mercoledì 23 aprile 2014

CONTRO L’ETEROSESSUALITA’ (di Michael W. Hannon)

CONTRO L’ETEROSESSUALITA’
L’idea di orientamento sessuale è artificiale e inibisce la testimonianza cristiana.
(di Michael W. Hannon[1])

Contro l'eterosessualità
Alasdair MacIntyre, una volta scherzando disse che "cose, come i telescopi e le parrucche per signori, erano un'invenzione del XVII secolo". Qualcosa di simile si può dire dell'orientamento sessuale: gli eterosessuali, come le macchine da scrivere e gli orinatoi (anch’essi, ovviamente, per signori), sono stati un'invenzione degli anni ’60 del XIX secolo. Contrariamente ai nostri preconcetti culturali ed alle menzogne di quello che adesso si chiama "essenzialismo dell’orientamento", "etero" e "gay" non sono assoluti senza tempo. L'orientamento sessuale è uno schema concettuale con una storia, e una storia oscura. Si tratta di una storia iniziata molto più di recente di quanto la maggior parte della gente sa, e che probabilmente finirà molto prima di quanto la maggior parte della gente pensa.

Nel corso di molti secoli, l'Occidente ha progressivamente abbandonato il modello sponsale del cristianesimo per la sessualità umana. Poi, circa 150 anni fa, ha cominciato a sostituire quella lunga tradizione teleologica con una creazione completamente nuova: la tassonomia assolutista quanto assurda degli orientamenti sessuali. L'eterosessualità è stata creta per servire come regola ideale di tale quadro fantasioso, mantenendo i divieti sociali contro la sodomia e altre dissolutezze sessuali senza la necessità di ricorrere alla natura procreativa della sessualità umana.

Secondo questa nuova opinione, gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso sono sbagliati non perché disprezzano lo scopo animale-razionale del sesso, cioè la famiglia, ma piuttosto perché il desiderio di queste azioni deriverebbe presumibilmente da uno sgradevole disturbo psicologico. Come racconta la teorica queer Hanne Blank, "Questo nuovo concetto [dell'eterosessualità], agghindato in un miscuglio malassortito di altisonanti lingue morte, ha dato alle vecchie ortodossie una nuova e vivace prospettiva di vita, suggerendo, con toni autorevoli, che la scienza abbia detto in modo efficace che sono naturali, inevitabili ed innate".

L'orientamento sessuale non ha fornito un fondamento affidabile per le virtù come i suoi inventori avevano sperato, soprattutto negli ultimi tempi. Tuttavia oggi, molti cristiani conservatori ritengono che dovremmo continuare a riverire la dicotomia gay-etero e l'ideale eterosessuale nella catechesi popolare, dal momento che sembra loro ancora il modo migliore per rendere le nostre massime morali ragionevoli ed attraenti.

Questi miei compatrioti cristiani sbagliano ad aggrapparsi così strettamente all'orientamento sessuale, confondendo la nostra difesa della castità, senza precedenti e senza successo, con il suo fondamento eterno. Non abbiamo bisogno dell’"eteronormatività" per difenderci contro la dissolutezza. Al contrario, non è che un ostacolo.

Michel Foucault, un alleato inaspettato, ci fornisce i dettagli del pedigree dell'orientamento sessuale nella sua Storia della sessualità; in quanto osserva che il termine "sodomia" aveva identificato per molto tempo un tipo di comportamenti, ed improvvisamente, per la prima volta nella seconda metà del XIX secolo, la parola "omosessuale" gli si è affiancata. Questo neologismo europeo è stato utilizzato in un modo che avrebbe sorpreso le generazioni precedenti come un evidente errore di classificazione, in quanto designa non comportamenti ma persone, lo stesso dicasi per il suo correlativo opposto: "eterosessuale".

Foucault racconta che psichiatri e legislatori della seconda metà del 1800, hanno respinto la convenzione classica secondo cui il "colpevole" degli atti sodomitici non era "niente altro che il loro soggetto giuridico". Quando la società secolarizzata ha considerato come illegittime le credenze religiose classiche nella sfera pubblica, allora la pseudoscienza è intervenuta e ha sostituito la religione come fondamento morale delle norme sessuali. Per ottenere una stabilità sociale laica in materia sessuale, gli esperti di medicina realizzarono ciò che Foucault descrive come "ordine naturale del disordine".

"L'omosessuale del XIX secolo divenne un personaggio", "un tipo di vita", "una morfologia", scrive Foucault. Questa identità psichiatrica perversa, elevata al rango di una "forma di vita" mutante al fine di salvaguardare la buona società contro le sue disgustose depravazioni, è diventata l’elemento principale della personalità dei soggetti: "Nulla di tutto ciò che costituiva [l'omosessuale] era indipendente dalla la sua sessualità. Era presente ovunque in lui: alla radice di tutte le sue azioni, perché ne era il principio insidioso e indefinitamente attivo".

Gli aristocratici imprudenti incoraggiando queste innovazioni mediche cambiarono l’unità di misura della moralità pubblica, sostituendo alla natura umana religiosamente intesa l'opzione, laicamente più sicura, della passione individuale. In tal modo, sono stati costretti anche a scambiare la solida tradizione della legge naturale per lo standard di recente costruzione della "normalità psichiatrica", con l’"eterosessualità" a fungere da nuova normalità per la sessualità umana. Non sorprende che uno standard di normalità così vago, abbia offerto un fondamento di gran lunga meno forte all’etica sessuale rispetto alla classica tradizione del diritto naturale.

Ma l’enfatizzare questo nuovo standard è proprio riuscito a radicare queste categorie di etero e omosessualità nell’immaginario popolare. "L'omosessualità è apparsa come una delle forme della sessualità", scrive Foucault, "quando il concetto è passato dalla pratica della sodomia ad una sorta di androginia interiore, un ermafroditismo dell'anima. Il sodomita era stato un'aberrazione temporanea; l'omosessuale era ormai una specie". L’orientamento sessuale, quindi, non è altro che un costrutto sociale fragile e di assai recente costruzione.

Mentre la nostra cultura popolare non si è -ancora- allineata, i teorici queer, che dettano sempre più legge a livello di élite, sono già d'accordo con Foucault su questo punto. Tali pensatori fanno eco al pensiero LGBT - eretico di Gore Vidal: "In realtà, non esiste una cosa come una persona omosessuale, come non esiste una cosa come una persona eterosessuale". Vero, la netta divisione naturale tra le due identità si è dimostrato utile agli attivisti per i "diritti dei gay" impegnati sul campo, e non ultimo per l'ethos dell'era dei diritti civili, che tali dinamiche di lotta evocano. Ma la maggior parte dei teorici queer -e, per questo oggi, la maggior parte degli studiosi di tutte le discipline umanistiche e sociali/comportamentali, ammettono senza difficoltà che tali distinzioni sono costrutti immaturi e non molto di più. Molti in questo campo desiderano esporre le credenziali contraffatte dell’orientamento sessuale e, citano una pagina da Nietzsche, per spiegarlo in via genealogica una volta per tutte.

Jonathan Ned Katz, uno storico della sessualità di sinistra radicale che ha già insegnato sia a Yale che alla New York University, coglie bene l’elemento condiviso della teoria queer contemporanea in L'invenzione della eterosessualità, in cui spiega: "Io parlo dell’invenzione storica dell’eterosessualità per attaccare frontalmente l’opinione comune circa l’esistenza di una eterosessualità eterna, per sostituirgli la condizione instabile, relativa e storica di un'idea e di una sessualità che pensavamo fosse definita da tempo". Mentre, prosegue dicendo: "Contrariamente alla odierna idea biologista, la dicotomia eterosessuale/omosessuale non si trova in natura, ma è un costrutto sociale, quindi decostruibile".

La mia previsione è che vedremo questa dicotomia completamente decostruita nel corso delle nostre vite. Ma, a mio avviso, noi sostenitori della castità cristiana dovremmo vedere la fine imminente della distinzione gay-etero non come una tragedia, ma come un'opportunità. Voglio suggerire ancora di più che dovremmo fare del nostro meglio per favorire la dissoluzione dell’idea di orientamento all'interno delle nostre sfere sottoculturali, ove possibile.

Naturalmente, dato che siamo immersi in una cultura per la quale queste categorie sembrano così connaturali come la lingua inglese, sradicarle dal nostro vocabolario e dalla nostra visione del mondo non sarà per niente facile. Quindi, perché preoccuparsene? Finché non commettiamo peccati, che importa se la gente, anche noi cristiani, continua a identificarsi come omosessuale o eterosessuale?

Prima di tutto, nell’essenzialismo dell’orientamento la distinzione tra eterosessualità e omosessualità è una costruzione disonesta circa la sua identità, proprio in quanto costruzione. Queste classificazioni si travestono da categorie naturali, applicabili a tutte le persone, in tutti i tempi e luoghi a seconda degli oggetti propri dei loro desideri sessuali (anche se forse con un paio di opzioni in offerta per i categorizzatori più politicamente corretti). Affermando di non essere semplicemente una fortuita invenzione del XIX secolo, ma una verità senza tempo sulla natura sessuale umana, questo paradigma pretende troppo ed inganna coloro che adottano le sue etichette, facendogli credere che tali distinzioni valgano molto di più di quello che in realtà sono.

Un secondo motivo per dubitare che questa classificazione sia qualcosa di cui noi cristiani dovremmo subito appropriarci è che la sua introduzione nel nostro discorso sul sesso non ha aumentato significativamente la virtù - intellettuale o morale -di coloro che impiegano i suoi concetti. Al contrario, essa ha reso più difficile comprendere ed ha generato disordine morale.

Quanto al primo punto – la comprensione -, l’essenzialismo dell’orientamento ha reso la filosofia etica in questo ambito del tutto impossibile: ha preso il posto dei vecchi principi coniugal-procreativi della castità, senza offrire alcuna alternativa che non sia del tutto arbitraria. La precedente visione teleologica misurava la morale in funzione della natura animale-razionale dell'uomo; in ambito sessuale, questo significava valutare gli atti con riferimento al bene comune del matrimonio, che ha integrato l'unione sponsale e la procreazione e l'educazione dei bambini. Il nuovo sistema eteronormativo, d'altra parte, non arriva a spiegare la malvagità della sodomia omosessuale facendo riferimento solo ad un riflesso involontario, condizionato ed immorale, che se non giustificato, si è indebolito notevolmente nel tempo.

Per quanto riguarda l’altra conseguenza, il disordine morale, l'affermazione dell’orientamento ha spostato, in modo controproducente, la nostra attenzione pratica dalle finalità oggettive alle passioni soggettive. I giovani, per esempio, oggi si trovano regolarmente in difficoltà con la propria identità sessuale, quando si esaminano nel tentativo di individuare la loro posizione in questo, presunto naturale, diagramma di Venn degli orientamenti. Tali ossessioni generano molto più calore che luce e spingono gli adolescenti, già sessualmente eccitati, a concentrarsi sul riconoscersi in dimensioni estranee alla propria sessualità. Questa autoanalisi diventa ancora più inutilmente dolorosa per coloro che riscontrano in sé un "orientamento omosessuale", quando assumono un'identità essenzialmente caratterizzata da un insieme di desideri sessuali che non possono essere soddisfatti in modo conforme alla morale.

C'è una terza ragione, di natura teologica, per cui dovremmo liberarci di questa classificazione: è in contrasto con la libertà per cui Cristo ci ha liberati. Il mio futuro priore nella vita religiosa, p. Hugh Barbour dei Premostratensi, ha ampliato questa idea in un saggio in Chronicles Magazine, intitolato "Gli omosessuali esistono? Ovvero, cosa accadrà adesso?" Come sostiene il padre priore: "La teologia morale tradizionale valutava gli atti, e non generalizzava, in modo così insoddisfacente, sulle tendenze che portano a questi atti. Questo era lasciato alla casuistica delle occasioni di peccato e alla direzione spirituale. Se il peccato è un furto, è la cleptomania allora lo standard di valutazione? Se l'ubriachezza, l'alcolismo? Se la pigrizia, la depressione patologica?" Egli scrive, anche i cristiani ortodossi hanno ceduto all'abitudine di trattare le inclinazioni sessuali come identità. Pastoralmente, siamo fatti per predicare la libertà con cui Cristo ci ha liberati. Nel considerare il peccato di sodomia come una prova evidente di un’identità, non stiamo forse concorrendo, sotto forma di compassione e sensibilità, a vincolare il peccatore alla sua inclinazione peccaminosa? e così facendo lo carichiamo di un fardello troppo grande da sopportare, senza tuttavia muovere un dito per sostenerlo?

Autodefinirsi come un "omosessuale" tende a moltiplicare le occasioni di peccato per coloro che adottano l'etichetta-provocazione, è secondo le parole del priore, un’inutile "spettacolarizzazione della tentazione". Mentre l'infusione delle virtù teologali rende il cristiano libero, l’identificarsi come omosessuale rende solo più schavo il peccatore. Intensifica la lussuria, una triste distorsione dell’amore, amplificando il valore apparente dei desideri concupiscenti. Favorisce una disperata autocommiserazione, danneggiando la speranza, che ha lo scopo di motivare le virtù morali. Incoraggia a sentirsi in diritto a pretendere lo stravolgimento degli insegnamenti che sembrano reprimere "chi sono veramente", spesso minando così l'obbedienza della fede.

Ci sono una manciata di lodevoli esempi che contraddicono questo modello scoraggiante, persone che s’identificano come "cristiani gay" che sono sia virtuosi che fedeli agli insegnamenti della Chiesa. Ma data la tensione intrinseca tra il pensiero cristiano classico e l’idea moderna di orientamento sessuale, non dovrebbe sorprenderci che gli originali lodevoli interpreti che cercano di combinare queste due tradizioni dissonanti siano l'eccezione piuttosto che la regola.

Legittimare l'identità omosessuale è un percorso irto di pericoli evitabili. Eppure, quando si tratta del male più grave provocato dalla dicotomia dell’orientamento sessuale, l'omosessualità non è il colpevole. Lo è l’eterosessualità – ma naturalmente questo non significa che possiamo avere l'una senza l'altra. L'aspetto peggiore del sistema dell’identità da orientamento è che tende a esentare gli eterosessuali dalla valutazione morale. Se l'omosessualità ci lega al peccato, eterosessualità ci rende ciechi difronte al peccato.

Non c'è dubbio che esistano alcuni "eterosessuali" moralmente consapevoli di sé. Tuttavia, come regola generale, individuarsi come una persona eterosessuale oggi equivale a dichiararsi membro del "gruppo dei normali", in funzione del quale tutti i desideri sessuali, le attrazioni e le tentazioni devianti debbono essere valutate. Tale identificazione etero introduce una confidenza di sé pateticamente acritica e - spero che sia evidente - ingiustificata, per non parlare del criterio impreciso per valutare la tentazione.

Certo, esiste una norma modello per la valutazione della devianza sessuale. Ma questo modello non è l'eterosessualità. È lo stesso Gesù Cristo, il Dio-uomo che ha sia perfezionato la natura umana, sia perfettamente esemplificato la sua perfezione, "essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato". Pertanto pretendere che l'eterosessuale auto-dichiaratosi prenda il posto di nostro Signore in questo ruolo è semplicemente una follia.

È vero che l'omosessualità può essere caratterizzata da una ingiusta mancanza di speranza, dall’accettare delle inclinazioni peccaminose come identità fondante e quindi dal respingere implicitamente la libertà acquistata per noi dal sangue di Cristo; ma l’eterosessualità, con la sua pretesa di valere come norma per valutare i nostri costumi sessuali, è caratterizzata da qualcosa di ancora peggiore: l'orgoglio, che san Tommaso d'Aquino classifica come il re di tutti i vizi.

Ci sono ragioni pratiche per diffidare anche dell’eterosessualità. Poiché il nostro mondo post-freudiano associa ogni tipo di attrazione fisica e affetto interpersonale con il desiderio erotico genitale, un’amicizia intima con una persona dello stesso sesso ed un apprezzamento casto per la bellezza di qualcuno del proprio stesso sesso sono diventati quasi impossibili. (Freud, a proposito, è stato uno degli autori più influenti del pernicioso mito dell’essenzialismo dell’orientamento).

Per gli "eterosessuali" in particolare, avvicinarsi ad un amico dello stesso sesso finisce per sembrare perverso e provano disagio se impressionati dalla sua bellezza. Per evitare di essere scambiati per gay, al giorno d’oggi molte persone sedicenti etero - uomini soprattutto – si accontentano di rapporti superficiali con i loro compagni e riservano il tipo di intimità impegnativa, che un tempo caratterizzava tali caste relazioni con persone dello stesso sesso, per le sole partner amorose. Il loro orientamento sessuale, apparentemente normale, li priva di un aspetto essenziale della realizzazione umana: la vera amicizia.

I primi usi del termine "eterosessualità" ci danno un ulteriore motivo di dubitare del fatto che dovremmo celebrarne l'idea con troppo entusiasmo. È vero che anche alla fine del XIX secolo, a volte l'etichetta è stata impiegata solo per indicare "sesso normale". Ed è così che, naturalmente, ancora oggi tendiamo a usare il termine "eterosessuale", che io sostengo essere drammaticamente confuso.

Ma un altro significato importante del termine all’epoca della sua invenzione, compreso il suo primo uso registrato nella lingua inglese nel 1892, continua a informare la nostra concezione distorta della sessualità umana, anche se questa definizione secondaria da allora è andata fuori moda. Nella sua definizione alternativa, il termine non indicava"sesso normale", ma piuttosto una diversa forma di devianza sessuale, come la sua controparte omosessuale, per quanto riguarda il suo disprezzo per la procreazione, ma si differenziava per l'oggetto proprio delle sue inclinazioni lussuriose.

La sfortunata storia del termine "eterosessuale" che abbiamo scelto di dimenticare è che questa parola è entrata nella lingua inglese come etichetta per un disturbo indicante una perversione sessuale che si compiaceva di atti sessuali sterili. Di solito questi desideri sono rivolti verso persone di sesso opposto, ma anche questo limite era sfocato, perché, come si è scoperto, una volta che lo scopo generativo del sesso era stato accantonato, spesso importava molto poco chi fosse il partner dell’attività masturbatoria dell’eterosessuale.

I nostri antenati cristiani sarebbero scioccati dalla nostra condiscendenza con l'orientamento sessuale. L'unica ragione per cui questo programma non ci allarma come avrebbe fatto con loro è che noi siamo stati sistematicamente indottrinati dall'infanzia, specialmente i più giovani tra di noi. Prendiamo un esempio analogo con cui non abbiamo altrettanta familiarità e consideriamo come avremmo reagito se un diverso tipo di categoria si fosse imposto nel nostro vocabolario culturale.

Slate recentemente ha pubblicato un articolo intitolato "Il poliamore è una scelta?", in cui sosteneva che, in aggiunta alle inclinazioni verso uomini o donne, ci possono essere anche orientamenti sessuali, innati ed immutabili, costituiti dalla fedeltà - e infedeltà. Dan Savage dovrebbe esserne orgoglioso.

Immaginate se quelle persone, che pensano che saranno più soddisfatte romanticamente da una relazione sessuale esclusiva ed impegnata, iniziassero a identificarsi come "fedeli", mentre quelli di solito più eccitati dalla prospettiva della promiscuità sessuale illimitata iniziassero a identificarsi come "infedeli". Non lo troveremmo forse preoccupante, soprattutto quando uomini e donne cristiani iniziassero ad adottare quest'ultima etichetta per identificarsi, ammettendo anche di essere "infedeli" come una ragione per non sposarsi, in quanto non sarebbero sufficientemente soddisfatti dalla vita sessuale a cui si impegnerebbero con i voti coniugali?

In questa analogia ovviamente l’"Infedeltà" ha il ruolo dell’omosessualità. Ma sia che consideriamo il numero dei partner sessuali che il loro genere, come non restare scioccati quando i nostri fratelli cristiani adottano un'identità che si distingue essenzialmente dal suo opposto per nient'altro che una particolare forma di tentazione al peccato? Questo è l'opposto della libertà cristiana. Naturalmente, tutti noi siamo feriti e tentati e abbiamo bisogno dell’assistenza divina. Ma mentre noi continuiamo a lottare contro queste tentazioni peccaminose, ciò che ci è stato dato in Cristo Gesù è la liberazione dalle catene del peccato che ci rivendica come propri.

Tantomeno apparteniamo alle nostre trasgressioni. Allora perché creare identità per noi stessi utilizzando il peccato come standard? Non m’interessa quanto possa sembrare attraente la promiscuità. Tu non sei certamente "un infedele". Sicuro, potremmo costruire categorie sociali che farebbero apparire ovvio e connaturale, parlare in quel modo. Ma per il cristiano fare così, o partecipare volentieri a questo sistema una volta che è stato costruito intorno a lui, sarebbe decisamente sbagliato.

Io non sono il mio peccato. Io non sono la mia tentazione al peccato. Sono stato liberato da questa schiavitù dal sangue di Gesù Cristo. Io, per essere sicuri, ho tutti i tipi di identità, soprattutto nella nostra impazzita età ultra-psicoanalitica. Ma almeno, nessuna di queste identità dovrebbe essere essenzialmente definita dalla mia attrazione per ciò che mi separa da Dio.

L'altro lato di questa analogia, ispirata da Slate, mette in luce i mali caratteristici della eterosessualità. Nonostante la nostra giustificata disapprovazione dei cristiani che s’identificano in modo disperante come "infedeli", non ci sarebbe qualcosa di ancora più assurdo e feroce nella loro vanagloriosa auto-identificazione come "fedeli"? Mettiamola così: Il fatto che i miei desideri erotici tendono ad assumere una sola persona per loro oggetto piuttosto che un pluralità, rappresenta necessariamente una qualche intrinseca qualità morale da parte mia? Del resto, è indice che i miei desideri sono virtuosi o penso, più probabilmente, indichi semplicemente che mi capita di non essere fortemente tentato da uno dei molti potenziali abusi del piacere sessuale? Come le cosiddette persone "fedeli", gli "eterosessuali" non sono modelli di castità solo perché evitano la tentazione del giorno.

Tuttavia, nonostante l'illogicità di tutto questo, "le persone etero", tendono ancora a ricevere maggiori vantaggi sociali dalla loro denominazione e, quindi, lo smantellamento dello schema degli orientamenti li minaccia molto più di quanto non facciano i loro correlativi "gay" e "lesbiche". Come Jenell Williams Paris del Messiah College scrive nel suo libro The End of Sexual Identity, "Fondare l’etica sessuale nella nostra umanità più che nelle categorie di identità sessuale contemporanee... ha un costo per gli eterosessuali", perché "li mette in gioco come giocatori invece che arbitri". Per questo motivo, però, sono i sedicenti eterosessuali che possono rivelarsi più efficaci nel guidare la nostra casta offensiva contro l'orientamento sessuale, sacrificando la loro poco cristiana coperta di sicurezza dell’ "eterosessualità" per il bene della caritas in veritate.

Eppure sia che noi cristiani scelgiamo o meno di aderire alla battaglia, nel tempo, l'orientamento sessuale finirà inevitabilmente fuori moda: possiamo solo scegliere semplicemente se vogliamo cadere con esso. Una ragione ovvia per la sua fine inevitabile è che il sentimento è molto più volubile di quanto quei precoci agitatori psicosessuali credessero. L'evidenza empirica mostra come le loro rigide categorie risultino essere radicalmente insufficienti.

Un secondo fattore nella caduta inevitabile dell'orientamento sessuale è che queste categorie etero/omo non possono costituire un fondamento logico per le norme sessuali, per come furono intese. Gli essenzialisti dell’orientamento originali non potevano nemmeno offrire una ragione di principio per preferire l'eterosessualità all'omosessualità, il fulcro della loro posizione. Lasciato con nient'altro che sensibilità ereditate e regole arbitrarie, il loro criterio eteronormativo non è riuscito, laddove il suo predecessore procreativo era riuscito per secoli, ad offrire valide ragioni per le regole.

Il fallimento filosofico ha condannato l'impresa dell’orientamento per tutta la sua esistenza. Poiché l’inadeguato standard eteronormativo ha lasciato le istanze della lussuria per il sesso opposto completamente intatte, i peccati considerati precedentemente mortali, come la masturbazione, la pornografia, la fornicazione, la contraccezione e la sodomia maschio-femmina, sono stati progressivamente tollerati; eppure, eliminate tutte queste prescrizioni, comprensibilmente, ha cominciato ad apparire incoerente e quindi ha pregiudicato il continuare ad insistere sul divieto per la sodomia tra persone dello stesso sesso. La struttura dell’essenzialismo dell’orientamento, che doveva essere una difesa infallibile contro la dissolutezza omosessuale, così divenne l'arma più forte nel suo arsenale.

Il che ci porta alla conclusione, forse più sorprendente, ragione per cui l'orientamento sessuale cadrà: ha quasi esaurito la sua utilità politica, che ha sempre avuto una data di scadenza. Il piano dei conservatori morali del XIX secolo per l'orientamento è fallito, naturalmente, quando quelle che avrebbero dovuto essere condizioni psichiatriche normativamente diseguali, si sono evolute in identità psicologiche moralmente indistinguibili.

Eppure neanche il liberalismo se n’è molto avvantaggiato, tra Romer e Lawrence e Windsor[2] e ENDA[3], restano da sistemare pochissimi problemi di "diritti dei gay". L’orientamento sessuale potrebbe avere ancora pochi anni di utilità politica, ma molti progressisti già si vantano di poter rottamare l'assurdo mito delle categorie naturali ed essere soddisfatti, avendo avviato una irresistibile tendenza di liberalizzazione che continuerà a ritmo sostenuto, con o senza di esse. Prima o poi, le affermazioni della torre d'avorio dei teorici queer diventeranno ortodossia culturale.

Anche se mi aspetto che molti pensatori cristiani conservatori troveranno Foucault uno strano compagno di viaggio, vorrei suggerire che il nostro supporto alla sinistra radicale su questo tema dovrebbe essere entusiasta, anche se deve essere attentamente circoscritto. In sostanza, dobbiamo unire con entusiasmo le nostre voci a quelle dei teorici queer poststrutturalisti nelle loro critiche vigorose degli ingenui essenzialisti dell’orientamento, che pensano erroneamente che "etero" e "gay" siano naturali, neutrali e classificazioni fuori dal tempo.

Il loro storicismo disilluso mette questi genealogisti della sessualità nella posizione unica di percepire gli inganni dell’orientamento sessuale, e mentre noi cristiani non ne abbiamo bisogno di per sé, comunque, in modo accidentale al momento presente, può rivelarsi una grande risorsa. Ironia della sorte, questi esponenti della sinistra radicale possono essere gli unici in grado di guarire la cecità che ultimamente ci siamo autoinflitti in modo poco saggio, adottando acriticamente il linguaggio dell’etero-omosessualità.

Tuttavia, mentre possiamo e dobbiamo consigliare la diagnosi dei teorici queer per l'assurdità che oggi affligge le diffuse categorie sessuali, tuttavia, non possiamo sottoscrivere la loro terapia. Jonathan Ned Katz, Hanne Blank ed i teorici queer contemporanei in generale, mirano a spiegare in modo genealogico il rigido sistema degli orientamenti proprio perché credono che questo darà loro la libertà e il potere di fare, disfare e rifare la propria sessualità come meglio credono.

Vogliono abbattere queste fallimentari costruzioni sociali non per costruire o forse ritrovare tra le macerie qualcosa di meglio al loro posto, ma perché sperano di raggiungere un grado ancora maggiore di libertinaggio sessuale, anche a costo di avallare una sorta di miserabile nichilismo sessuale. Per parafrasare Dostoevskij, questi radicali vorrebbero credere che se l'orientamento non esiste, allora tutto è lecito.

Il cristiano non può naturalmente seguirli su questa strada perniciosa. Ma non credo neanche che il cristiano possa accontentarsi dell’odierna ingannevole e disperante tassonomia. Tenete a mente queste mie parole: i teorici queer insisteranno per smantellare la cosa in breve tempo. Anche la nostra cultura popolare sta cominciando a mostrare segni di stress. La lunga lista, in continuo aumento, degli orientamenti dimostra l'insufficienza di tali categorie stereotipate. E il concetto ormai familiare di "hasbian"[4] suggerisce che queste identità sono molto meno statiche di quanto siamo stati inizialmente portati a credere. (Si pensi, per esempio, alla nostra nuova first lady di New York ex - omosessuale).

La domanda è, una volta che questa struttura dell’orientamento sessuale crollerà, che cosa la sostituirà: l’etica nichilista dei teorici queer per cui tutto va bene, o la visione cristiana classica da cui tutto è cominciato, la visione che prende come suo fine e principio strutturante quello coniugale-procreativo, valutando le passioni in funzione della natura e non viceversa?

Il ruolo di chi oggi difende la castità cristiana, ritengo sia quello di dissociare la Chiesa dal falso assolutismo dell'identità basata sulla tendenza erotica e riscoprire il nostro fondamento antropologico per le massime morali tradizionali. Se non vogliamo essere spazzati via con la modernità degli essenzialisti dell’orientamento, allora dobbiamo ricordare al mondo che la nostra etica sessuale non è mai stata veramente compatibile con l’impostazione moderna, e che quindi abbandonare quest’ultima non deve condurre ad un libertinismo nichilista postmoderno. Nella tradizione cristiana classica vi è un terreno più solido su cui poggiare. Anzi, mi sembra l'unico su cui poter ancora costruire.

La Bibbia non ha mai chiamato l'omosessualità un abominio. Né potrebbe averlo fatto, come abbiamo visto, il Levitico precede qualsiasi concezione dell'orientamento sessuale almeno da un paio di millenni. Quello che le Scritture condannano è la sodomia, a prescindere da chi la commetta o perché. Eppure, come ho sostenuto in questo articolo, ai nostri giorni l’omosessualità merita di essere considerata negativamente così come l'eterosessualità.

Per quanto riguarda la morale sessuale, abbiamo raggiunto un punto in cui non possiamo più limitarci a criticare le risposte inadeguate della modernità. Come nostro Signore nei racconti evangelici, dobbiamo anche corregere le sue domande così inadeguate. Piuttosto che affannarci per cercare di vivere come un "omosessuale cristiano" o, se è per questo, la questione ancora più problematica di come vivere come un "eterosessuale cristiano" - dovremmo insegnare ai nostri fratelli cristiani, soprattutto a quelli negli anni giovanili di formazione, che queste categorie sono inutili.

Essi sono invenzioni recenti, del tutto estranee alla nostra fede, insufficienti per giustificare norme sessuali e contrarie alla vera antropologia filosofica. È giunto il momento per noi di sradicare, per quanto possiamo, l'orientamento sessuale dalla nostra visione del mondo, naturalmente, con la dovuta prudenza per casi particolarmente complicati.

Se Papa Francesco ha ragione quando dice che contestualizzare il nostro discorso morale è un prerequisito necessario per essere convincenti o almeno comprensibili con i nostri interlocutori, allora abbandonare l’eteronormatività e resuscitare la nostra tradizione di castità familiare-teleologica è l'unico modo per spiegare adeguatamente l'etica sessuale cristiana.



[1] Michael W. Hannon si prepara ad entrare nella vita religiosa con i Norbertini di St. Michael’s Abbey a Orange County, California.
Traduzione dell'articolo originale in lingua inglese pubblicato il 3. 1. 14 su First Things
Un ringraziamento particolare all'amico Arthur R. che ha condiviso con me le fatiche della traduzione nel corso della settimana santa 2014.
[2] Sentenze della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America sulla discriminazione delle persone omosessuali (ndt)
[3] Employment Non-Discrimination Act (ndt)
[4] Termine che identifica una donna precedentemente lesbica e che ora si trova in una relazione eterosessuale (ndt)

Nessun commento: