CONTRO L’ETEROSESSUALITA’
L’idea di orientamento
sessuale è artificiale e inibisce la testimonianza cristiana.
(di Michael W. Hannon[1])
Contro l'eterosessualità |
Alasdair MacIntyre, una volta scherzando disse che
"cose, come i telescopi e le parrucche per signori, erano un'invenzione
del XVII secolo". Qualcosa di simile si può dire dell'orientamento
sessuale: gli eterosessuali, come le macchine da scrivere e gli orinatoi
(anch’essi, ovviamente, per signori), sono stati un'invenzione degli anni ’60
del XIX secolo. Contrariamente ai nostri preconcetti culturali ed alle menzogne
di quello che adesso si chiama "essenzialismo dell’orientamento",
"etero" e "gay" non sono assoluti senza tempo.
L'orientamento sessuale è uno schema concettuale con una storia, e una storia oscura.
Si tratta di una storia iniziata molto più di recente di quanto la maggior
parte della gente sa, e che probabilmente finirà molto prima di quanto la
maggior parte della gente pensa.
Nel corso di molti secoli, l'Occidente ha progressivamente
abbandonato il modello sponsale del cristianesimo per la sessualità umana. Poi,
circa 150 anni fa, ha cominciato a sostituire quella lunga tradizione
teleologica con una creazione completamente nuova: la tassonomia assolutista
quanto assurda degli orientamenti sessuali. L'eterosessualità è stata creta per
servire come regola ideale di tale quadro fantasioso, mantenendo i divieti
sociali contro la sodomia e altre dissolutezze sessuali senza la necessità di
ricorrere alla natura procreativa della sessualità umana.
Secondo questa nuova opinione, gli atti sessuali tra persone
dello stesso sesso sono sbagliati non perché disprezzano lo scopo animale-razionale
del sesso, cioè la famiglia, ma piuttosto perché il desiderio di queste azioni deriverebbe
presumibilmente da uno sgradevole disturbo psicologico. Come racconta la teorica
queer Hanne Blank, "Questo nuovo concetto [dell'eterosessualità], agghindato
in un miscuglio malassortito di altisonanti lingue morte, ha dato alle vecchie
ortodossie una nuova e vivace prospettiva di vita, suggerendo, con toni
autorevoli, che la scienza abbia detto in modo efficace che sono naturali,
inevitabili ed innate".
L'orientamento sessuale non ha fornito un fondamento
affidabile per le virtù come i suoi inventori avevano sperato, soprattutto negli
ultimi tempi. Tuttavia oggi, molti cristiani conservatori ritengono che
dovremmo continuare a riverire la dicotomia gay-etero e l'ideale eterosessuale
nella catechesi popolare, dal momento che sembra loro ancora il modo migliore
per rendere le nostre massime morali ragionevoli ed attraenti.
Questi miei compatrioti cristiani sbagliano ad aggrapparsi
così strettamente all'orientamento sessuale, confondendo la nostra difesa della
castità, senza precedenti e senza successo, con il suo fondamento eterno. Non
abbiamo bisogno dell’"eteronormatività" per difenderci contro la dissolutezza.
Al contrario, non è che un ostacolo.
Michel Foucault, un alleato inaspettato, ci fornisce i
dettagli del pedigree dell'orientamento sessuale nella sua Storia della sessualità; in quanto osserva che il termine
"sodomia" aveva identificato per molto tempo un tipo di comportamenti,
ed improvvisamente, per la prima volta nella seconda metà del XIX secolo, la
parola "omosessuale" gli si è affiancata. Questo neologismo europeo è
stato utilizzato in un modo che avrebbe sorpreso le generazioni precedenti come
un evidente errore di classificazione, in quanto designa non comportamenti ma
persone, lo stesso dicasi per il suo correlativo opposto: "eterosessuale".
Foucault racconta che psichiatri e legislatori della seconda
metà del 1800, hanno respinto la convenzione classica secondo cui il
"colpevole" degli atti sodomitici non era "niente altro che il loro
soggetto giuridico". Quando la
società secolarizzata ha considerato come illegittime le credenze religiose
classiche nella sfera pubblica, allora la pseudoscienza è intervenuta e ha
sostituito la religione come fondamento morale delle norme sessuali. Per ottenere
una stabilità sociale laica in materia sessuale, gli esperti di medicina
realizzarono ciò che Foucault descrive come "ordine naturale del
disordine".
"L'omosessuale del XIX secolo divenne un
personaggio", "un tipo di vita", "una morfologia",
scrive Foucault. Questa identità psichiatrica perversa, elevata al rango di una
"forma di vita" mutante al fine di salvaguardare la buona società
contro le sue disgustose depravazioni, è diventata l’elemento principale della
personalità dei soggetti: "Nulla di tutto ciò che costituiva [l'omosessuale]
era indipendente dalla la sua sessualità. Era presente ovunque in lui: alla
radice di tutte le sue azioni, perché ne era il principio insidioso e
indefinitamente attivo".
Gli aristocratici imprudenti incoraggiando queste
innovazioni mediche cambiarono l’unità di misura della moralità pubblica,
sostituendo alla natura umana religiosamente intesa l'opzione, laicamente più
sicura, della passione individuale. In tal modo, sono stati costretti anche a
scambiare la solida tradizione della legge naturale per lo standard di recente
costruzione della "normalità psichiatrica", con l’"eterosessualità"
a fungere da nuova normalità per la sessualità umana. Non sorprende che uno
standard di normalità così vago, abbia offerto un fondamento di gran lunga meno
forte all’etica sessuale rispetto alla classica tradizione del diritto naturale.
Ma l’enfatizzare questo nuovo standard è proprio riuscito a radicare
queste categorie di etero e omosessualità nell’immaginario popolare.
"L'omosessualità è apparsa come una delle forme della sessualità",
scrive Foucault, "quando il concetto è passato dalla pratica della sodomia
ad una sorta di androginia interiore, un ermafroditismo dell'anima. Il sodomita
era stato un'aberrazione temporanea; l'omosessuale era ormai una specie". L’orientamento sessuale, quindi, non è
altro che un costrutto sociale fragile e di assai recente costruzione.
Mentre la nostra cultura popolare non si è -ancora- allineata,
i teorici queer, che dettano sempre più legge a livello di élite, sono già
d'accordo con Foucault su questo punto. Tali pensatori fanno eco al pensiero
LGBT - eretico di Gore Vidal: "In realtà, non esiste una cosa come una
persona omosessuale, come non esiste una cosa come una persona eterosessuale".
Vero, la netta divisione naturale tra le due identità si è dimostrato utile
agli attivisti per i "diritti dei gay" impegnati sul campo, e non
ultimo per l'ethos dell'era dei diritti civili, che tali dinamiche di lotta
evocano. Ma la maggior parte dei teorici queer -e, per questo oggi, la maggior parte
degli studiosi di tutte le discipline umanistiche e sociali/comportamentali,
ammettono senza difficoltà che tali distinzioni sono costrutti immaturi e non
molto di più. Molti in questo campo desiderano esporre le credenziali
contraffatte dell’orientamento sessuale e, citano una pagina da Nietzsche, per
spiegarlo in via genealogica una volta per tutte.
Jonathan Ned Katz, uno storico della sessualità di sinistra
radicale che ha già insegnato sia a Yale che alla New York University, coglie bene
l’elemento condiviso della teoria queer contemporanea in L'invenzione della eterosessualità, in cui spiega: "Io parlo dell’invenzione
storica dell’eterosessualità per attaccare frontalmente l’opinione comune circa
l’esistenza di una eterosessualità eterna, per sostituirgli la condizione
instabile, relativa e storica di un'idea e di una sessualità che pensavamo
fosse definita da tempo". Mentre, prosegue dicendo: "Contrariamente
alla odierna idea biologista, la dicotomia eterosessuale/omosessuale non si
trova in natura, ma è un costrutto sociale, quindi decostruibile".
La mia previsione è che vedremo questa dicotomia completamente
decostruita nel corso delle nostre vite. Ma, a mio avviso, noi sostenitori della
castità cristiana dovremmo vedere la fine imminente della distinzione gay-etero
non come una tragedia, ma come un'opportunità. Voglio suggerire ancora di più che
dovremmo fare del nostro meglio per favorire la dissoluzione dell’idea di orientamento
all'interno delle nostre sfere sottoculturali, ove possibile.
Naturalmente, dato che siamo immersi in una cultura per la
quale queste categorie sembrano così connaturali come la lingua inglese,
sradicarle dal nostro vocabolario e dalla nostra visione del mondo non sarà per
niente facile. Quindi, perché preoccuparsene? Finché non commettiamo peccati, che
importa se la gente, anche noi cristiani, continua a identificarsi come
omosessuale o eterosessuale?
Prima di tutto, nell’essenzialismo
dell’orientamento la distinzione tra eterosessualità e omosessualità è una
costruzione disonesta circa la sua identità, proprio in quanto costruzione.
Queste classificazioni si travestono da categorie naturali, applicabili a tutte
le persone, in tutti i tempi e luoghi a seconda degli oggetti propri dei loro
desideri sessuali (anche se forse con un paio di opzioni in offerta per i categorizzatori
più politicamente corretti). Affermando di non essere semplicemente una
fortuita invenzione del XIX secolo, ma una verità senza tempo sulla natura
sessuale umana, questo paradigma pretende troppo ed inganna coloro che adottano
le sue etichette, facendogli credere che tali distinzioni valgano molto di più
di quello che in realtà sono.
Un secondo motivo
per dubitare che questa classificazione sia qualcosa di cui noi cristiani dovremmo
subito appropriarci è che la sua introduzione nel nostro discorso sul sesso non
ha aumentato significativamente la virtù - intellettuale o morale -di coloro
che impiegano i suoi concetti. Al contrario, essa ha reso più difficile
comprendere ed ha generato disordine morale.
Quanto al primo punto – la comprensione -, l’essenzialismo
dell’orientamento ha reso la filosofia etica in questo ambito del tutto
impossibile: ha preso il posto dei vecchi principi coniugal-procreativi della
castità, senza offrire alcuna alternativa che non sia del tutto arbitraria. La
precedente visione teleologica misurava la morale in funzione della natura
animale-razionale dell'uomo; in ambito sessuale, questo significava valutare gli
atti con riferimento al bene comune del matrimonio, che ha integrato l'unione
sponsale e la procreazione e l'educazione dei bambini. Il nuovo sistema
eteronormativo, d'altra parte, non arriva a spiegare la malvagità della sodomia
omosessuale facendo riferimento solo ad un riflesso involontario, condizionato
ed immorale, che se non giustificato, si è indebolito notevolmente nel tempo.
Per quanto riguarda l’altra conseguenza, il disordine morale,
l'affermazione dell’orientamento ha spostato, in modo controproducente, la
nostra attenzione pratica dalle finalità oggettive alle passioni soggettive. I
giovani, per esempio, oggi si trovano regolarmente in difficoltà con la propria
identità sessuale, quando si esaminano nel tentativo di individuare la loro posizione
in questo, presunto naturale, diagramma di Venn degli orientamenti. Tali
ossessioni generano molto più calore che luce e spingono gli adolescenti, già
sessualmente eccitati, a concentrarsi sul riconoscersi in dimensioni estranee
alla propria sessualità. Questa autoanalisi diventa ancora più inutilmente
dolorosa per coloro che riscontrano in sé un "orientamento omosessuale",
quando assumono un'identità essenzialmente caratterizzata da un insieme di
desideri sessuali che non possono essere soddisfatti in modo conforme alla
morale.
C'è una terza
ragione, di natura teologica, per cui dovremmo liberarci di questa classificazione:
è in contrasto con la libertà per cui
Cristo ci ha liberati. Il mio futuro priore nella vita religiosa, p. Hugh
Barbour dei Premostratensi, ha ampliato questa idea in un saggio in Chronicles Magazine, intitolato "Gli omosessuali esistono? Ovvero, cosa
accadrà adesso?" Come sostiene il padre priore: "La teologia
morale tradizionale valutava gli atti, e non generalizzava, in modo così insoddisfacente,
sulle tendenze che portano a questi atti. Questo era lasciato alla casuistica
delle occasioni di peccato e alla direzione spirituale. Se il peccato è un
furto, è la cleptomania allora lo standard di valutazione? Se l'ubriachezza,
l'alcolismo? Se la pigrizia, la depressione patologica?" Egli scrive,
anche i cristiani ortodossi hanno ceduto all'abitudine di trattare le inclinazioni
sessuali come identità. Pastoralmente, siamo fatti per predicare la libertà con
cui Cristo ci ha liberati. Nel considerare il peccato di sodomia come una prova
evidente di un’identità, non stiamo forse concorrendo, sotto forma di
compassione e sensibilità, a vincolare il peccatore alla sua inclinazione
peccaminosa? e così facendo lo carichiamo di un fardello troppo grande da
sopportare, senza tuttavia muovere un dito per sostenerlo?
Autodefinirsi come un "omosessuale" tende a
moltiplicare le occasioni di peccato per coloro che adottano l'etichetta-provocazione,
è secondo le parole del priore, un’inutile "spettacolarizzazione della
tentazione". Mentre l'infusione delle virtù teologali rende il cristiano
libero, l’identificarsi come omosessuale rende solo più schavo il peccatore. Intensifica
la lussuria, una triste distorsione dell’amore, amplificando il valore
apparente dei desideri concupiscenti. Favorisce una disperata
autocommiserazione, danneggiando la speranza,
che ha lo scopo di motivare le virtù morali. Incoraggia a sentirsi in diritto a
pretendere lo stravolgimento degli insegnamenti che sembrano reprimere
"chi sono veramente", spesso minando così l'obbedienza della fede.
Ci sono una manciata di lodevoli esempi che contraddicono
questo modello scoraggiante, persone che s’identificano come "cristiani
gay" che sono sia virtuosi che fedeli agli insegnamenti della Chiesa. Ma
data la tensione intrinseca tra il pensiero cristiano classico e l’idea moderna
di orientamento sessuale, non dovrebbe sorprenderci che gli originali lodevoli
interpreti che cercano di combinare queste due tradizioni dissonanti siano
l'eccezione piuttosto che la regola.
Legittimare l'identità omosessuale è un percorso irto di
pericoli evitabili. Eppure, quando si tratta del male più grave provocato dalla
dicotomia dell’orientamento sessuale, l'omosessualità non è il colpevole. Lo è
l’eterosessualità – ma naturalmente questo non significa che possiamo avere
l'una senza l'altra. L'aspetto peggiore
del sistema dell’identità da orientamento è che tende a esentare gli
eterosessuali dalla valutazione morale. Se l'omosessualità ci lega al
peccato, eterosessualità ci rende ciechi difronte al peccato.
Non c'è dubbio che esistano alcuni "eterosessuali"
moralmente consapevoli di sé. Tuttavia, come regola generale, individuarsi come
una persona eterosessuale oggi equivale a dichiararsi membro del "gruppo dei
normali", in funzione del quale tutti i desideri sessuali, le attrazioni e
le tentazioni devianti debbono essere valutate. Tale identificazione etero introduce
una confidenza di sé pateticamente acritica e - spero che sia evidente - ingiustificata,
per non parlare del criterio impreciso per valutare la tentazione.
Certo, esiste una
norma modello per la valutazione della devianza sessuale. Ma questo modello non
è l'eterosessualità. È lo stesso Gesù Cristo, il Dio-uomo che ha sia
perfezionato la natura umana, sia perfettamente esemplificato la sua perfezione,
"essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi,
escluso il peccato". Pertanto pretendere che l'eterosessuale
auto-dichiaratosi prenda il posto di nostro Signore in questo ruolo è
semplicemente una follia.
È vero che l'omosessualità può essere caratterizzata da una ingiusta
mancanza di speranza, dall’accettare delle inclinazioni peccaminose come
identità fondante e quindi dal respingere implicitamente la libertà acquistata
per noi dal sangue di Cristo; ma l’eterosessualità, con la sua pretesa di valere
come norma per valutare i nostri costumi sessuali, è caratterizzata da qualcosa
di ancora peggiore: l'orgoglio, che san Tommaso d'Aquino classifica come il re di
tutti i vizi.
Ci sono ragioni pratiche per diffidare anche dell’eterosessualità.
Poiché il nostro mondo post-freudiano associa ogni tipo di attrazione fisica e affetto
interpersonale con il desiderio erotico genitale, un’amicizia intima con una
persona dello stesso sesso ed un apprezzamento casto per la bellezza di
qualcuno del proprio stesso sesso sono diventati quasi impossibili. (Freud, a
proposito, è stato uno degli autori più influenti del pernicioso mito dell’essenzialismo
dell’orientamento).
Per gli "eterosessuali" in particolare,
avvicinarsi ad un amico dello stesso sesso finisce per sembrare perverso e provano
disagio se impressionati dalla sua bellezza. Per evitare di essere scambiati
per gay, al giorno d’oggi molte persone sedicenti etero - uomini soprattutto – si
accontentano di rapporti superficiali con i loro compagni e riservano il tipo
di intimità impegnativa, che un tempo caratterizzava tali caste relazioni con
persone dello stesso sesso, per le sole partner amorose. Il loro orientamento sessuale, apparentemente normale, li priva di un
aspetto essenziale della realizzazione umana: la vera amicizia.
I primi usi del termine "eterosessualità" ci danno
un ulteriore motivo di dubitare del fatto che dovremmo celebrarne l'idea con troppo
entusiasmo. È vero che anche alla fine del XIX secolo, a volte l'etichetta è
stata impiegata solo per indicare "sesso normale". Ed è così che,
naturalmente, ancora oggi tendiamo a usare il termine "eterosessuale",
che io sostengo essere drammaticamente confuso.
Ma un altro significato importante del termine all’epoca
della sua invenzione, compreso il suo primo uso registrato nella lingua inglese
nel 1892, continua a informare la nostra concezione distorta della sessualità
umana, anche se questa definizione secondaria da allora è andata fuori moda.
Nella sua definizione alternativa, il termine non indicava"sesso normale",
ma piuttosto una diversa forma di devianza sessuale, come la sua controparte omosessuale,
per quanto riguarda il suo disprezzo per la procreazione, ma si differenziava per
l'oggetto proprio delle sue inclinazioni lussuriose.
La sfortunata storia del termine "eterosessuale" che
abbiamo scelto di dimenticare è che questa parola è entrata nella lingua
inglese come etichetta per un disturbo indicante una perversione sessuale che si
compiaceva di atti sessuali sterili. Di solito questi desideri sono rivolti
verso persone di sesso opposto, ma anche questo limite era sfocato, perché,
come si è scoperto, una volta che lo scopo generativo del sesso era stato accantonato,
spesso importava molto poco chi fosse il partner dell’attività masturbatoria
dell’eterosessuale.
I nostri antenati cristiani sarebbero scioccati dalla nostra
condiscendenza con l'orientamento sessuale. L'unica ragione per cui questo
programma non ci allarma come avrebbe fatto con loro è che noi siamo stati
sistematicamente indottrinati dall'infanzia, specialmente i più giovani tra di
noi. Prendiamo un esempio analogo con cui non abbiamo altrettanta familiarità e
consideriamo come avremmo reagito se un diverso tipo di categoria si fosse
imposto nel nostro vocabolario culturale.
Slate recentemente ha pubblicato un articolo intitolato "Il poliamore è una scelta?",
in cui sosteneva che, in aggiunta alle inclinazioni verso uomini o donne, ci
possono essere anche orientamenti sessuali, innati ed immutabili, costituiti
dalla fedeltà - e infedeltà. Dan Savage dovrebbe esserne orgoglioso.
Immaginate se quelle persone, che pensano che saranno più
soddisfatte romanticamente da una relazione sessuale esclusiva ed impegnata,
iniziassero a identificarsi come "fedeli", mentre quelli di solito più
eccitati dalla prospettiva della promiscuità sessuale illimitata iniziassero a
identificarsi come "infedeli". Non lo troveremmo forse preoccupante,
soprattutto quando uomini e donne cristiani iniziassero ad adottare
quest'ultima etichetta per identificarsi, ammettendo anche di essere
"infedeli" come una ragione per non sposarsi, in quanto non sarebbero
sufficientemente soddisfatti dalla vita sessuale a cui si impegnerebbero con i
voti coniugali?
In questa analogia ovviamente l’"Infedeltà" ha il
ruolo dell’omosessualità. Ma sia che consideriamo il numero dei partner
sessuali che il loro genere, come non restare
scioccati quando i nostri fratelli cristiani adottano un'identità che si distingue
essenzialmente dal suo opposto per nient'altro che una particolare forma di
tentazione al peccato? Questo è l'opposto della libertà cristiana.
Naturalmente, tutti noi siamo feriti e tentati e abbiamo bisogno dell’assistenza
divina. Ma mentre noi continuiamo a lottare contro queste tentazioni
peccaminose, ciò che ci è stato dato in Cristo Gesù è la liberazione dalle
catene del peccato che ci rivendica come propri.
Tantomeno apparteniamo alle nostre trasgressioni. Allora
perché creare identità per noi stessi utilizzando il peccato come standard? Non
m’interessa quanto possa sembrare attraente la promiscuità. Tu non sei certamente
"un infedele". Sicuro, potremmo costruire categorie sociali che
farebbero apparire ovvio e connaturale, parlare in quel modo. Ma per il
cristiano fare così, o partecipare volentieri a questo sistema una volta che è
stato costruito intorno a lui, sarebbe decisamente sbagliato.
Io non sono il mio
peccato. Io non sono la mia tentazione al peccato. Sono stato liberato da
questa schiavitù dal sangue di Gesù Cristo. Io, per essere sicuri, ho tutti
i tipi di identità, soprattutto nella nostra impazzita età ultra-psicoanalitica.
Ma almeno, nessuna di queste identità dovrebbe essere essenzialmente definita
dalla mia attrazione per ciò che mi separa da Dio.
L'altro lato di questa analogia, ispirata da Slate, mette in
luce i mali caratteristici della eterosessualità. Nonostante la nostra giustificata
disapprovazione dei cristiani che s’identificano in modo disperante come "infedeli",
non ci sarebbe qualcosa di ancora più assurdo e feroce nella loro vanagloriosa
auto-identificazione come "fedeli"? Mettiamola così: Il fatto che i
miei desideri erotici tendono ad assumere una sola persona per loro oggetto
piuttosto che un pluralità, rappresenta necessariamente una qualche intrinseca
qualità morale da parte mia? Del resto, è indice che i miei desideri sono
virtuosi o penso, più probabilmente, indichi semplicemente che mi capita di non
essere fortemente tentato da uno dei molti potenziali abusi del piacere
sessuale? Come le cosiddette persone "fedeli", gli "eterosessuali" non sono modelli di castità solo perché
evitano la tentazione del giorno.
Tuttavia, nonostante l'illogicità di tutto questo, "le
persone etero", tendono ancora a ricevere maggiori vantaggi sociali dalla
loro denominazione e, quindi, lo smantellamento dello schema degli orientamenti
li minaccia molto più di quanto non facciano i loro correlativi "gay"
e "lesbiche". Come Jenell Williams Paris del Messiah College scrive
nel suo libro The End of Sexual Identity, "Fondare
l’etica sessuale nella nostra umanità più che nelle categorie di identità
sessuale contemporanee... ha un costo per gli eterosessuali", perché
"li mette in gioco come giocatori invece che arbitri". Per questo
motivo, però, sono i sedicenti eterosessuali che possono rivelarsi più efficaci
nel guidare la nostra casta offensiva contro l'orientamento sessuale,
sacrificando la loro poco cristiana coperta di sicurezza dell’ "eterosessualità"
per il bene della caritas in veritate.
Eppure sia che noi cristiani scelgiamo o meno di aderire
alla battaglia, nel tempo, l'orientamento sessuale finirà inevitabilmente fuori
moda: possiamo solo scegliere semplicemente se vogliamo cadere con esso. Una
ragione ovvia per la sua fine inevitabile è che il sentimento è molto più
volubile di quanto quei precoci agitatori psicosessuali credessero. L'evidenza
empirica mostra come le loro rigide categorie risultino essere radicalmente
insufficienti.
Un secondo fattore nella caduta inevitabile
dell'orientamento sessuale è che queste categorie etero/omo non possono costituire
un fondamento logico per le norme sessuali, per come furono intese. Gli
essenzialisti dell’orientamento originali non potevano nemmeno offrire una ragione
di principio per preferire l'eterosessualità all'omosessualità, il fulcro della
loro posizione. Lasciato con nient'altro che sensibilità ereditate e regole
arbitrarie, il loro criterio eteronormativo non è riuscito, laddove il suo
predecessore procreativo era riuscito per secoli, ad offrire valide ragioni per
le regole.
Il fallimento filosofico ha condannato l'impresa dell’orientamento
per tutta la sua esistenza. Poiché l’inadeguato
standard eteronormativo ha lasciato le istanze della lussuria per il sesso
opposto completamente intatte, i peccati considerati precedentemente mortali,
come la masturbazione, la pornografia, la fornicazione, la contraccezione e la sodomia
maschio-femmina, sono stati progressivamente tollerati; eppure, eliminate tutte
queste prescrizioni, comprensibilmente, ha cominciato ad apparire incoerente e
quindi ha pregiudicato il continuare ad insistere sul divieto per la sodomia tra
persone dello stesso sesso. La struttura dell’essenzialismo dell’orientamento,
che doveva essere una difesa infallibile contro la dissolutezza omosessuale,
così divenne l'arma più forte nel suo arsenale.
Il che ci porta alla conclusione, forse più sorprendente,
ragione per cui l'orientamento sessuale cadrà: ha quasi esaurito la sua utilità
politica, che ha sempre avuto una data di scadenza. Il piano dei conservatori
morali del XIX secolo per l'orientamento è fallito, naturalmente, quando quelle
che avrebbero dovuto essere condizioni psichiatriche normativamente diseguali,
si sono evolute in identità psicologiche moralmente indistinguibili.
Eppure neanche il liberalismo se n’è molto avvantaggiato,
tra Romer e Lawrence e Windsor[2]
e ENDA[3],
restano da sistemare pochissimi problemi di "diritti dei gay". L’orientamento
sessuale potrebbe avere ancora pochi anni di utilità politica, ma molti
progressisti già si vantano di poter rottamare l'assurdo mito delle categorie naturali
ed essere soddisfatti, avendo avviato una irresistibile tendenza di
liberalizzazione che continuerà a ritmo sostenuto, con o senza di esse. Prima o
poi, le affermazioni della torre d'avorio dei teorici queer diventeranno
ortodossia culturale.
Anche se mi aspetto che molti pensatori cristiani
conservatori troveranno Foucault uno strano compagno di viaggio, vorrei
suggerire che il nostro supporto alla sinistra radicale su questo tema dovrebbe
essere entusiasta, anche se deve essere attentamente circoscritto. In sostanza, dobbiamo unire con entusiasmo le
nostre voci a quelle dei teorici queer poststrutturalisti nelle loro critiche
vigorose degli ingenui essenzialisti dell’orientamento, che pensano erroneamente
che "etero" e "gay" siano naturali, neutrali e
classificazioni fuori dal tempo.
Il loro storicismo disilluso mette questi genealogisti della
sessualità nella posizione unica di percepire gli inganni dell’orientamento
sessuale, e mentre noi cristiani non ne abbiamo bisogno di per sé, comunque, in
modo accidentale al momento presente, può rivelarsi una grande risorsa. Ironia
della sorte, questi esponenti della sinistra radicale possono essere gli unici in
grado di guarire la cecità che ultimamente ci siamo autoinflitti in modo poco
saggio, adottando acriticamente il linguaggio dell’etero-omosessualità.
Tuttavia, mentre possiamo e dobbiamo consigliare la diagnosi
dei teorici queer per l'assurdità che oggi affligge le diffuse categorie
sessuali, tuttavia, non possiamo sottoscrivere la loro terapia. Jonathan Ned
Katz, Hanne Blank ed i teorici queer contemporanei in generale, mirano a
spiegare in modo genealogico il rigido sistema degli orientamenti proprio
perché credono che questo darà loro la libertà e il potere di fare, disfare e
rifare la propria sessualità come meglio credono.
Vogliono abbattere queste fallimentari costruzioni sociali
non per costruire o forse ritrovare tra le macerie qualcosa di meglio al loro
posto, ma perché sperano di raggiungere un grado ancora maggiore di
libertinaggio sessuale, anche a costo di avallare una sorta di miserabile
nichilismo sessuale. Per parafrasare Dostoevskij, questi radicali vorrebbero
credere che se l'orientamento non esiste, allora tutto è lecito.
Il cristiano non può naturalmente seguirli su questa strada perniciosa.
Ma non credo neanche che il cristiano possa accontentarsi dell’odierna
ingannevole e disperante tassonomia. Tenete a mente queste mie parole: i
teorici queer insisteranno per smantellare la cosa in breve tempo. Anche la
nostra cultura popolare sta cominciando a mostrare segni di stress. La lunga
lista, in continuo aumento, degli orientamenti dimostra l'insufficienza di tali
categorie stereotipate. E il concetto ormai familiare di "hasbian"[4]
suggerisce che queste identità sono molto meno statiche di quanto siamo stati
inizialmente portati a credere. (Si pensi, per esempio, alla nostra nuova first
lady di New York ex - omosessuale).
La domanda è, una volta che questa struttura dell’orientamento
sessuale crollerà, che cosa la sostituirà: l’etica nichilista dei teorici queer
per cui tutto va bene, o la visione cristiana classica da cui tutto è cominciato,
la visione che prende come suo fine e principio strutturante quello
coniugale-procreativo, valutando le passioni in funzione della natura e non
viceversa?
Il ruolo di chi oggi difende la castità cristiana, ritengo
sia quello di dissociare la Chiesa dal falso assolutismo dell'identità basata
sulla tendenza erotica e riscoprire il nostro fondamento antropologico per le
massime morali tradizionali. Se non vogliamo essere spazzati via con la
modernità degli essenzialisti dell’orientamento, allora dobbiamo ricordare al
mondo che la nostra etica sessuale non è mai stata veramente compatibile con
l’impostazione moderna, e che quindi abbandonare quest’ultima non deve condurre
ad un libertinismo nichilista postmoderno. Nella tradizione cristiana classica
vi è un terreno più solido su cui poggiare. Anzi, mi sembra l'unico su cui
poter ancora costruire.
La Bibbia non ha mai chiamato l'omosessualità un abominio.
Né potrebbe averlo fatto, come abbiamo visto, il Levitico precede qualsiasi
concezione dell'orientamento sessuale almeno da un paio di millenni. Quello che
le Scritture condannano è la sodomia, a prescindere da chi la commetta o
perché. Eppure, come ho sostenuto in questo articolo, ai nostri giorni l’omosessualità
merita di essere considerata negativamente così come l'eterosessualità.
Per quanto riguarda
la morale sessuale, abbiamo raggiunto un punto in cui non possiamo più
limitarci a criticare le risposte inadeguate della modernità. Come nostro
Signore nei racconti evangelici, dobbiamo anche corregere le sue domande così
inadeguate. Piuttosto che affannarci per cercare di vivere come un
"omosessuale cristiano" o, se è per questo, la questione ancora più
problematica di come vivere come un "eterosessuale cristiano" -
dovremmo insegnare ai nostri fratelli cristiani, soprattutto a quelli negli
anni giovanili di formazione, che queste categorie sono inutili.
Essi sono invenzioni recenti, del tutto estranee alla nostra
fede, insufficienti per giustificare norme sessuali e contrarie alla vera
antropologia filosofica. È giunto il momento per noi di sradicare, per quanto
possiamo, l'orientamento sessuale dalla nostra visione del mondo, naturalmente,
con la dovuta prudenza per casi particolarmente complicati.
Se
Papa Francesco ha ragione quando dice che contestualizzare il nostro discorso
morale è un prerequisito necessario per essere convincenti o almeno
comprensibili con i nostri interlocutori, allora abbandonare l’eteronormatività
e resuscitare la nostra tradizione di castità familiare-teleologica è l'unico
modo per spiegare adeguatamente l'etica sessuale cristiana.
[1] Michael
W. Hannon si prepara ad entrare nella vita religiosa con i Norbertini di St.
Michael’s Abbey a Orange County, California.
Traduzione dell'articolo originale in lingua inglese pubblicato il 3. 1. 14 su First Things
Traduzione dell'articolo originale in lingua inglese pubblicato il
Un ringraziamento particolare all'amico Arthur R. che ha condiviso con me le fatiche della traduzione nel corso della settimana santa 2014.
[2] Sentenze
della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America sulla discriminazione delle
persone omosessuali (ndt)
[3] Employment
Non-Discrimination Act (ndt)
[4] Termine
che identifica una donna precedentemente lesbica e che ora si trova in una
relazione eterosessuale (ndt)