa di cui noi cristiani dovremmo subito appropriarci è che la sua introduzione nel nostro discorso sul sesso non ha aumentato significativamente la virtù - intellettuale o morale -di coloro che impiegano i suoi concetti. Al contrario, essa ha reso più difficile comprendere ed ha generato disordine morale.

Quanto al primo punto – la comprensione -, l’essenzialismo dell’orientamento ha reso la filosofia etica in questo ambito del tutto impossibile: ha preso il posto dei vecchi principi coniugal-procreativi della castità, senza offrire alcuna alternativa che non sia del tutto arbitraria. La precedente visione teleologica misurava la morale in funzione della natura animale-razionale dell'uomo; in ambito sessuale, questo significava valutare gli atti con riferimento al bene comune del matrimonio, che ha integrato l'unione sponsale e la procreazione e l'educazione dei bambini. Il nuovo sistema eteronormativo, d'altra parte, non arriva a spiegare la malvagità della sodomia omosessuale facendo riferimento solo ad un riflesso involontario, condizionato ed immorale, che se non giustificato, si è indebolito notevolmente nel tempo.

Per quanto riguarda l’altra conseguenza, il disordine morale, l'affermazione dell’orientamento ha spostato, in modo controproducente, la nostra attenzione pratica dalle finalità oggettive alle passioni soggettive. I giovani, per esempio, oggi si trovano regolarmente in difficoltà con la propria identità sessuale, quando si esaminano nel tentativo di individuare la loro posizione in questo, presunto naturale, diagramma di Venn degli orientamenti. Tali ossessioni generano molto più calore che luce e spingono gli adolescenti, già sessualmente eccitati, a concentrarsi sul riconoscersi in dimensioni estranee alla propria sessualità. Questa autoanalisi diventa ancora più inutilmente dolorosa per coloro che riscontrano in sé un "orientamento omosessuale", quando assumono un'identità essenzialmente caratterizzata da un insieme di desideri sessuali che non possono essere soddisfatti in modo conforme alla morale.

C'è una terza ragione, di natura teologica, per cui dovremmo liberarci di questa classificazione: è in contrasto con la libertà per cui Cristo ci ha liberati. Il mio futuro priore nella vita religiosa, p. Hugh Barbour dei Premostratensi, ha ampliato questa idea in un saggio in Chronicles Magazine, intitolato "Gli omosessuali esistono? Ovvero, cosa accadrà adesso?" Come sostiene il padre priore: "La teologia morale tradizionale valutava gli atti, e non generalizzava, in modo così insoddisfacente, sulle tendenze che portano a questi atti. Questo era lasciato alla casuistica delle occasioni di peccato e alla direzione spirituale. Se il peccato è un furto, è la cleptomania allora lo standard di valutazione? Se l'ubriachezza, l'alcolismo? Se la pigrizia, la depressione patologica?" Egli scrive, anche i cristiani ortodossi hanno ceduto all'abitudine di trattare le inclinazioni sessuali come identità. Pastoralmente, siamo fatti per predicare la libertà con cui Cristo ci ha liberati. Nel considerare il peccato di sodomia come una prova evidente di un’identità, non stiamo forse concorrendo, sotto forma di compassione e sensibilità, a vincolare il peccatore alla sua inclinazione peccaminosa? e così facendo lo carichiamo di un fardello troppo grande da sopportare, senza tuttavia muovere un dito per sostenerlo?

Autodefinirsi come un "omosessuale" tende a moltiplicare le occasioni di peccato per coloro che adottano l'etichetta-provocazione, è secondo le parole del priore, un’inutile "spettacolarizzazione della tentazione". Mentre l'infusione delle virtù teologali rende il cristiano libero, l’identificarsi come omosessuale rende solo più schavo il peccatore. Intensifica la lussuria, una triste distorsione dell’amore, amplificando il valore apparente dei desideri concupiscenti. Favorisce una disperata autocommiserazione, danneggiando la speranza, che ha lo scopo di motivare le virtù morali. Incoraggia a sentirsi in diritto a pretendere lo stravolgimento degli insegnamenti che sembrano reprimere "chi sono veramente", spesso minando così l'obbedienza della fede.

Ci sono una manciata di lodevoli esempi che contraddicono questo modello scoraggiante, persone che s’identificano come "cristiani gay" che sono sia virtuosi che fedeli agli insegnamenti della Chiesa. Ma data la tensione intrinseca tra il pensiero cristiano classico e l’idea moderna di orientamento sessuale, non dovrebbe sorprenderci che gli originali lodevoli interpreti che cercano di combinare queste due tradizioni dissonanti siano l'eccezione piuttosto che la regola.

Legittimare l'identità omosessuale è un percorso irto di pericoli evitabili. Eppure, quando si tratta del male più grave provocato dalla dicotomia dell’orientamento sessuale, l'omosessualità non è il colpevole. Lo è l’eterosessualità – ma naturalmente questo non significa che possiamo avere l'una senza l'altra. L'aspetto peggiore del sistema dell’identità da orientamento è che tende a esentare gli eterosessuali dalla valutazione morale. Se l'omosessualità ci lega al peccato, eterosessualità ci rende ciechi difronte al peccato.

Non c'è dubbio che esistano alcuni "eterosessuali" moralmente consapevoli di sé. Tuttavia, come regola generale, individuarsi come una persona eterosessuale oggi equivale a dichiararsi membro del "gruppo dei normali", in funzione del quale tutti i desideri sessuali, le attrazioni e le tentazioni devianti debbono essere valutate. Tale identificazione etero introduce una confidenza di sé pateticamente acritica e - spero che sia evidente - ingiustificata, per non parlare del criterio impreciso per valutare la tentazione.

Certo, esiste una norma modello per la valutazione della devianza sessuale. Ma questo modello non è l'eterosessualità. È lo stesso Gesù Cristo, il Dio-uomo che ha sia perfezionato la natura umana, sia perfettamente esemplificato la sua perfezione, "essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato". Pertanto pretendere che l'eterosessuale auto-dichiaratosi prenda il posto di nostro Signore in questo ruolo è semplicemente una follia.

È vero che l'omosessualità può essere caratterizzata da una ingiusta mancanza di speranza, dall’accettare delle inclinazioni peccaminose come identità fondante e quindi dal respingere implicitamente la libertà acquistata per noi dal sangue di Cristo; ma l’eterosessualità, con la sua pretesa di valere come norma per valutare i nostri costumi sessuali, è caratterizzata da qualcosa di ancora peggiore: l'orgoglio, che san Tommaso d'Aquino classifica come il re di tutti i vizi.

Ci sono ragioni pratiche per diffidare anche dell’eterosessualità. Poiché il nostro mondo post-freudiano associa ogni tipo di attrazione fisica e affetto interpersonale con il desiderio erotico genitale, un’amicizia intima con una persona dello stesso sesso ed un apprezzamento casto per la bellezza di qualcuno del proprio stesso sesso sono diventati quasi impossibili. (Freud, a proposito, è stato uno degli autori più influenti del pernicioso mito dell’essenzialismo dell’orientamento).

Per gli "eterosessuali" in particolare, avvicinarsi ad un amico dello stesso sesso finisce per sembrare perverso e provano disagio se impressionati dalla sua bellezza. Per evitare di essere scambiati per gay, al giorno d’oggi molte persone sedicenti etero - uomini soprattutto – si accontentano di rapporti superficiali con i loro compagni e riservano il tipo di intimità impegnativa, che un tempo caratterizzava tali caste relazioni con persone dello stesso sesso, per le sole partner amorose. Il loro orientamento sessuale, apparentemente normale, li priva di un aspetto essenziale della realizzazione umana: la vera amicizia.

I primi usi del termine "eterosessualità" ci danno un ulteriore motivo di dubitare del fatto che dovremmo celebrarne l'idea con troppo entusiasmo. È vero che anche alla fine del XIX secolo, a volte l'etichetta è stata impiegata solo per indicare "sesso normale". Ed è così che, naturalmente, ancora oggi tendiamo a usare il termine "eterosessuale", che io sostengo essere drammaticamente confuso.

Ma un altro significato importante del termine all’epoca della sua invenzione, compreso il suo primo uso registrato nella lingua inglese nel 1892, continua a informare la nostra concezione distorta della sessualità umana, anche se questa definizione secondaria da allora è andata fuori moda. Nella sua definizione alternativa, il termine non indicava"sesso normale", ma piuttosto una diversa forma di devianza sessuale, come la sua controparte omosessuale, per quanto riguarda il suo disprezzo per la procreazione, ma si differenziava per l'oggetto proprio delle sue inclinazioni lussuriose.

La sfortunata storia del termine "eterosessuale" che abbiamo scelto di dimenticare è che questa parola è entrata nella lingua inglese come etichetta per un disturbo indicante una perversione sessuale che si compiaceva di atti sessuali sterili. Di solito questi desideri sono rivolti verso persone di sesso opposto, ma anche questo limite era sfocato, perché, come si è scoperto, una volta che lo scopo generativo del sesso era stato accantonato, spesso importava molto poco chi fosse il partner dell’attività masturbatoria dell’eterosessuale.

I nostri antenati cristiani sarebbero scioccati dalla nostra condiscendenza con l'orientamento sessuale. L'unica ragione per cui questo programma non ci allarma come avrebbe fatto con loro è che noi siamo stati sistematicamente indottrinati dall'infanzia, specialmente i più giovani tra di noi. Prendiamo un esempio analogo con cui non abbiamo altrettanta familiarità e consideriamo come avremmo reagito se un diverso tipo di categoria si fosse imposto nel nostro vocabolario culturale.

Slate recentemente ha pubblicato un articolo intitolato "Il poliamore è una scelta?", in cui sosteneva che, in aggiunta alle inclinazioni verso uomini o donne, ci possono essere anche orientamenti sessuali, innati ed immutabili, costituiti dalla fedeltà - e infedeltà. Dan Savage dovrebbe esserne orgoglioso.

Immaginate se quelle persone, che pensano che saranno più soddisfatte romanticamente da una relazione sessuale esclusiva ed impegnata, iniziassero a identificarsi come "fedeli", mentre quelli di solito più eccitati dalla prospettiva della promiscuità sessuale illimitata iniziassero a identificarsi come "infedeli". Non lo troveremmo forse preoccupante, soprattutto quando uomini e donne cristiani iniziassero ad adottare quest'ultima etichetta per identificarsi, ammettendo anche di essere "infedeli" come una ragione per non sposarsi, in quanto non sarebbero sufficientemente soddisfatti dalla vita sessuale a cui si impegnerebbero con i voti coniugali?

In questa analogia ovviamente l’"Infedeltà" ha il ruolo dell’omosessualità. Ma sia che consideriamo il numero dei partner sessuali che il loro genere, come non restare scioccati quando i nostri fratelli cristiani adottano un'identità che si distingue essenzialmente dal suo opposto per nient'altro che una particolare forma di tentazione al peccato? Questo è l'opposto della libertà cristiana. Naturalmente, tutti noi siamo feriti e tentati e abbiamo bisogno dell’assistenza divina. Ma mentre noi continuiamo a lottare contro queste tentazioni peccaminose, ciò che ci è stato dato in Cristo Gesù è la liberazione dalle catene del peccato che ci rivendica come propri.

Tantomeno apparteniamo alle nostre trasgressioni. Allora perché creare identità per noi stessi utilizzando il peccato come standard? Non m’interessa quanto possa sembrare attraente la promiscuità. Tu non sei certamente "un infedele". Sicuro, potremmo costruire categorie sociali che farebbero apparire ovvio e connaturale, parlare in quel modo. Ma per il cristiano fare così, o partecipare volentieri a questo sistema una volta che è stato costruito intorno a lui, sarebbe decisamente sbagliato.

Io non sono il mio peccato. Io non sono la mia tentazione al peccato. Sono stato liberato da questa schiavitù dal sangue di Gesù Cristo. Io, per essere sicuri, ho tutti i tipi di identità, soprattutto nella nostra impazzita età ultra-psicoanalitica. Ma almeno, nessuna di queste identità dovrebbe essere essenzialmente definita dalla mia attrazione per ciò che mi separa da Dio.

L'altro lato di questa analogia, ispirata da Slate, mette in luce i mali caratteristici della eterosessualità. Nonostante la nostra giustificata disapprovazione dei cristiani che s’identificano in modo disperante come "infedeli", non ci sarebbe qualcosa di ancora più assurdo e feroce nella loro vanagloriosa auto-identificazione come "fedeli"? Mettiamola così: Il fatto che i miei desideri erotici tendono ad assumere una sola persona per loro oggetto piuttosto che un pluralità, rappresenta necessariamente una qualche intrinseca qualità morale da parte mia? Del resto, è indice che i miei desideri sono virtuosi o penso, più probabilmente, indichi semplicemente che mi capita di non essere fortemente tentato da uno dei molti potenziali abusi del piacere sessuale? Come le cosiddette persone "fedeli", gli "eterosessuali" non sono modelli di castità solo perché evitano la tentazione del giorno.

Tuttavia, nonostante l'illogicità di tutto questo, "le persone etero", tendono ancora a ricevere maggiori vantaggi sociali dalla loro denominazione e, quindi, lo smantellamento dello schema degli orientamenti li minaccia molto più di quanto non facciano i loro correlativi "gay" e "lesbiche". Come Jenell Williams Paris del Messiah College scrive nel suo libro The End of Sexual Identity, "Fondare l’etica sessuale nella nostra umanità più che nelle categorie di identità sessuale contemporanee... ha un costo per gli eterosessuali", perché "li mette in gioco come giocatori invece che arbitri". Per questo motivo, però, sono i sedicenti eterosessuali che possono rivelarsi più efficaci nel guidare la nostra casta offensiva contro l'orientamento sessuale, sacrificando la loro poco cristiana coperta di sicurezza dell’ "eterosessualità" per il bene della caritas in veritate.

Eppure sia che noi cristiani scelgiamo o meno di aderire alla battaglia, nel tempo, l'orientamento sessuale finirà inevitabilmente fuori moda: possiamo solo scegliere semplicemente se vogliamo cadere con esso. Una ragione ovvia per la sua fine inevitabile è che il sentimento è molto più volubile di quanto quei precoci agitatori psicosessuali credessero. L'evidenza empirica mostra come le loro rigide categorie risultino essere radicalmente insufficienti.

Un secondo fattore nella caduta inevitabile dell'orientamento sessuale è che queste categorie etero/omo non possono costituire un fondamento logico per le norme sessuali, per come furono intese. Gli essenzialisti dell’orientamento originali non potevano nemmeno offrire una ragione di principio per preferire l'eterosessualità all'omosessualità, il fulcro della loro posizione. Lasciato con nient'altro che sensibilità ereditate e regole arbitrarie, il loro criterio eteronormativo non è riuscito, laddove il suo predecessore procreativo era riuscito per secoli, ad offrire valide ragioni per le regole.

Il fallimento filosofico ha condannato l'impresa dell’orientamento per tutta la sua esistenza. Poiché l’inadeguato standard eteronormativo ha lasciato le istanze della lussuria per il sesso opposto completamente intatte, i peccati considerati precedentemente mortali, come la masturbazione, la pornografia, la fornicazione, la contraccezione e la sodomia maschio-femmina, sono stati progressivamente tollerati; eppure, eliminate tutte queste prescrizioni, comprensibilmente, ha cominciato ad apparire incoerente e quindi ha pregiudicato il continuare ad insistere sul divieto per la sodomia tra persone dello stesso sesso. La struttura dell’essenzialismo dell’orientamento, che doveva essere una difesa infallibile contro la dissolutezza omosessuale, così divenne l'arma più forte nel suo arsenale.

Il che ci porta alla conclusione, forse più sorprendente, ragione per cui l'orientamento sessuale cadrà: ha quasi esaurito la sua utilità politica, che ha sempre avuto una data di scadenza. Il piano dei conservatori morali del XIX secolo per l'orientamento è fallito, naturalmente, quando quelle che avrebbero dovuto essere condizioni psichiatriche normativamente diseguali, si sono evolute in identità psicologiche moralmente indistinguibili.

Eppure neanche il liberalismo se n’è molto avvantaggiato, tra Romer e Lawrence e Windsor[2] e ENDA[3], restano da sistemare pochissimi problemi di "diritti dei gay". L’orientamento sessuale potrebbe avere ancora pochi anni di utilità politica, ma molti progressisti già si vantano di poter rottamare l'assurdo mito delle categorie naturali ed essere soddisfatti, avendo avviato una irresistibile tendenza di liberalizzazione che continuerà a ritmo sostenuto, con o senza di esse. Prima o poi, le affermazioni della torre d'avorio dei teorici queer diventeranno ortodossia culturale.

Anche se mi aspetto che molti pensatori cristiani conservatori troveranno Foucault uno strano compagno di viaggio, vorrei suggerire che il nostro supporto alla sinistra radicale su questo tema dovrebbe essere entusiasta, anche se deve essere attentamente circoscritto. In sostanza, dobbiamo unire con entusiasmo le nostre voci a quelle dei teorici queer poststrutturalisti nelle loro critiche vigorose degli ingenui essenzialisti dell’orientamento, che pensano erroneamente che "etero" e "gay" siano naturali, neutrali e classificazioni fuori dal tempo.

Il loro storicismo disilluso mette questi genealogisti della sessualità nella posizione unica di percepire gli inganni dell’orientamento sessuale, e mentre noi cristiani non ne abbiamo bisogno di per sé, comunque, in modo accidentale al momento presente, può rivelarsi una grande risorsa. Ironia della sorte, questi esponenti della sinistra radicale possono essere gli unici in grado di guarire la cecità che ultimamente ci siamo autoinflitti in modo poco saggio, adottando acriticamente il linguaggio dell’etero-omosessualità.

Tuttavia, mentre possiamo e dobbiamo consigliare la diagnosi dei teorici queer per l'assurdità che oggi affligge le diffuse categorie sessuali, tuttavia, non possiamo sottoscrivere la loro terapia. Jonathan Ned Katz, Hanne Blank ed i teorici queer contemporanei in generale, mirano a spiegare in modo genealogico il rigido sistema degli orientamenti proprio perché credono che questo darà loro la libertà e il potere di fare, disfare e rifare la propria sessualità come meglio credono.

Vogliono abbattere queste fallimentari costruzioni sociali non per costruire o forse ritrovare tra le macerie qualcosa di meglio al loro posto, ma perché sperano di raggiungere un grado ancora maggiore di libertinaggio sessuale, anche a costo di avallare una sorta di miserabile nichilismo sessuale. Per parafrasare Dostoevskij, questi radicali vorrebbero credere che se l'orientamento non esiste, allora tutto è lecito.

Il cristiano non può naturalmente seguirli su questa strada perniciosa. Ma non credo neanche che il cristiano possa accontentarsi dell’odierna ingannevole e disperante tassonomia. Tenete a mente queste mie parole: i teorici queer insisteranno per smantellare la cosa in breve tempo. Anche la nostra cultura popolare sta cominciando a mostrare segni di stress. La lunga lista, in continuo aumento, degli orientamenti dimostra l'insufficienza di tali categorie stereotipate. E il concetto ormai familiare di "hasbian"[4] suggerisce che queste identità sono molto meno statiche di quanto siamo stati inizialmente portati a credere. (Si pensi, per esempio, alla nostra nuova first lady di New York ex - omosessuale).

La domanda è, una volta che questa struttura dell’orientamento sessuale crollerà, che cosa la sostituirà: l’etica nichilista dei teorici queer per cui tutto va bene, o la visione cristiana classica da cui tutto è cominciato, la visione che prende come suo fine e principio strutturante quello coniugale-procreativo, valutando le passioni in funzione della natura e non viceversa?

Il ruolo di chi oggi difende la castità cristiana, ritengo sia quello di dissociare la Chiesa dal falso assolutismo dell'identità basata sulla tendenza erotica e riscoprire il nostro fondamento antropologico per le massime morali tradizionali. Se non vogliamo essere spazzati via con la modernità degli essenzialisti dell’orientamento, allora dobbiamo ricordare al mondo che la nostra etica sessuale non è mai stata veramente compatibile con l’impostazione moderna, e che quindi abbandonare quest’ultima non deve condurre ad un libertinismo nichilista postmoderno. Nella tradizione cristiana classica vi è un terreno più solido su cui poggiare. Anzi, mi sembra l'unico su cui poter ancora costruire.

La Bibbia non ha mai chiamato l'omosessualità un abominio. Né potrebbe averlo fatto, come abbiamo visto, il Levitico precede qualsiasi concezione dell'orientamento sessuale almeno da un paio di millenni. Quello che le Scritture condannano è la sodomia, a prescindere da chi la commetta o perché. Eppure, come ho sostenuto in questo articolo, ai nostri giorni l’omosessualità merita di essere considerata negativamente così come l'eterosessualità.

Per quanto riguarda la morale sessuale, abbiamo raggiunto un punto in cui non possiamo più limitarci a criticare le risposte inadeguate della modernità. Come nostro Signore nei racconti evangelici, dobbiamo anche corregere le sue domande così inadeguate. Piuttosto che affannarci per cercare di vivere come un "omosessuale cristiano" o, se è per questo, la questione ancora più problematica di come vivere come un "eterosessuale cristiano" - dovremmo insegnare ai nostri fratelli cristiani, soprattutto a quelli negli anni giovanili di formazione, che queste categorie sono inutili.

Essi sono invenzioni recenti, del tutto estranee alla nostra fede, insufficienti per giustificare norme sessuali e contrarie alla vera antropologia filosofica. È giunto il momento per noi di sradicare, per quanto possiamo, l'orientamento sessuale dalla nostra visione del mondo, naturalmente, con la dovuta prudenza per casi particolarmente complicati.

Se Papa Francesco ha ragione quando dice che contestualizzare il nostro discorso morale è un prerequisito necessario per essere convincenti o almeno comprensibili con i nostri interlocutori, allora abbandonare l’eteronormatività e resuscitare la nostra tradizione di castità familiare-teleologica è l'unico modo per spiegare adeguatamente l'etica sessuale cristiana.



[1] Michael W. Hannon si prepara ad entrare nella vita religiosa con i Norbertini di St. Michael’s Abbey a Orange County, California.
Traduzione dell'articolo originale in lingua inglese pubblicato il 3. 1. 14 su First Things
Un ringraziamento particolare all'amico Arthur R. che ha condiviso con me le fatiche della traduzione nel corso della settimana santa 2014.
[2] Sentenze della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America sulla discriminazione delle persone omosessuali (ndt)
[3] Employment Non-Discrimination Act (ndt)
[4] Termine che identifica una donna precedentemente lesbica e che ora si trova in una relazione eterosessuale (ndt)

venerdì 11 aprile 2014

La Chiesa non guarda agli omosessuali in quanto tali ma come figli di Dio (di Ann Schneible)

Padre Paul Check racconta come è nato l'apostolato Courage (www.courageitalia.it), rivolto a chi mostra attrazione verso persone dello stesso sesso


 Roma, 18-19 Febbraio 2014 (Zenit.org) Ann Schneible

PRIMA PARTE

Courage è un apostolato che risponde alle esigenze di quelle persone attratte dallo stesso sesso, che spesso si sentono escluse dalla Chiesa, aiutandole ad andare oltre l’etichetta di omosessuali verso l’unione con Cristo.

Nato negli USA, dove è presente in metà delle diocesi, il progetto si è poi diffuso in altri dodici paesi, sempre con l’obiettivo di aiutare chi abbia tendenze omosessuali, a vivere in castità, in uno spirito di fratellanza, amore e verità.

Per conoscere la realtà di Courage, ZENIT ha intervistato padre Paul Check, diventato direttore del progetto dopo la morte del fondatore, padre John Harvey.

Padre Paul, ci vuole raccontare in breve la storia dell’apostolato Courage?

Padre Check: Nel 1980, l’allora cardinale arcivescovo di New York, Terence Cooke, sentì che la Chiesa doveva esprimere la propria sollecitudine materna e carità pastorale per un gruppo di persone che si sentivano escluse se non addirittura odiate da questa. Il cardinale chiese quindi a padre Benedict Groeschel di aiutarlo in un nuovo apostolato rivolto a uomini e donne con tendenze omosessuali, perché conoscessero l’amore di Cristo per loro, il posto loro riservato nella Chiesa, la loro chiamata ad una vita di castità e le grazie che Dio avrebbe loro concesso se si fossero aperti a Lui.

Padre Groeschel conosceva un sacerdote che da molti anni studiava questioni legate all’omosessualità, un vero pioniere in questo campo: padre John Harvey, un oblato di San Francesco di Sales.

Padre Harvey era uno specialista in teologia morale. Aveva scritto una tesi di dottorato sulla teologia morale nelle Confessioni di sant’Agostino ed insegnato, per molti anni, teologia morale agli Oblati che studiavano nel seminario di Washington. Già da tempo il suo superiore gli aveva detto che c’era la necessità di qualcuno che studiasse la questione dell’omosessualità e che formasse i seminaristi a comprendere meglio questa condizione. 

Quando il cardinale Cooke e padre Harvey s’incontrarono, si trovarono d’accordo sull’idea di costituire un gruppo di sostegno per gli uomini (e successivamente anche per le donne) che sperimentano attrazione per lo stesso sesso. Così che queste persone, ponendo al centro Cristo in uno spirito di aiuto reciproco, potessero essere accolte e sostenute spiritualmente dalla carità materna e dalla cura pastorale della Chiesa. Ogni gruppo di Courage deve avere un cappellano nominato dal vescovo competente.

Nel 1980 sette uomini si incontrarono a Manhattan, sotto la guida di padre Harvey e definirono i cinque obiettivi di Courage: castità, preghiera e dono di sé, fratellanza in Cristo, amicizie caste e diffusione del buon esempio.

Da allora l’apostolato Courage conta gruppi di sostegno spirituale in metà delle diocesi degli Stati Uniti ed in altri 12 paesi.

Oltre a formare questi gruppi di sostegno, Courage offre formazione per sacerdoti e seminaristi, aiutandoli a comprendere questa sfida particolare per il loro ministero, sia come parroci che in incarichi particolari come cappellani, così da acquisire una certa conoscenza di un fenomeno complesso come l’omosessualità e della prova che, a loro volta, uomini e donne con questa inclinazione debbono affrontare.

Come può essere definita e compresa l’attrazione per il proprio sesso? E come possono definire se stesse, le persone omosessuali?

Padre Check: Questa domanda va davvero al cuore del nostro lavoro. Il linguaggio è molto importante, perché le parole evocano immagini, idee e talora convinzioni molto radicate. Potremmo usare una determinata parola in modo colloquiale, ma in un contesto differente, specialmente in un contesto culturale, la stessa espressione potrebbe essere percepita in modo diverso. C’è infatti molta sensibilità sui termini, su come le presone intendono le parole e quindi sull’idea che hanno di sé. Non voglio in alcun modo sminuire o cercare di denigrare l’esperienza personale di qualcuno o l’idea che ha di sé, perché non esprimo un opinione sulla loro esperienza di vita.

Cerco di affrontare con molto tatto la questione dell’identità, da due prospettive, così come fa la Chiesa seguendo l’esempio di Cristo. Nel Vangelo, il Signore si rivolge alle persone in due modi: il primo è nell’insegnamento indirizzato a un gruppo, come avviene, ad esempio, nel Discorso della Montagna, in cui Gesù presenta quello che sant’Agostino definirà come la “magna carta” della vita cristiana. Gesù ci offre un profondo insegnamento sull’identità cristiana, rivolgendosi a molte persone con un particolare forma pedagogica.

D’altro canto, però, Nostro Signore si rivolge alle persone individualmente, incontra le singole anime e presenta loro la Buona Novella in una maniera molto precisa, chiara ed intima, per guidarle ad una più profonda conoscenza di se stessi.

Quindi Gesù non fa entrambe le cose nello stesso momento, né possiamo farlo noi. Ciò rappresenta una sfida, poiché la Chiesa vuole trasmettere il suo messaggio ma anche incontrare personalmente le donne e gli uomini.

Dobbiamo tenere presente che ciò che noi potremmo intendere quando parliamo d’identità potrebbe non coincidere con quanto percepito e udito.

La sua domanda ha richiesto questa lunga premessa, che spero sia di aiuto, di modo che quel che sto per dire non sembri insensibile o indifferente rispetto alla realtà vissuta. Non possiamo mai dire: “l’esperienza che fai di te stesso non è valida”, come se di quella persona ne sapessimo più di quanto ne sappia lei stessa.

Pertanto i termini usati dalla Chiesa sono scelti con molta attenzione e, nel corso degli anni, sono diventati sempre più precisi. Dicendo questo intendo dire che la Chiesa è molto attenta a misurare tutti gli aspetti dell’esperienza umana, a seconda della loro importanza, per dare alle cose il loro giusto peso, né di più né di meno.

La Chiesa evita di etichettare una persona in base alla sua inclinazione sessuale, senza per questo sottovalutare o essere insensibile all’idea che ognuno ha di se stesso. Penso sia interessante notare che la domanda più importante mai posta nella storia dell’umanità riguarda l’identità. Gesù, del resto, chiese agli Apostoli: “Chi dite che io sia?”.

Quando la Chiesa parla di omosessualità, ne parla nel più ampio contesto della castità. La castità è una virtù che neutralizza le false aspirazioni, regolando l’appetito sessuale secondo la giusta ragione ed il progetto di Dio per la natura umana. Un cuore casto è un cuore in pace, che dà tutto se stesso, a seconda del suo stato di vita, e in questo dono di sé, trova la sua realizzazione. Una delle più grandi sfide che la Chiesa sta fronteggiando oggi è quella di proporre la castità come parte della “buona novella”, ma Gesù lo ha fatto e anche noi possiamo farlo.

Quindi, la Chiesa presta molta attenzione a chi realmente è ognuno di noi, non semplicemente come persona con tendenze omosessuali ma come figlio di Dio, redento dal Preziosissimo Sangue di Cristo e chiamato alla grazia in questa vita e alla gloria nella vita che verrà. La Chiesa dice: le attrazioni verso il proprio sesso possono essere un aspetto significativo della tua esperienza di vita o anche dell’idea che hai di te, tuttavia cerca di non vedere te stesso in primo luogo attraverso le lenti dell’omosessualità.

La Chiesa parla con prudenza e carità quando parla di tendenza o attrazione omosessuale, piuttosto che usare sostantivi come “omosessuale”, “lesbica” o “gay”.


SECONDA PARTE

Da oltre trent’anni l’apostolato Courage offre cura pastorale a uomini e donne che sperimentano attrazione per lo stesso sesso, aiutandoli a resistere ad una cultura che spinge sempre più verso l’accettazione di uno stile di vita omosessuale.

Courage è stata fondato nel 1980 dall’allora arcivescovo di New York, il cardinale Terence Cooke, come risposta alla specifica esigenza pastorale di coloro che sperimentano un’inclinazione omosessuale. Nel corso degli anni, sotto la guida di padre John Harvey, l’apostolato si è diffuso attraverso gli Stati uniti e nel mondo.

In un intervista con ZENIT, l’attuale direttore di Courage, padre Paul Check, ci offre alcune spiegazioni sull’insegnamento della Chiesa circa l’omosessualità.

C’è chi si sente offeso, quando la Chiesa afferma che l’omosessualità è un comportamento intrinsecamente disordinato. Come può la Chiesa trasmettere in modo costruttivo questa sua posizione sull’omosessualità?

Padre Check: Va chiarito che l’espressione “intrinsecamente disordinato” si riferisce all’atto omosessuale, mentre “oggettivamente disordinata” è l’inclinazione. Si tratta di una distinzione antropologica molto importante.

Con grande materna carità, la Chiesa distingue tre elementi: la persona, l’inclinazione e gli atti. Questa distinzione è indispensabile: non vogliamo dare l’impressione che gli uomini e le donne con inclinazioni omosessuali siano condannati o esclusi dalla Chiesa o che Cristo non abbia posto per loro nel Suo Cuore. Al contrario, Dio offre il Suo amore e la Sua Misericordia a tutti i suoi figli, a prescindere dalle loro debolezze o dalle loro croci.

La persona è sempre buona, creata a immagine di Dio, redenta dal Preziosissimo Sangue di Cristo, chiamata alla santità per grazia nella sua vita, con la promessa di gloria nella vita che verrà. Dio non compie errori quando crea le persone. Fa gli uomini a sua immagine e somiglianza. Li prepara alla comunione con Lui, in primo luogo per sperimentare la gioia in questa vita attraverso l’azione della grazia nell’anima, poi per essere felici con Lui in cielo.

Il comportamento omosessuale – come qualunque condotta sessuale contraria alla virtù della castità, ad esempio l’adulterio – costituisce “materia grave”. Sono tre le condizioni perché un peccato sia “mortale”: materia grave, piena coscienza, deliberato consenso. Le violazioni della castità così come prescritta dal Sesto Comandamento sono sempre materia grave. Diventano peccato mortale, qualora vi sia piena coscienza e deliberato consenso. È opportuno ricordare come l’insegnamento della Chiesa sulla castità sia coerente e costante nel tempo, perché non sembri che concentriamo la nostra attenzione, e forse in maniera eccessivamente severa, su di un solo peccato specifico. La contraccezione, la convivenza e la pornografia, ad esempio, possono essere anche oggetto di grande preoccupazione pastorale, per via dei gravi danni che provocano. Il comportamento omosessuale è “intrinsecamente disordinato”, cioè non giustificabile da alcuna buona intenzione soggettiva. È sempre contrario alla natura umana, perciò non può condurre alla realizzazione di sé, né tantomeno alla santità. Quindi la Chiesa mette in guardia in modo forte e chiaro contro questi comportamenti.

Forse la difficoltà maggiore quando si parla di omosessualità nasce dall’espressione oggettivamente disordinato con cui il Catechismo descrive il desiderio sessuale nei confronti di una persona dello stesso sesso. Il termine “oggettivamente disordinato” non si applica alla persona, pertanto non c’è un giudizio morale, né tantomeno una condanna. Ciò significa che questo desiderio non è in armonia con la natura umana, perché il desiderio non può essere realizzato in modo coerente col disegno di Dio, come specificato dalla complementarità dei sessi e dal potenziale generativo della facoltà sessuale.

Non da oggi, uno dei grandi dibattiti è se esista qualcosa come la natura umana. Tuttavia il riconoscimento della natura umana – di quelle cose comuni alla famiglia umana rispetto alla fondamentale dignità umana – è davvero una parte essenziale della nostra coscienza, la capacità di distinguere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Ad esempio, se qualcuno dicesse che “tutti gli Ebrei sono non-persone”, uomini di tutte le culture, religioni, età e ambienti sociali troverebbero sicuramente tale affermazione ripugnante. Come è giusto che sia. Un tale sentimento di ripugnanza è basato sulla nostra idea innata della dignità umana.

Le faccio un altro esempio: come si sentirebbe se scoprisse che qualcuno l’ha deliberatamente ingannata? Non è necessario ricorrere all’ottavo comandamento per far comprendere alla gente che mentire è contrario al bene delle relazioni umane: lo sanno tutti. Perché? Perché il desiderio di verità fa parte della nostra natura umana.

Qualcosa di strano, tuttavia, accade quando la discussione riguarda la sessualità. A quel punto quel tipo di logica, quell’innata comprensione della dignità umana e della giusta azione, spesso si ferma improvvisamente sull’uscio. Il problema specifico non riguarda il desiderio umano di amore ed affetto ma come questo vada inteso, espresso e correttamente appagato. Una delle sfide in merito al dibattito sull’omosessualità è che ciò che tutti vogliono più di ogni altra cosa – ed è ciò per cui siamo stati creati – è dare e ricevere amore. Se quello che sto dicendo suonasse come “Non puoi dare e ricevere amore nel modo che vorresti”, è chiaro che mi risponderebbero: “Perché no? Chi sei tu per dirmi che non posso?”.

In tutta onestà, ritengo che una delle ragioni per la quale stiamo affrontando la sfida attuale, è che la castità, come virtù, spesso non è considerata parte della Buona Novella in molti contesti, anche nella “Chiesa visibile”. La Redenzione è parte della Buona Novella. La Speranza è parte della Buona Novella. E nessuno osa metterlo in discussione. Se però includi nella Buona Novella anche la castità, allora il discorso è diverso. Chi tra noi ha la vocazione a testimoniare il Vangelo nel sacerdozio o nella vita religiosa, al giorno d’oggi ha la speciale missione di amare la virtù della castità e di sforzarsi di viverla gioiosamente e fedelmente, perché la castità è una virtù che non solo neutralizza i falsi desideri ma è anche una virtù che libera e che conduce all’umana felicità e alla realizzazione.

Uno degli argomenti più ricorrenti nel dibattito sul matrimonio tra persone dello stesso sesso è che coloro che vi si oppongono lo fanno solo per motivi religiosi. Che rilevanza ha un ministero come Courage per tutti gli uomini e le donne con inclinazioni omosessuali e non solo per quelli che vengono da un contesto religioso?

Padre Check: 400 anni prima della nascita di Cristo, visse un uomo intelligente e saggio chiamato Platone. Egli ignorava la dottrina del peccato originale e non dava alcun credito alla perdita della grazia, in cui io e lei crediamo.

Nel Fedro, Platone fa riferimento al “mito del carro”. Platone aveva compreso molto bene che aveva un conflitto in se stesso. E disse: “C’è un carro dentro di me. Un cavallo mi trascina in una direzione e un altro cavallo mi trascina nella direzione opposta”.

Molti anni più tardi san Paolo, nella lettera ai Romani, disse: “Non compio il bene che voglio ma faccio il male che non voglio”. Platone e san Paolo, nelle loro umili affermazioni, stavano spiegando gli effetti dell’essere fuori dalla grazia.

Ancora più di recente, Chesterton, alla fine di Ortodossia, domanda: “Come può un uomo che è nato a testa in giù, sapere che è dritto?”. Ciò suggerisce che la condizione normale e comune dell’uomo è di essere, per così dire, “anormale”, lontano dagli schemi del suo creatore…. Ed è per questo che abbiamo bisogno della grazia, per vivere delle vite moralmente rette.

Questi tre uomini si riferivano alla stessa cosa, cioè che c’è qualcosa dentro di noi che può fuorviare i nostri desideri o interessi. Si tratta di un’esperienza umana molto comune. Il Cristianesimo può spiegarla e fornirvi un antidoto, rappresentato dalla grazia.

Venendo all’amore, è un’esperienza comune che i nostri affetti, desideri e stimoli sessuali possano tradirci, metterci in conflitto con noi stessi. La virtù della castità, della purezza di cuore, comunque, assicura che ameremo e saremo amati in modo speciale, conformemente con le nostre massime aspirazioni e il nostro massimo bene. Questa virtù ci aiuta ad amare l’altro per quello che è e non per quello che questa persona può fare per noi: quest’ultimo è il modo in cui tutti vorremmo essere amati.

È per questo che la questione del matrimonio, dell’intimità umana, così come è vista dalla Chiesa, non è qualcosa che appartiene esclusivamente ai cattolici o ai cristiani ma riguarda ogni essere umano. La Chiesa, in quanto nostra madre, afferma che vi sono diversi modi di entrare in conflitto con se stessi: adulterio, fornicazione, masturbazione, contraccezione, pornografia, comportamento omosessuale. Ognuno di questi atti compromette ciò che tu desideri di più: amare ed essere amato per ciò che sei. È per questo che la questione della natura umana e dell’uso della facoltà sessuale, governata dalla retta ragione, è di interesse per chiunque e che la sollecitudine, l’attenzione e la cura della Chiesa si estendono a tutta l’umanità.

Che consigli dà ai sacerdoti che svolgono il vostro apostolato?

Padre Check: Incoraggio i miei fratelli sacerdoti a studiare attentamente la questione dell’omosessualità, così come la studia la Chiesa, poiché tutti i sacerdoti vogliono alleviare la sofferenza ed in particolare la sofferenza causata dal peccato. Tanto la Chiesa dice “no” alle leggi e alle sentenze contrarie al bene comune, quanto essa stessa dice “sì” alle singole persone, senza per questo approvare i comportamenti che siano in disaccordo con il loro stesso bene. Come ci dice papa Francesco, dobbiamo conoscere le persone, camminare con loro, essere parte del loro viaggio verso Cristo ed aiutarle innanzitutto formando relazioni umane con loro. Questo “camminare con” è certamente la missione di Courage e la vocazione di tutti i sacerdoti.

C’è spesso riluttanza ad approfondire la complessità dell’omosessualità, essendo un argomento controverso nella nostra società. Nessuno, tantomeno un sacerdote, vorrebbe essere scambiato per qualcuno che odia determinate persone e nella nostra società, quando qualcuno parla contro uno stile di vita omosessuale attivo, viene accusato di parlare contro uno specifico gruppo di persone, piuttosto che delle loro azioni. Oggi i sacerdoti hanno una speciale opportunità per far conoscere l’amore di Cristo e della Chiesa ad un gruppo di persone che si sentono come ai margini, incerte della propria situazione, forse in attesa di qualcuno che tenda loro la mano e, soprattutto, li rassicuri sull’amore e sulla misericordia di Dio.

A prescindere dalle convinzioni personali sui problemi posti dall’omosessualità, una cosa di cui sono sicuro è che tutti condividiamo il desiderio di alleviare le sofferenze e portare la pace nei cuori. Le persone che hanno attrazione per lo stesso sesso, spesso soffrono molto e in molti modi. Portano una croce pesante e costante. So che la Chiesa ha un cuore grande per loro, comprende le loro sofferenze e desidera fare qualcosa per alleviarle. Sono giunto ad amare il mio lavoro con i membri di Courage, che sono un notevole e nobile gruppo di anime. Ho imparato che coloro che si confrontano con l’omosessualità sono individui con un’ampia varietà di storie e di esperienze, ma hanno in comune il desiderio di amare ed essere amati. Courage comprende questo bisogno umano e può offrire l’aiuto, la speranza e la carità di Gesù Cristo.

[Traduzione dall’inglese e adattamento a cura di Luca Marcolivio]

(18-19 Febbraio 2014) © Innovative Media Inc.

mercoledì 9 aprile 2014

LA CASTITA' DI GESU' (di padre Matteo La Grua)

Offro la trascrizione di questa omelia di padre Matteo La Grua (1993) sulla castità di Gesù come ringraziamento per il primo anno del GruppoOnLine. Qui l'audio originale
Padre Matteo La Grua
Il discorso sulla castità è un discorso difficile oggi, in un mondo corrotto, che ci fa sentire i suoi miasmi, anche che noi non vogliamo, ma è un discorso necessario, perché è il segno, la castità, della nostra appartenenza a Cristo Signore. Un discorso, dicevo, difficile che tanti non vorrebbero sentire. Dice l'Apostolo che quando Felice (Atti 24,24) arrivò in compagnia della moglie Drusilla, che non era la sua vera moglie perché era una seconda moglie, dopo aver divorziato dalla prima, e allora fece chiamare Paolo e lo ascoltava intorno alla fede in Cristo Gesù. Ma quando Paolo si mise a parlare di giustizia e di continenza e del giudizio futuro, allora Felice si spaventò e disse: bene bene per il momento puoi andare, poi sentiremo questi discorsi da presso. Per cui Felice credeva, come si sul dire tra il buono e il bagnato, e Drusilla che era accanto a lui, quando Paolo incominciò a parlare di continenza, di giustizia, di castità, cominciò a tremare, perché Paolo parlava anche del giudizio futuro; ma è un discorso, dicevo, necessario perché bisogna ribadire il valore della castità, che per noi è la legge di vivere nel mistico corpo di Cristo. Chi vuole vivere nel mistico corpo di Cristo, non può non essere casto. Altrimenti c'è la condanna per lui.

Ecco allora il valore della castità che io voglio sintetizzare in quattro o cinque punti, riferendomi ai testi neotestamentari abbiamo innanzitutto un valore cristologico e un valore pneumatologico, poi un valore latreutico, un valore escatologico.

Esaminiamo questi quattro primi valori, ce ne sono altri, e prendiamo per restare con i piedi saldi sulla parola di Dio con due testi, il primo testo è 1Corinzi 6 (15-20), il secondo testo è 1Tessalonicesi 4.

“Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo?” ecco il valore cristologico, il nostro corpo non ci appartiene è di un altro. “Prenderò dunque le membra di Cristo”, siamo noi, “e ne farò membra di una prostituta? Non sia mai! Non sapete voi che chi si unisce con una prostituta forma con essa un corpo solo?” “Fuggite dunque la fornicazione e qualsiasi impurità! Qualsiasi peccato l'uomo commetta è fuori del suo corpo; ma chi si dà al peccato di impurità, pecca contro il proprio corpo. Voi non sapete che il vostro corpo e tempio dello spirito Santo, che è in voi? e che avete da Dio e che non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro prezzo, glorificate dunque Dio nel vostro corpo!”

Se qualcuno distruggerà il corpo di Dio, Dio distruggerà lui. Dunque il nostro corpo è il corpo di Cristo, guai a chi tocca il corpo di Cristo, guai a chi lo profana, guai a chi lo distrugge o in sé o negli altri, perché Dio distruggerà lui. Non sapete che l'ira di Dio è scesa in questo mondo per i peccati dell'impurità? Glorificate dunque Dio nel vostro corpo. Ecco il valore cristologico ed ecco il valore pneumatologico. Voi siete dimora dello Spirito e lo Spirito è Santo e deve abitare in un'abitazione santa. Non potete dunque offrire allo spirito una abitazione immonda o sconsacrata. Per questo valore pneumatologico noi dobbiamo conservare puro il nostro corpo, incontaminato il nostro cuore, limpida la nostra mente. Cioè tutto l'uomo dev'essere limpido, perché dimora dello Spirito.

Prendiamo un altro testo, un testo agli Efesini (5,3-8) e poi prenderemo quello ai Tessalonicesi.

“Quanto ai peccati di impurità e di ogni altra specie di impurità o cupidigia neppure se ne parli tra di voi”, cioè questa parola non esiste, questo argomento non esiste, è scontato che voi dovete essere puri, è scontato perché questo si addice ai santi e lo stesso si dica delle volgarità, delle trivialità, tutte cose sconvenienti. “Perché sappiatelo bene, che nessun fornicatore, nessun impuro avrà parte al regno di Cristo e di Dio”. È chiaro, nessun impuro entrerà in cielo. “Nessuno vi inganni con vani ragionamenti” quasi che queste cose siano innaturali, “per queste cose infatti piomba l'ira di Dio sopra coloro che gli resistono. Non abbiate quindi niente in comune con loro. Comportatevi come figli della luce”, una volta eravate figli delle tenebre, ma adesso siete figli della luce dunque vivete come figli della luce e queste cose che sentite condannatele apertamente, perché quanto viene fatto da costoro in segreto è vergognoso perfino a parlarne. Voi siete figli della luce e come figli della luce dovete vivere.

Tocchiamo un altro testo 1Tessalonicesi 4 (3-8) che è molto più esplicito, perché li tocca la nostra santificazione. Dice l'Apostolo:

“Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione: cioè che vi asteniate dall'impudicizia, che ciascuno sappia mantenere il proprio corpo con santità e rispetto, non come oggetto di passione e libidine come fanno i pagani che non conoscono Dio; e che nessuno offenda o inganni in questa materia il proprio fratello”, dicendo che queste cose non sono peccato “Perché il Signore è vindice di tutte queste cose, come già vi abbiamo detto e attestato. Dio non ci ha chiamati alla impurità, ma alla santificazione. Perciò chi disprezza queste norme non disprezza un uomo, ma Dio stesso, che vi dona il suo Santo Spirito”.

Ecco qui il testo è molto chiaro, questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione: cioè in che cosa consiste la santificazione, conservarsi puri, conservarsi casti, mantenersi illibati davanti a Dio, questo è la nostra santificazione ed in questo nessuno inganni il suo prossimo dicendo che non è così, perché Dio si vendicherà di colui che dovesse ingannare il proprio prossimo a riguardo di queste cose. Voi siete il tempio dello Spirito e Dio è vindice del vostro comportamento nei riguardi dello Spirito, Dio non ci ha chiamati all'impurità ma alla santificazione. Dove c'è equazione tra purezza e santità, tra impurità e condanna.

Tra questi testi che noi abbiamo così messo avanti, questi quattro testi, si evince chiaramente il valore della castità, il valore della purezza, soprattutto il valore cristologico e pneumatologico, Cristo nacque da una madre vergine, pura, illibata, si mantenne vergine e puro. Chiamò gli apostoli e li obbligò alla castità se volevano stare con lui e predicò la castità come norma per coloro che vogliono seguirlo, come modo di vivere il regno di Dio. È chiaro che la castità è un carisma e che non a tutti è dato questo dono, questo come castità virginale, ma come castità virtù questo è un obbligo per tutti i cristiani, per tutti quelli chiamati al regno di Dio.

C'è un altro valore, il valore latreutico, sacrificale. Cristo ha offerto il proprio corpo puro e senza macchia, l'agnello che si doveva offrire a Dio doveva essere puro e senza macchia, il profeta Malachia (1,6-8) si lamenta che le offerte sacrificali, gli animali, erano talvolta fatte con animali difettosi. Con Dio nessun animale difettoso, agnello puro e senza macchia. Siate santi perché Santo è Dio. Siate puri voi che portate i vasi del Signore, noi siamo un popolo sacerdotale, si c'è il celibato per i sacerdoti, ma per tutti noi che siamo sacerdoti per Gesù che partecipiamo al sacerdozio di Cristo, vige sempre il dovere della castità secondo il nostro stato. C'è una verginità consacrata con il voto di frati e suore, c'è il celibato come legge della Chiesa per i preti ma c’è la castità comune o giovanile o coniugale o vedovile, ma in castità conservare puro il proprio corpo secondo le leggi che vigono nella castità giovanile, nella castità coniugale, nella castità vedovile. Nessuno è arbitro del proprio corpo. Il nostro corpo è di Cristo. E il corpo di Cristo è offerto in sacrificio, è un corpo sacrificale, ecco perché l'apostolo ai Romani (12,1) dice una parola:

“Offrite i vostri corpi come sacrificio grato e profumato a Dio”.

Dunque il nostro corpo deve essere offerto a Dio come sacrificio gradito a lui, ecco il valore sacrificale del corpo, il valore sacrificale della castità. La croce che noi portiamo, il tau segnato su di noi, perché la castità comporta una croce, comporta un tau, comporta cioè un sangue che si sparge, comporta un grande sacrificio, crocifissione come dice l'apostolo ai Galati (5, 24):

“Coloro che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù hanno crocifisso il proprio corpo con tutte le loro passioni”.

Dunque si tratta di crocifiggere il corpo, perché il corpo è il corpo di Cristo e offrire insieme con il corpo di Cristo il suo alito di vita a Dio. C'è ancora un valore, il valore escatologico ricordate che combinarono quei Sadducei quando si presentarono a Gesù leggiamo Matteo 22 (23-30):

“In quello stesso giorno vennero da lui alcuni sadducei - i quali dicono che non c'è risurrezione - e lo interrogarono: "Maestro, Mosè disse: Se uno muore senza figli, suo fratello ne sposerà la moglie e darà una discendenza al proprio fratello. Ora, c'erano tra noi sette fratelli; il primo, appena sposato, morì e, non avendo discendenza, lasciò la moglie a suo fratello. Così anche il secondo, e il terzo, fino al settimo. Alla fine, dopo tutti, morì la donna. Alla risurrezione, dunque, di quale dei sette lei sarà moglie? Poiché tutti l'hanno avuta in moglie". E Gesù rispose loro: "Vi ingannate, perché non conoscete le Scritture e neppure la potenza di Dio. Alla risurrezione infatti non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo”.

e tutto quello che segue, allora noi mantenendoci puri anticipiamo quello che noi saremo e la Chiesa pura come segno della seconda fase in cui essa si troverà quando tutti i suoi figli saranno come angeli di Dio, in paradiso non ci saranno, meno male, né moglie né marito, tutti come gli angeli del Signore. Il marito e la moglie sono un ricordo dell'età passate, ma lì non ci sono né mogli né mariti, tutti come angeli del Signore. Allora ecco il valore escatologico della purezza cristiana, un valore che le altre religioni non riconoscono ma che noi dobbiamo riconoscere perché è un valore di evangelizzazione per noi. Noi ci presentiamo con questo valore ed è un valore di conquista del mondo che non crede, non può credere alla purezza e alla castità. Purezza e castità che si possono mantenere soltanto con la grazia del Signore, lo diceva Gesù che ci vuole un particolare dono di Dio, una particolare grazia di Dio, che tutti dobbiamo chiedere, come la chiedeva Salomone per mantenerci puri e casti secondo il nostro stato.

“Poiché io -dice Salomone nella sua sapienza (Sap 8,21) - riconoscevo che da me stesso non mi sarei potuto mantenere puro, lo chiesi al Signore: dammi Signore la continenza”. Dunque Salomone chiedeva la continenza, la purezza perché sapeva che da solo non l'avrebbe fatto, però è un grande valore e per noi oggi è un valore di conquista, è un segno davanti a tutti e quando noi manchiamo di castità, manchiamo di purezza, ci adeguiamo agli altri, al vizio del mondo noi togliamo questo segno di riconoscimento e questa prova che Cristo è venuto in questo mondo a portare questo valore, il valore della purezza. Comunque in cielo noi saremo come gli angeli di Dio, ma quelli i quali hanno conservato una purezza totale avranno un premio particolare, come detto qui bellamente nell'apocalisse capitolo 14 (1-5):

“Poi guardai ed ecco l`Agnello ritto sul monte Sion e insieme centoquarantaquattromila persone che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo. Udii una voce che veniva dal cielo, come un fragore di grandi acque e come un rimbombo di forte tuono. La voce che udii era come quella di suonatori di arpa che si accompagnano nel canto con le loro arpe. Essi cantavano un cantico nuovo davanti al trono e davanti ai quattro esseri viventi e ai vegliardi. E nessuno poteva comprendere quel cantico se non i centoquarantaquattromila, i redenti della terra. Questi non si sono contaminati con donne, sono infatti vergini e seguono l`Agnello dovunque va. Essi sono stati redenti tra gli uomini come primizie per Dio e per l`Agnello. Non fu trovata menzogna sulla loro bocca; sono senza macchia”.

Ecco fratelli, ecco sorelle la bellezza della castità che nel suo ultimo termine è verginità consacrata, verginità cristica, verginità che ha il profumo di Maria, di Maria vergine che è il profumo del giglio e che mette sul nostro tavolo il cantico nuovo, un cantico che nessuno può cantare, che nessuno può comprendere, se non quelli che sono vergini come Cristo come Maria.

Dico un discorso difficile oggi fratelli e sorelle quello della castità, ma un discorso anche affascinante. Quando Ambrogio, vescovo di Milano, faceva essere discorsi e soprattutto ribadiva il valore della verginità succedeva un fenomeno strano: che le ragazze che andavano ad ascoltare Ambrogio non tornavano più a casa ma volevano rinchiudersi e prendere il velo della verginità. Tanto che le madri cristiane, le madri italiane, perché da ogni parte d'Italia andavano a sentire Ambrogio si misero in allarme e consultandosi tra di loro non volevano più mandare le proprie figlie a Milano, perché ci rimanevano tanto era bello, persuasivo e penetrante il discorso di Ambrogio. Oggi invece si può parlare di castità quanto si vuole, di verginità quanto si vuole, non si vede nessuno, non si fa monaco o monaca nessuno perché il mondo molto è penetrato in mezzo a noi, perché questo discorso è duro.

Diceva Gesù agli apostoli che erano rimasti con lui dopo il discorso dell'eucaristia, e tutti lo avevano abbandonato dicendo questo discorso è duro, diceva Gesù, trovandosi solo con gli apostoli: ve ne volete andare anche voi? Andatevene pure ma il discorso è questo. Così anche io dico a me e a tutti voi: il discorso può essere duro ma non può essere diverso, se volete potete andarvene ma non si cambia una sillaba da quello che è detto nelle scritture, non si cambia un iota da quello che è uscito dalle labbra di Cristo.

Adesso andiamo ad esplicitare, sì la castità, ma come dobbiamo coltivare la castità e perché questa castità, si sono valori, valori astratti, noi diciamo subito che la castità non tarpa il cuore dell'uomo. L'obiezione che si fa la più frequente è che il Signore ci ha dato un cuore per amare e un corpo, perché ha detto crescete e moltiplicatevi. Ha messo dentro il nostro corpo un istinto che bisogna soddisfare, ha messo nel nostro cuore un amore a cui bisogna dar fuoco. Io vi dico che con la disciplina e con la grazia di Dio noi possiamo conservare puro il nostro corpo, in qualunque stato di vita ci troviamo. È si una croce, soprattutto quando si è giovani, ma è una croce che alla fine sarà luminosa e deliziosa. Deliziosa perché ci libera dai tormenti della carne, luminosa perché da un particolare fulgore, una particolare luce alla nostra vita, al nostro sguardo e al nostro viso. Quando voi entrate in un monastero di suore, di clausura soprattutto, resterete abbagliati dalla bellezza della luce che emanano, sono corpi virginali. Però è sempre una croce, una croce che dobbiamo portare perché dobbiamo in questa croce, crocifiggendoci, partecipare al sacrificio redentivo di Cristo e perché questa croce ci rende conformi a Cristo Signore e ci rende belli. Non c'è cosa più bella, più profumata della castità. Diceva bene Qoelet (9,8):

“abbi cura di avere sempre vesti bianche e non manchi mai il profumo sul tuo capo”.

Ecco il vero cristiano, vesti sempre bianche e il profumo di Cristo sul nostro capo, il profumo della castità, il profumo del nome del Signore. Olio profumato è il tuo nome per questo le fanciulle ti vengono appresso.

Ma quale castità? Ma la castità che ci rende liberi, non è una castità che ci rende schiavi. Meglio non avere la castità che essere schiavi, la castità e liberante, rende libero l'uomo, rende libero l'uomo di amare e di servire. Il puro è libero, se il tuo occhio è puro tutto il tuo corpo è luminoso, diceva Gesù, se invece il tuo occhio è malato quante tenebre in te.
Dico, il cuore puro, e soltanto il cuore puro è in condizione di amare e di servire. Il puro può amare tutti, non è vincolato a nessuno, può amare con tutte le forze che Dio gli dà; può amare di amore battesimale, quell'amore che lo spirito Santo ha deposto dentro di noi, che è l'amore puro perché è l'amore santo, l'amore dello Spirito Santo. Chi è puro è libero, non è vincolato, o a uomo o a donna, è libero di servire i propri fratelli, di donare ai propri fratelli. Il puro è più fecondo di chi è maritato, ecco:

"esulta, o sterile... perché i tuoi figli sono più numerosi della donna maritata"

diceva il profeta (Isaia 54,1), perché chi è sterile, chi non ha figli, chi si è mantenuto casto e puro, avrà una grande discendenza, avrà tanti figli e figlie.

Nel regno spirituale si diventa padri e madri di una moltitudine di figli che vengono generati a Cristo, chi è casto è nelle condizioni ideali per divenire grande, non è servo di nessuno ma può servire tutti, chi è legato invece non può facilmente servire. Ecco perché gli apostoli dovettero essere casti per poter servire tutti, per camminare per la causa del Vangelo. Tutti dobbiamo essere puri, ma soprattutto quelli che Dio chiama a fare evangelizzazione, quelli che Egli chiama alla sua sequela, quelli che Egli chiama ad un particolare servizio della Chiesa e non tema chi è puro di non amare, quanto ama un cuore puro non possono amare certo i cuori legati, la capacità di amore di un cuore puro è centuplicata. Per cui non dobbiamo temere l'atrofizzazione del cuore, perché la castità, la purezza non atrofizza il cuore, se dovesse essere così non era cosa buona la castità e la verginità.

Il cuore deve mantenere la capacità di amare, la capacità di donare e di donarsi non ad una persona ma a mille persone, a tutte le persone del mondo. Per cui non dobbiamo temere l'atrofizzazione dell'amore o del cuore perché chi è puro è chiamato all'amore ed ama teneramente, fraternamente tutti, tutti i figli di Dio. Venite e guardate la castità, è chiaro che dobbiamo accennare, perché qui andiamo al pratico adesso, vi accennavo alla castità giovanile, castità coniugale, castità vedovile. È chiaro che non tutti siamo chiamati alla castità perfetta, alla verginità consacrata, al celibato, alla continenza assoluta, non tutti altrimenti il mondo potrebbe chiudere bottega. Però in qualunque stato noi ci troviamo, la castità non deve venir meno.

Castità giovanile che cosa comporta? Comporta che certe cose non si possono fare, cioè che non si può usare il sesso, i giovani non lo possono usare prima di sposare né con se stessi né con gli altri, è una croce, ma è un educazione necessaria, il sesto comandamento: non commettere atti impuri, punge soprattutto per i giovani che sono anche portati appunto per la loro irrequietezza specialmente nella presente età pagana, e soltanto nella forza dello spirito possono adoperare bene, ci vuole molta preghiera, molta frequenza dei sacramenti, molta adesione alla parola di Dio, ma la legge è questa: conservarsi puri, non indulgere a forme di sessualità proibite, non si può usare in pratica il sesso per il giovane che ancora non è sposato.

Va detto soprattutto ai fidanzati, i fidanzati attraversano il momento sacro dell'amore, viene detto che questo è il tempo sacro dell'amore, il fidanzamento, perché è un momento sacramentale. Simboleggia l'amore nel deserto di Cristo con la Chiesa, il fidanzamento di Cristo con la Chiesa e quando questo amore viene sciupato cessa, oggi non si trova più l'amore, lo diceva Enrico Bene, lo ricordo bene, buon anima, un grande uomo: “io non trovo più l'amore del mondo per i miei fratelli, non lo trovo nei giovani, non lo trovo nei coniugati, non lo trovo nelle vedove, sebbene ho trovato l'amore tra le suore, tra i religiosi”. L'amore vero quello che dura pochissimo quando si è fidanzati, perché l'amore tra i fidanzati, il vero amore, non va oltre i tre mesi poi cede il posto o alla passione o all'odio o all'affetto maritale, con l'affetto sponsale. Ma amore con amore è un elemento divino che cala sulla terra tant'è vero che quando c'è il vero amore si usano termini divini, non termina mai, senza che ci se ne accorga, ecco per esempio una cartolina, il fidanzato alla fidanzata dice: "eternamente tuo", oppure "ti adoro", oppure "anima mia", "tu sei tutta la mia vita", sono attributi che si usano con Dio, ma sono termini veri perché esprimono una realtà, la realtà dell'amore è quando si è sinceri, e non si può non essere sinceri quando si scrivono queste cose, quando si è veramente sinceri quello è il momento dell'amore che non dura oltre i tre mesi, perché noi diventiamo la creatura per poterla amare ma ben presto cadono i veli e la realtà compare e ciò che è ideale cessa di essere ideale per dare luogo alla realtà contingente. Dall'amore ideale cade la patina di divinità che ci faceva adorare quella persona amata, per dare luogo all'affetto, per dare luogo alla passione, per dare luogo all'odio tante volte. E allora si diceva che tra i fidanzati bisogna gustare l'amore, appena l'amore è toccato dal sesso cessa, cade all'istante. Gustate l'amore fidanzati, se lo siete, gustatelo finché dura, perché non lo gusterete mai, quell'amore che ci dà la sensazione del divino. Comunque durante questo periodo il corpo nostro è di Cristo, il corpo degli altri è di Cristo e non possiamo usare il corpo nostro o il corpo degli altri, perché siamo legati alla virtù, al dovere della castità perché è la legge che vige nel mistico corpo di Cristo.

Castità coniugale: è più difficile, perché avere un uomo o una donna accanto con la passione che bolle e mantenersi puri non è una cosa facile, ci sono delle regole da osservare, a queste regole bisogna che noi ci adattiamo. Non è che tutto si può fare. Il discorso sarebbe lungo, non è tutto lecito: c'è il lecito e l'illecito e bisogna conservarsi puri, casti nell'uso del coniugio. Non possiamo fare per conto nostro, perché il corpo nostro è di Cristo, il corpo della compagna è di Cristo e Cristo consente l'uso del matrimonio che eleva appunto a sacramento per rendere questi atti sacramentali, appunto perché redimendo così e trasferendo il coniugio in una sfera sacramentale gli sposi non si impiglino nell'uso del matrimonio ma debbono rimanere sempre in quei limiti voluti da Cristo Signore. Per cui tutti questi usi di contraccettivi e robe del genere, tutti questi modi di fare, tutti condannati e c'è un guaio, tutto il mondo è immerso nel peccato. Quanti cristiani sono immersi nel peccato? E cristiani che si accostano impassibilmente all'eucaristia, come se niente fosse, così commettono sacrilegi su sacrilegi. Inquinano il corpo proprio e inquinano il corpo di Cristo sull'altare, e mangiano e bevono la propria condanna.


Castità vedovile: se qualcuno perde il marito o perde la moglie, si può si risposare ma finché è vedovo o vedova deve conservarsi puro e casto. Non è consentito un secondo matrimonio vivente la prima moglie o il primo marito, il divorzio non è consentito. Diceva già ai suoi tempi Malachia (2:16): "Dio odia il divorzio", già prima di Cristo e Cristo ha dato la sua legge, ma su questo punto non ci fermiamo perché non possiamo andare oltre, il tempo ci manca. Conserviamoci puri e santi, profumiamo la santa Chiesa di Dio, dell'odore di Cristo, dell'odore della castità e noi faremo miracoli, noi cammineremo e dietro a noi lasceremo la scia dolcissima, profumatissima di Cristo Signore di cui parla l’Apostolo ai Corinzi. Noi portiamo il profumo di Cristo, che è profumo di vita per noi e di riconoscimento ed è profumo di morte per quelli che non sono chiamati alla salvezza. Conserviamo questo profumo e facciamo così spandere questo profumo in qualunque ambiente noi ci troviamo , profumiamo con la castità, con la purezza la casa del Signore.
Alleluia!