giovedì 20 settembre 2018

9 ANNI! - Un'opzione d'amore

Sono una persona molto riservata. Questo è dovuto alla mia natura e un po' sicuramente anche alle mie vicissitudini personali. E' un tratto del mio carattere che non è scomparso in questi 9 anni di percorso al di là di una presunta identità gay, che poi ho scoperto non esistere o meglio essere solo una prigione autoimposta che m'impediva di connettermi con il vero me stesso, gli altri e Dio; in una parola m'impediva di godere di quella gioia che Dio ha preparato per me.
Eppure ad un certo punto della mia storia - e non esattamente secondo la mia volontà - sono finito anche in televisione!
È stata una prova terribile per me che ho sempre trattato gli aspetti della mia sessualità in modo molto riservato, potrei dire quasi che è stata una forma di violenza. Ma non tutti i mali vengono per nuocere. Dopo un primo istante di smarrimento, e perché no, anche di paura, ho offerto subito al Signore quella mia sofferenza e quel dono è stato fecondo. Da quel momento non ho avuto più remore a donarmi negli incontri pubblici, con testimonianze e conferenze. Questo ha moltiplicato il messaggio di speranza che c'è vita al di là dell'omosessualità e che vita! Moltissime sono le persone che ho conosciuto e la condivisione delle loro esperienze - di cui sono grato- è stata una ricchezza che ha contribuito grandemente non solo alla mia sobrietà ma anche alla mia crescita nel dono di sé: il vero amore.
Parlare in pubblico o con sconosciuti di aspetti così personali è stata una bella "scartavetrata" per il mio ego che mi ha cambiato in meglio. Gli amici mi vedono sereno, sempre più assertivo, consapevole e spirituale. Questo non significa che i miei difetti di carattere siano scomparsi ma c'è stato un apprezzabile incremento qualitativo della mia vita, soprattutto vorrei dire che sono cresciuto nell'amore di me stesso e nella pace interiore.
Il segno più concreto di questo cambiamento è il desiderio di uscire da me per andare verso gli altri, il bisogno che sento di trascendermi per realizzarmi, una necessità impellente che si oppone in modo diametralmente opposto a quel ripiegamento su me stesso che "puzza" di morte: da solo non mi basto.
Ma come fare? I miei ritmi di vita sono radicalmente cambiati negli ultimi tempi, ho molte meno occasioni d'incontrare altre persone con attrazione per lo stesso sesso. Non riesco più a dedicarmi al volontariato, viaggiare e anche scrivere queste brevi note lo faccio rubandomi un po' di sonno.
Oggi la cifra della mia vita è quella di una silenziosa e ordinata quotidianità quasi monastica: sveglia all'alba, preghiera, meditazione lodi e S. Messa per cominciare una giornata di lavoro, ciò che resta è dedicato alla cura della casa e agli affetti familiari.
Sono giunto alla fine del viaggio? Non lo credo, so che in me c'è un'irrequietezza che non fatico a definire esistenziale, il desiderio per Qualcosa che è oltre la scena di questo mondo, una sete che non si disseta. Sono grato per quanto ricevuto, spero di aver reso almeno in parte il grande dono della libertà e dell'amore ma sento che è giunto il momento per una discontinuità verso nuove prospettive, quali ancora non lo so, quel che è certo è che voglio - ho bisogno- di donarmi e che Dio saprà mostrarmi il cammino.
Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare,
il coraggio di cambiare quelle che posso
e la saggezza di conoscerne la differenza.
Sia fatta la tua volontà non la mia.

martedì 26 settembre 2017

8 anni: Il rischio dell'Amore (non è l'AIDS!)

Oggi (21 settembre 2017) celebro, è proprio il caso di dirlo, celebro perché le cose buone si festeggiano e sarebbe segno di scortesia non ringraziare per i doni ricevuti. Dunque celebro VIII (otto, dico 8) anni dall’inizio del mio percorso oltre i confini dell’identità omosessuale, otto anni di crescita nella consapevolezza della mia vera identità di figlio amato di Dio, nel rapporto con il mio corpo e nella relazione con gli altri.

Occorre festeggiare per la grazia della fede, per le intuizioni sulla mia realtà personale e sul mondo che mi circonda, per la perseveranza nonostante la mia fragilità, per la vita di preghiera e quella forma straordinaria di amore che è l’amicizia.

Com’è consuetudine, scrivo infatti ogni anno - dal principio del mio cammino - un breve post con una riflessione maturata negli ultimi mesi. Quest’anno il catalizzatore dei miei pensieri è stato un articolo in cui un giornalista cattolico, per argomentare contro certe discutibili posizioni del quotidiano Avvenire, finiva per negare la capacità di amare alle persone che hanno un’inclinazione omosessuale. Ovvero - secondo il giornalista - la tendenza inficerebbe il valore degli affetti, affermando paradossalmente lo stesso principio dell’ideologia gay, secondo cui la tendenza (omosessuale) determina l’identità (gay) e quindi gli atti (genitali) necessari perché la persona si realizzi.

La verità è che le emozioni sessuali sono estremamente variabili e non determinano proprio un fico secco quanto ad identità della persona. Ricordiamo come l’identità è ciò per cui una persona è quello che è e si distingue da quello che non è. Quindi un concetto fondativo, essenziale, immutabile altro che emozioni e volubili desideri. 

Ma torniamo al punto, la persona con attrazione per lo stesso sesso (ASS) può amare - come chiunque altra - nelle forme dell’affetto, amicizia, eros e carità (vedi il bel volume di C.S. Lewis sui Quattro amori), non è determinata ad atti omogenitali che “non sono il frutto di una vera complementarità affettiva” (CCC 2357). A tal proposito sempre la Chiesa ci ricorda come “dev'essere comunque evitata la presunzione infondata e umiliante che il comportamento omosessuale delle persone omosessuali sia sempre e totalmente soggetto a coazione” (HP 11).

Ma allora come si esprime quest’amore?
Quelle che seguono vogliono essere solo note di buon senso ed esperienza personale, senza la pretesa di farne un trattato di teologia morale.

Castità
Vorrei partire da una considerazione sulla castità, questa proprio in quanto virtù è una forza, qualcosa di positivo che esprime in pieno la persona e non può essere ridotta ad una serie di precetti negativi. Chi pensa che castità ed astinenza siano sinonimi ha una ben ristretta visione della morale. Certo la virtù implica un fare il bene ed un astenersi dal male, ma prima di tutto un uscire fuori da sé con i rischi che questo comporta. Questa virtù si realizza nel modo corretto di esprimere affetti e amicizia con parole o gesti coerenti col proprio stato: due amici, pur amandosi di vero amore, non sono marito e moglie, credo che questo sia chiaro.

Amicizia
David e Gionata
L’amicizia, quella vera: sana, solida, casta è un motore straordinario della maturazione psicoaffettiva della persona e strumento necessario per vivere la castità. Mi piace citare qui testualmente il Catechismo (2347):

«La virtù della castità si dispiega nell'amicizia. Indica al discepolo come seguire ed imitare colui che ci ha scelti come suoi amici, si è totalmente donato a noi e ci ha reso partecipi della sua condizione divina. La castità è promessa di immortalità.

La castità si esprime particolarmente nell'amicizia per il prossimo. Coltivata tra persone del medesimo sesso o di sesso diverso, l'amicizia costituisce un gran bene per tutti. Conduce alla comunione spirituale».

Frodo e Sam
Occorre innanzitutto smontare il “mito” secondo cui intimità e sesso siano sinonimi, vivere la castità non significa isolarsi, tutt’altro, è aprirsi agli altri nel dono gratuito di sé e la vera intimità stà nel mostrarsi all’altro vulnerabili senza timore. Nemica giurata di questa vera intimità è la promiscuità, una sorta di protezione contro la sofferenza temuta e/o vissuta, che c’impedisce di entrare in contatto con la parte più vera di noi stessi.

Questo però non significa volersi rifugiare in uno spiritualismo disincarnato. Siamo fatti anche di carne ed ossa, la persona è costituita da un’unità di materia e spirito che risuonano una nell’altro nel mistero della vita.

Contatto fisico significa toccare ed essere toccati e questo può avvenire in un senso costruttivo solo se armonizzato dal dominio di sé, altrimenti rischia di essere una potente forza che si rivolge contro le persone impedendone l’accettazione e la piena consapevolezza del proprio corpo, lo sviluppo relazionale, la conoscenza reciproca, il dono di sé, in una parola l’Amore vero.

Se lo sguardo cambia e viene superato il confine tra il dono di sé e l'autocompiacimento, cioè prende il sopravvento la reificazione dell’altro e il desiderio di fusionalità [fare dell’altro una cosa da possedere e non rispettarne la libertà], il contatto fisico diventa quella sorta di “amore” che separa invece di unire.

Appare chiaro quindi che solo l’integrità personale possa costituire il presupposto di un sano contatto fisico negli amici: l’amicizia è un dono per i buoni [non i perfetti, ma coloro che desiderano il bene], i cattivi tutt’al più possono essere complici e la loro non sarà fedeltà ma pertinacia.

Il bacio di Giuda
Cimabue, Il bacio di Giuda
Ed ora veniamo al sodo, come esprimere quest’affettività? Abbiamo visto che gli atti omogenitali non sono atti d’amore, e non esiste uno speciale tipo di “amore omosessuale” perché l’amore è personale, cioè relativo alla persona - non all’inclinazione - e come tale è necessariamente casto oppure non è amore, ma solo una tragica illusione. Ma allora quegli atti che non coinvolgono direttamente la genitalità che fine fanno? Restano in un limbo di scrupoli e confessioni o hanno un “senso”? Consideriamo un caso specifico, le cui conclusioni possono essere estese per analogia ad altre situazioni.

Il bacio è un promessa d’intimità che non può realizzarsi tra due persone dello stesso sesso perché mancano le premesse in termini di fecondità, complementarietà e unione (non è il solo godimento fisico ad “unire” due persone ma l’apertura alla vita dell’atto che è segno di co-creazione con Dio).

Così il bacio sulla bocca, ancor più con la lingua, non è più una promessa ma una bugia, le cui prime vittime sono le persone che credono – anche se in buona fede e sulla spinta dell’emozione – di esprimere in modo corretto la propria affettività e di trovare così la tanto desiderata intimità.

Ambiguità
Occorre evitare ogni ambiguità, l’amicizia non è un “tu ed io” autocontemplanti, proprio del rapporto monogamico che custodisce la fecondità, ma un noi plurale aperto a nuovi arricchimenti dall’esterno proprio perché in questo caso la fecondità (spirituale) è garantita dal crescere del numero degli amici che non divide l’amore ma lo moltiplica.

Coltivare l’amicizia
L’alternativa all’amicizia è quell’isolamento che rappresenta terreno fertile per la promiscuità e sicuramente rende più difficile una vita realizzata e felice. C’è infondo all’anima di ciascuno di noi un profondo desiderio d’intimità che chiede di realizzarsi nella vita, come abbiamo visto sopra, quest’autentica intimità può spaventare e da qui la fuga verso un surrogato genitale che invece di mostrare la persona a se stessa la nasconde, reprimendola.

La mia conversione mi ha portato a scoprire che, nonostante l’esperienza nello stile di vita gay, è possibile una via di mezzo sana e percorribile fra l’esposizione imprudente al peccato e l’isolamento dagli altri esseri umani e che l’intimità non equivale ad attività sessuale esplicita.

Il principale nemico dell’amicizia è l’odio verso se stessi e paradossalmente il narcisismo, entrambi indice di un difetto di vera autostima.

In parole semplici bisogna imparare ad amarsi e per far questo occorre ricevere approvazione per quello che si è e non per quello che si può fare, così da giungere alla consapevolezza di essere amabili e capaci di ricambiare tale amore.

Il rischio
C. S. Lewis, I quattro amori
Vorrei concludere questi brevi pensieri con una breve citazione di C.S. Lewis [I quattro amori], che sintetizza meglio di ogni mia parola le riflessioni dedicate a quest’anniversario di recupero:

«Non esiste investimento sicuro: amare significa in ogni caso, essere vulnerabili. Qualunque sia la cosa che vi è cara, il vostro cuore prima o poi avrà a soffrire per causa sua, e magari anche a spezzarsi. Se volete avere la certezza che esso rimanga intatto, non donatelo a nessuno, nemmeno a un animale. Proteggetelo avvolgendolo con cura in passatempi e piccoli lussi; evitate ogni tipo di coinvolgimento; chiudetelo col lucchetto nello scrigno, o nella bara, del vostro egoismo. Ma in quello scrigno -al sicuro, nel buio, immobile, sotto vuoto- esso cambierà: non si spezzerà; diventerà infrangibile, impenetrabile, irredimibile. L'alternativa al rischio di una tragedia, è la dannazione. L'unico posto, oltre al cielo, dove potrete stare perfettamente al sicuro da tutti i pericoli e turbamenti dell'amore è l'inferno».

Correte il rischio di amare: ne vale la pena!

mercoledì 28 dicembre 2016

Quando non è opportuno ammettere al sacerdozio

Intervista con il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica, sull’Istruzione circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al seminario e agli ordini sacri




Intervista con il cardinale Zenon Grocholewski di Gianni Cardinale

Il 29 novembre è stata pubblicata l’Istruzione della Congregazione per l’educazione cattolica «circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al seminario e agli ordini sacri». Il documento, approvato in forma semplice dal Papa il 31 agosto, porta la firma del prefetto del dicastero, il cardinale Zenon Grocholewski, e del segretario, l’arcivescovo canadese Michael J. Miller, membro della Congregazione di San Basilio. 
Il cardinale Zenon Grocholewski


Il cardinale Zenon Grocholewski

Per illustrare i principali contenuti dell’Istruzione, 30Giorni ha posto alcune domande al cardinale Grocholewski. Il porporato, nato 66 anni fa in Polonia (arcidiocesi di Poznan), lavora nella Curia romana fin dall’epoca di Paolo VI. Dopo aver studiato nell’Urbe, Grocholewski infatti, da semplice sacerdote, ha cominciato subito a lavorare nella Segnatura apostolica, di cui è diventato segretario nell’82 e prefetto nell’ottobre del 1998. L’anno successivo è stato chiamato a guidare la Congregazione per l’educazione cattolica, e nel 2001 è stato creato cardinale. 

Eminenza, quali sono i motivi che hanno dato origine all’Istruzione? 
ZENON GROCHOLEWSKI: Negli ultimi anni si sono diffuse opinioni errate o ambigue secondo le quali l’omosessualità sarebbe una tendenza naturale, iscritta nella natura umana accanto alla tendenza eterosessuale. Si è affermato che considerare l’omosessualità un disordine sarebbe una discriminazione e che atti omosessuali sarebbero giustificabili. Non solo. Le persone avrebbero un diritto a compiere questi atti. La diffusione di queste idee ha già provocato ripetuti interventi della Congregazione per la dottrina della fede. Si tratta infatti di opinioni che non trovano alcuna giustificazione nella dottrina della Chiesa: sono contrarie alla legge naturale, sono contrarie all’insegnamento della Sacra Scrittura e alla costante Tradizione della Chiesa. E visto che queste opinioni sono in qualche modo penetrate anche in alcuni ambienti ecclesiastici, la nostra Congregazione è stata invitata a intervenire da molti vescovi, da molti superiori di seminari e dalla stessa Congregazione per la dottrina della fede.

Questo intervento è stato determinato solo dalla diffusione di opinioni erronee o anche perché nei seminari il fenomeno dell’omosessualità ha assunto dimensioni rilevanti? 
GROCHOLEWSKI: Sarebbe ingiusto dire che si tratta di un problema rilevante a livello della Chiesa universale. Si può dire però che in alcune aree geografiche il problema è più preoccupante.

Nella genesi dell’Istruzione ha avuto un ruolo anche la crisi dei sacerdoti accusati di pedofilia che ha colpito la Chiesa cattolica negli Stati Uniti? 
GROCHOLEWSKI: In qualche modo sì, anche se la genesi del documento è precedente all’esplosione della crisi statunitense, che quindi non può essere considerata la causa di questo documento. 


Un’ordinazione sacerdotale nella Basilica di San Pietro


Un’ordinazione sacerdotale nella Basilica di San Pietro

L’Istruzione ha ricevuto delle critiche anche all’interno del mondo ecclesiastico. L’ex maestro generale dei Domenicani, padre Timothy Radcliffe, sul Tablet ha scritto di non avere dubbi che Dio chiama omosessuali al sacerdozio e che costoro «sono tra i più impegnati e dedicati preti che ho incontrato»… 
GROCHOLEWSKI: Sappiamo che ogni vocazione sacerdotale è una chiamata del Signore, ma questa chiamata avviene tramite la Chiesa, nella Chiesa e per la Chiesa. Per questo la Chiesa ha il diritto, anzi il dovere di determinare i requisiti necessari per essere ammessi al sacerdozio. Non si può negare che anche alcuni con tendenze omosessuali possono esercitare il sacerdozio in maniera esemplare. L’oggetto del nostro documento tuttavia è il fatto che non è opportuno chiamare al sacerdozio queste persone. Capisco che si tratti di una decisione grave, ma non è stata presa alla leggera.

In che senso? 
GROCHOLEWSKI: Non l’abbiamo presa da un giorno all’altro, con leggerezza. Abbiamo consultato più Congregazioni della Curia romana: quella per la dottrina della fede, per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, per l’evangelizzazione dei popoli, per il clero, per le Chiese orientali. Abbiamo discusso il documento in tre Assemblee plenarie della Congregazione, fino all’approvazione avvenuta nella riunione plenaria di quest’anno, cui hanno partecipato una trentina di cardinali provenienti da tutte le parti del mondo. È un documento frutto di riflessione e di discussione anche con esperti in materia. Alla fine si è deciso, appunto, che non è opportuno ammettere al sacerdozio chi pratica l’omosessualità, chi ha tendenze radicate all’omosessualità e chi promuove la cosiddetta cultura gay. Riteniamo per motivi pratici, di esperienza, e fondati sulla dottrina della Chiesa che non sia opportuno ammettere queste persone al sacerdozio, a causa di difficoltà che possono nascere; e l’esperienza ci ha insegnato che nascono!

Qual è il significato dell’espressione «tendenze profondamente radicate»? Quale può essere il caso di una tendenza omosessuale non «profondamente radicata»? 
GROCHOLEWSKI: Non esiste uno strumento scientifico per misurare quanto profondamente sia radicata una tendenza. Il nostro documento comunque aiuta a discernere se si tratta di una tendenza profondamente radicata, ossia permanente e generata da un bisogno interno, o se si tratta di una tendenza transitoria causata da condizioni esterne. Come esempio di tendenza transitoria il nostro documento enumera il caso di un’adolescenza non compiuta. Ma ci possono essere anche altri casi. Ad esempio il caso di chi ha compiuto atti omosessuali in uno stato di ubriachezza, o di chi lo ha fatto a seguito di determinate circostanze, come l’aver vissuto per molti anni in un carcere. O di chi lo ha fatto per accondiscendenza verso un superiore o per guadagnare soldi. In questi casi comunque, per prudenza, per verificare che si tratti di una tendenza effettivamente transitoria, è bene che sia passato un tempo congruo, che il documento stabilisce in tre anni, prima che si proceda all’ordinazione diaconale.

L’Istruzione riguarda i seminari. E per quanto riguarda i sacerdoti già ordinati con tendenze omosessuali? 
GROCHOLEWSKI: Evidentemente, queste ordinazioni sono valide: non si può affermare la loro invalidità. Anche quando una persona scopre la propria omosessualità dopo l’ordinazione sacerdotale, deve ovviamente realizzare il proprio sacerdozio, deve cercare di vivere in castità, essere fedele all’impegno preso e alla dottrina della Chiesa, come tutti gli altri sacerdoti. Forse avrà bisogno di maggiore aiuto spirituale di altri.

L’Istruzione è stata inviata con una lettera di accompagnamento, in cui si ricorda – appunto – che non è in discussione la validità delle ordinazioni già avvenute di candidati con forti tendenze omosessuali. Ma si invita a non far lavorare queste persone nei semi­nari… 
GROCHOLEWSKI: Anche in questo caso si tratta di un problema di opportunità. In seminario si trovano ragazzi, giovani. Quindi si tratta per un omosessuale di un ambiente, per così dire, molto provocatorio. Senza contare che una eventuale leggerezza da parte di uno di loro avrebbe un impatto molto profondo nella vita di un seminarista. Per la Chiesa uno dei problemi fondamentali è la formazione dei sacerdoti: di buoni sacerdoti che siano di aiuto anche all’apostolato dei laici. Per questo dobbiamo avere molta cura per ciò che avviene nei seminari. Questo è il motivo per cui abbiamo invitato i vescovi a evitare che nei seminari ci siano rettori ed educatori omosessuali.

Nell’Istruzione si invitano i seminaristi con radicate tendenze omosessuali ad auto­denunciare la propria situa­zione… 
GROCHOLEWSKI: Le parole del testo sono molto chiare: sarebbe «gravemente disonesto che un candidato occultasse la propria omosessualità per accedere, nonostante tutto, all’ordinazione. Un atteggiamento così inautentico non corrisponde allo spirito di verità, di lealtà e di disponibilità che deve caratterizzare la personalità di colui che ritiene di essere chiamato a servire Cristo e la sua Chiesa nel ministero sacerdotale». Qualora poi il padre spirituale o il confessore vengano a conoscenza del fatto che un seminarista ha radicate tendenze omosessuali, non possono ovviamente denunciare il fatto in foro esterno, ma devono fare il possibile per cercare di persuadere il seminarista a lasciare il cammino intrapreso.


Un gruppo di giovani seminaristi


Un gruppo di giovani seminaristi

Sempre secondo padre Radcliffe, con l’autodenuncia si corre il rischio che i candidati più sinceri abbandonino spontaneamente il seminario, mentre i più scaltri no… 
GROCHOLEWSKI: Sarebbe una tragedia. Spero proprio che nei seminari si crei un’atmosfera di fiducia e di collaborazione e che questo non avvenga. È una questione di onestà fondamentale per chi vuole diventare sacerdote. 

Nell’Istruzione non si fa il minimo cenno all’uso della psicologia… 
GROCHOLEWSKI: Il documento non voleva affrontare tutta la problematica connessa con la maturità affettiva e sessuale del candidato al sacerdozio. La psicologia e la psichiatria possono aiutare le persone a liberarsi dalle tendenze omosessuali o a vivere castamente la propria condizione. Queste scienze potrebbero essere di un certo aiuto anche per quelle persone che accidentalmente hanno avuto rapporti omosessuali senza avere una tendenza profondamente radicata. Ma il nostro documento non ha voluto affrontare queste tematiche.

Da anni si parla di un apposito documento della vostra Congregazione dedicato proprio all’uso della psicologia nei seminari… 
GROCHOLEWSKI: A questo proposito non ho nulla da dichia­rare. 

Padre Harvey evidenzia i punti di forza della nuova Istruzione

“Ottima perché non ha la pretesa di dare risposta ad ogni questione”, afferma il religioso, grande studioso, ed esperto nel campo dell’omosessualità. “La nuova Istruzione del Vaticano sui criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali è il chiarimento di cui la Chiesa aveva bisogno”.

Padre John Harvey, oblato di San Francesco di Sales, è Direttore di Courage International, un’organizzazione dedita al sostegno degli uomini e delle donne con tendenze omosessuali che desiderano vivere castamente secondo gli insegnamenti della Chiesa. Di seguito pubblichiamo le opinioni che il religioso ha voluto condividere con ZENIT su questo nuovo documento.

Qual è la sua impressione su questo nuovo documento del Vaticano relativo alle norme per l’accesso ai Seminari delle persone con tendenze omosessuali?

Mi sembra ottimo perché non ha la pretesa di dare risposta ad ogni questione; lo dice espressamente sin dall’inizio. Mi sembra che sia apprezzabile. L’intenzione è semplicemente quella di porre in chiaro alcune norme per i Vescovi, i Rettori e le persone che lavorano nei Seminari.
Mi sembra saggio lasciare alla responsabilità dei Vescovi e dei Rettori la necessità di approfondire questo argomento e prendere le opportune decisioni in merito ai singoli seminaristi. Credo che sia meglio così, piuttosto che dare risposte ad ogni singola questione.

Il documento è molto chiaro nel definire le due categorie incompatibili: coloro che praticano l’omosessualità o presentano tendenze omosessuali profondamente radicate, e coloro che sostengono la cosiddetta “cultura gay”, l’attivismo gay, il “gay è bello”. Le persone con questa impostazione non dovrebbero trovarsi in Seminario. Il documento precisa giustamente che occorre distinguere tra persone con tendenze omosessuali profondamente radicate e persone per le quali tali tendenze sono solo l’espressione di un problema transitorio. Questo è giusto poiché talune tendenze omosessuali potrebbero essere solo il sintomo di un’adolescenza ancora non compiuta.

C’è qualcosa del documento che l’ha sorpresa? O era come se l’aspettava?

Non ero sicuro di cosa sarebbe stato pubblicato. Non avevo un’idea precisa di cosa aspettarmi, speravo soltanto che non fosse una generica dichiarazione universale del tipo: “chiunque presenti attrazioni omosessuali è automaticamente escluso”. Fortunatamente non dice questo e consente di fare diversi distinguo. Mi ha sorpreso questa moderazione del documento che non si estende ad ogni situazione e che lascia molto alla discrezione dei teologi e degli psicologi. Ne sono rimasto molto colpito in maniera piacevole.

Qual è il significato di questa Istruzione del Vaticano e della politica di chiarimento della Chiesa sull’omosessualità e i Seminari?

Il significato è che si tratta di un documento per la Chiesa universale e non solo per la Chiesa negli Stati Uniti. Per anni, in seno alla Chiesa abbiamo avuto persone che promuovevano l’agenda gay; organizzazioni come Dignity, New Age Ministry, nonché sacerdoti gay e consacrate lesbiche. È ora che la Chiesa dica chiaramente che occorre fare attenzione ai seminaristi che presentano tendenze omosessuali. Ed essi, a loro volta, non dovranno nasconderle fino al punto di dire il falso. È anche importante che il documento sottolinei che una persona con tendenze omosessuali non è automaticamente esclusa dal Seminario.

Molti adolescenti affermano di avere attrazione per ragazzi dello stesso sesso. Questi potranno accedere ai Seminari se riusciranno a superare questo problema. C’è una netta differenza tra attrazioni omosessuali transitorie e tendenze omosessuali permanenti e deleterie. Siamo felici di aver ricevuto un documento che può trovare piena applicazione pastorale, ed io mi adopererò per questo.

Nell’ambito del discernimento vocazionale al sacerdozio o alla vita religiosa, ci sono dei modi per identificare e distinguere le attrazioni omosessuali, le tendenze omosessuali profondamente radicate e le carenze nella maturità affettiva?

Non è sempre facile identificare una tendenza omosessuale. La persona potrebbe nasconderla ed essere l’unica a saperlo. Ma gli psicologi e i teologi sono in grado di identificare le eventuali attrazioni omosessuali parlando con la persona in modo prolungato e approfondito.

I seminari devono avvalersi di buoni psichiatri cattolici per lavorare su questi aspetti, al fine di valutare bene se una persona presenti tendenze omosessuali transitorie o permanenti. Abbiamo bisogno di maggiori informazioni su come gestire gli adolescenti che affermano di essere omosessuali. Dobbiamo considerarli in modo serio ed insegnargli a vivere in modo casto. Questo è ciò che cerca di fare Courage International.

Una persona può essere casta e continuare ad essere attratta da persone dello stesso sesso. Non pochi sono riusciti in questo intento. Se un uomo è in grado di mantenersi in castità intorno all’età di 25 anni, vi è motivo di credere che sarà capace di continuare a vivere castamente.

Solo gli psichiatri saranno in grado di determinare se i seminaristi hanno tendenze omosessuali radicate; noi dovremo limitarci a dare loro ascolto su questo aspetto. Ogni seminarista con tendenze omosessuali deve rivolgersi ad uno psicologo cattolico, dandogli il permesso di poter riferire sul suo caso al Seminario. Questo è un comportamento responsabile.

Maturità affettiva significa aver acquisito, nell’età adulta, la capacità di gestire le proprie emozioni; di non lasciarsi andare. È un cattivo segno se una persona adulta, omosessuale o eterosessuale, non è in grado di dominarsi. È ben noto agli psicologi che una delle maggiori difficoltà con le tendenze omosessuali è che queste possono derivare da traumi subiti nel passato e dal rapporto con genitori e coetanei. Il trauma provoca problemi emotivi nella persona. Le tendenze omosessuali emergono presto nei bambini nella forma di una dissociazione dal genitore dello stesso sesso e di una incapacità di relazionarsi con i coetanei. Questo incide sul loro rapporto con le donne e con gli uomini per tutto il resto della loro vita.

Il documento lascia ai Superiori Generali la discrezionalità nel determinare se un candidato ha superato le tendenze incompatibili. Lei ritiene che questo discernimento sia affidato in buone mani?

Penso proprio di sì. Ciò che un buon Rettore fa, nel trattare con una persona che ha qualsiasi tipo di problema, è di ricorrere ad un professionista esterno equilibrato che possa dare il proprio apporto.

Nel caso di un seminarista con tendenze omosessuali, il Rettore dovrà permettere una valutazione da parte di uno psichiatra. Le questioni private potranno rimanere segrete, ma lo psichiatra dovrà poter riferire se si tratta di una persona idonea o non idonea a diventare sacerdote. Non si tratta di svelare i dettagli privati, ma solo di dare una valutazione. Sono sicuro che, con l’aiuto di buoni psicologi cattolici, essi saranno in buone mani.

C’è una parte del documento che secondo lei potrà essere soggetta a maggiori fraintendimenti, specialmente negli Stati Uniti?

Credo che più che fraintendimenti potranno sorgere difficoltà nella distinzione fra tendenze omosessuali profondamente radicate e tendenze transitorie. Credo che per approfondire bene questo punto avremo bisogno di un aiuto da parte degli psicologi. Inoltre, il documento non chiarisce il significato dell’espressione “disturbi sessuali”. A mio avviso l’espressione comprende masturbazione e pornografia, entrambi motivo sufficiente per chiedere ad un uomo eterosessuale di non entrare in Seminario. Tutti sono vincolati alla castità e i problemi di dipendenza non appartengono al Seminario.

Quali sono i frutti che si aspetta da questa Istruzione?

Credo che essa sarà origine di molti approfondimenti e studi relativi al lavoro nei seminari. Molte cose buone scaturiranno da questo documento. Esso non è stato pensato per essere perfetto ed esauriente. Si tratta di una dichiarazione di chiarimento indirizzata alla Chiesa.


La questione dell’omosessualità nella «Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis» Il compito del discernimento (di LOUIS J. CAMELI*)

Appena la Congregazione per il clero ha pubblicato, l’8 dicembre scorso, la nuova Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, i media statunitensi l’hanno descritta come una nuova proibizione per i “sacerdoti omosessuali”. In realtà, nelle sue oltre novanta pagine di testo, la Ratio offre una visione coerente e integrata della formazione sacerdotale, basata largamente sull’esortazione apostolica Pastores dabo vobis di Papa san Giovanni Paolo II e sugli insegnamenti di Papa Benedetto XVI e di Papa Francesco. I paragrafi della Ratio che affrontano il tema «Persone con tendenze omosessuali» sono tre (nn. 199-201). E questi paragrafi ripetono i punti salienti di un documento della Congregazione per l’educazione cattolica del 2005, l’Istruzione circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al seminario e agli ordini sacri. L’affermazione centrale dell’Istruzione del 2005, che viene ripresa dalla nuova Ratio fundamentalis è la seguente: «la Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione [vale a dire con tendenze omosessuali], non può ammettere al seminario e agli ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay» (Istruzione, n. 2; Ratio fundamentalis, n. 199). In un libro pubblicato nel 2012 (Catholic Teaching on Homosexuality: New Paths to Understanding, Ave Maria Press), ho cercato di spiegare il senso di questa importante affermazione. Ritengo che il suo vero significato potrebbe non essere immediatamente chiaro a un lettore casuale o a giornalisti che vogliono trasmettere informazioni a un pubblico largamente secolarizzato sulla questione carica di tensioni dell’omosessualità. Anche se i media vi leggono l’attuazione di un divieto, il testo dell’Istruzione del 2005 parla in modo molto diverso di «criteri di discernimento». Permettetemi di attingere al mio libro per spiegare con più precisione qual è la posta in gioco per l’Istruzione e per la Ratio fundamentalis.

Sono tre le categorie di persone che devono essere escluse dall’ammissione al seminario e agli ordini sacri: quelle che praticano l’omosessualità, quelle che presentano tendenze omosessuali profondamente radicate e quelle che sostengono la cosiddetta “cultura gay”. La prima e la terza categoria sono piuttosto chiare. Una persona sessualmente attiva viene esclusa perché non vive nel celibato. A una persona che sostiene la “cultura gay”, intesa come ambiente e movimento che appoggia atteggiamenti morali discordanti con l’insegnamento della Chiesa, non si può affidare il compito di insegnare alla comunità di fede e di guidarla. La seconda categoria, invece, non è altrettanto evidente: coloro che presentano tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa categoria esige maggiore riflessione e chiarimento.
Le «tendenze omosessuali profondamente radicate» sono in contrasto — secondo l’Istruzione — con ciò che esprime un problema transitorio o una fase della crescita che occorre attraversare e superare, qualcosa che appartiene essenzialmente allo sviluppo adolescenziale. In alcuni, i sentimenti o le tendenze omosessuali possono essere proprie dell’individuo, esprimendo però soltanto un fenomeno transitorio o uno sviluppo non ancora completo, non uno schema fisso della personalità o uno schema fisso del relazionarsi.

I sentimenti sono sentimenti e, qualunque essi siano, per tutti noi possono spaziare in una moltitudine di direzioni. Quand’è però che ci troviamo dinanzi a sentimenti omosessuali rivelanti tendenze «profondamente radicate» che indicano che un candidato non dovrebbe essere ammesso al seminario o agli ordini sacri? Permettetemi di suggerire quattro casi in cui ciò accade.

Quando le inclinazioni omosessuali portano alla formazione di un’identità organizzatrice centrale, c’è evidenza di tendenze profondamente radicate. Questa identità organizzatrice centrale diventa il centro di comando della vita. Sulla base di tale identità, la persona prende importanti decisioni per la propria vita, si relaziona con gli altri, investe tempo, energie e altre risorse e — in generale — percepisce se stessa e il mondo attraverso la lente dell’“essere gay”.

Quando le inclinazioni omosessuali diventano un centro primario di attenzione e persino di preoccupazione, c’è evidenza di tendenze profondamente radicate. Ciò a cui prestiamo attenzione definisce largamente le direzioni che seguiremo nella vita. Potrebbe esserci una qualche sovrapposizione con il concetto di identità organizzatrice centrale, ma qui l’enfasi è posta sulla costante consapevolezza di ciò che sembra importare di più e appare come una preoccupazione.

Quando le inclinazioni omosessuali creano un blocco delle nostre capacità relazionali, c’è evidenza di tendenze profondamente radicate. Il desiderio sessuale può essere tale da interferire e modellare la vita interpersonale in modi morbosi. Può significare una ridotta capacità di rapportarsi con le donne in modo maturo. O può significare un rapporto eroticamente teso e distorto con alcuni uomini. In altre parole, le inclinazioni sessuali modellano e addirittura distorcono la possibilità di un relazionarsi umano elementare e autentico.

Quando nell’intimo c’è un senso di inevitabilità riguardo all’agire sulla base di inclinazioni omosessuali e questo senso di inevitabilità è dilagante, c’è evidenza di tendenze profondamente radicate. In questo caso, il senso di inevitabilità rivela una mancanza di libertà e l’incapacità di dominare e di controllare il proprio comportamento. Ci sono tanti tipi di sentimenti che attraversano la nostra vita, alcuni molto positivi, altri piuttosto negativi e distruttivi. E questo vale per ognuno di noi. Sia l’Istruzione sia la Ratio fundamentalis evitano di passare dall’esistenza di sentimenti omosessuali a un divieto totale dell’ammissione al seminario o agli ordini sacri. Con grande saggezza e prudenza, tali documenti citano il compito essenziale del discernimento, quel movimento spirituale e dono dello Spirito santo che ci permette di identificare ciò che conduce a Dio e ciò che allontana da Dio. Il discernimento permette alle autorità del seminario e all’individuo di identificare ciò che è bene e giusto per l’individuo stesso e per la Chiesa.
*Teologo
sacerdote dell’arcidiocesi di Chicago

lunedì 3 ottobre 2016

PAPA FRANCESCO: ACCOMPAGNARE LE PERSONE OMOSESSUALI IN MISERICORDIA E VERITA'

Vézelay - Gesù porta Giuda
Joshua McElwee [National Catholic Reporter]:
Grazie, Santo Padre. In quello stesso discorso di ieri in Georgia, Lei ha parlato, come in tanti altri Paesi, della teoria del gender, dicendo che è il grande nemico, una minaccia contro il matrimonio. Ma vorrei chiedere: cosa direbbe a una persona che ha sofferto per anni con la sua sessualità e sente veramente che c’è un problema biologico, che il suo aspetto fisico non corrisponde a quello che lui o lei considera la propria identità sessuale? Lei come pastore e ministro, come accompagnerebbe queste persone?

Papa Francesco:

Prima di tutto, io ho accompagnato nella mia vita di sacerdote, di vescovo – anche di Papa – ho accompagnato persone con tendenza e con pratiche omosessuali. Le ho accompagnate, le ho avvicinate al Signore, alcuni non possono, ma le ho accompagnate e mai ho abbandonato qualcuno. Questo è ciò che va fatto. Le persone si devono accompagnare come le accompagna Gesù. Quando una persona che ha questa condizione arriva davanti a Gesù, Gesù non gli dirà sicuramente: “Vattene via perché sei omosessuale!”, no. Quello che io ho detto riguarda quella cattiveria che oggi si fa con l’indottrinamento della teoria del gender. Mi raccontava un papà francese che a tavola parlavano con i figli – cattolico lui, cattolica la moglie, i figli cattolici, all’acqua di rose, ma cattolici – e ha domandato al ragazzo di dieci anni: “E tu che cosa voi fare quando diventi grande?” - “La ragazza”. E il papà si è accorto che nei libri di scuola si insegnava la teoria del gender. E questo è contro le cose naturali. Una cosa è che una persona abbia questa tendenza, questa opzione, e c’è anche chi cambia il sesso. E un’altra cosa è fare l’insegnamento nelle scuole su questa linea, per cambiare la mentalità. Queste io le chiamo “colonizzazioni ideologiche”. L’anno scorso ho ricevuto una lettera di uno spagnolo che mi raccontava la sua storia da bambino e da ragazzo. Era una bambina, una ragazza, e ha sofferto tanto, perché si sentiva ragazzo ma era fisicamente una ragazza. L’ha raccontato alla mamma, quando era già ventenne, 22 anni, e le ha detto che avrebbe voluto fare l’intervento chirurgico e tutte queste cose. E la mamma gli ha chiesto di non farlo finché lei era viva. Era anziana, ed è morta presto. Ha fatto l’intervento. E’ un impiegato di un ministero di una città della Spagna. È andato dal vescovo. Il vescovo lo ha accompagnato tanto, un bravo vescovo: “perdeva” tempo per accompagnare quest’uomo. Poi si è sposato. Ha cambiato la sua identità civile, si è sposato e mi ha scritto la lettera che per lui sarebbe stata una consolazione venire con la sua sposa: lui, che era lei, ma è lui. E li ho ricevuti. Erano contenti. E nel quartiere dove lui abitava c’era un vecchio sacerdote, ottantenne, il vecchio parroco, che aveva lasciato la parrocchia e aiutava le suore, lì, nella parrocchia… E c’era il nuovo [parroco]. Quando il nuovo lo vedeva, lo sgridava dal marciapiede: “Andrai all’inferno!”. Quando trovava il vecchio, questo gli diceva: “Da quanto non ti confessi? Vieni, vieni, andiamo che ti confesso e così potrai fare la Comunione”. Hai capito? La vita è la vita, e le cose si devono prendere come vengono. Il peccato è il peccato. Le tendenze o gli squilibri ormonali danno tanti problemi e dobbiamo essere attenti a non dire: “E’ tutto lo stesso, facciamo festa”. No, questo no. Ma ogni caso accoglierlo, accompagnarlo, studiarlo, discernere e integrarlo. Questo è quello che farebbe Gesù oggi. Per favore, non dite: “Il Papa santificherà i trans!”. Per favore! Perché io vedo già i titoli dei giornali... No, no. C’è qualche dubbio su quello che ho detto? Voglio essere chiaro. È un problema di morale. E’ un problema. E’ un problema umano. E si deve risolvere come si può, sempre con la misericordia di Dio, con la verità, come abbiamo detto nel caso del matrimonio, leggendo tutta l’Amoris laetitia, ma sempre così, sempre con il cuore aperto. E non dimenticatevi quel capitello di Vézelay: è molto bello, molto bello.


mercoledì 21 settembre 2016

7 anni: Il Signore che trasforma la mia fragilità in virtù



Offro questa preghiera per celebrare sette anni dall'inizio del mio percorso di uscita dall'omosessualità praticata verso la virtù della castità. Questo tempo è stato segnato dall'astinenza dal comportamento omogenitale, un impegno rinnovato e sostenuto quotidianamente dalla grazia dei sacramenti e della preghiera così come dall'amicizia fraterna che si realizza nella comunione generata dal condividere onestamente le proprie ferite nei gruppi dell'Apostolato Courage, un percorso di crescita nel vero amore, quello incondizionato ed integrale di Cristo sposo: l'amore casto.
Una prospettiva fino a qualche tempo fa inimmaginabile in una vita, la mia, per troppo tempo ripiegata su di una triplice ferita: psichica, fisica e spirituale. Alle sofferenze della dipendenza da alcol e sostanze si associavano infatti ansia e depressione a fare da contorno all'inclinazione omosessuale, questa radicale ferita dell'identità. Solo nell'assunzione incondizionata della mia impotenza e del mio limite nei confronti di me stesso ho trovato il coraggio per affidarmi a Colui che con il suo amore mi trasforma per realizzarmi pienamente, un giorno alla volta. Offro questi anni di cammino per tutti coloro che ancora soffrono per la loro attrazione omosessuale e sono in cerca di risposte di Verità, li offro anche per tutti quei sacerdoti - ancora troppo pochi - che generosamente offrono un'autentica accoglienza - senza lasciarsi ingannare dalle ambiguità del mondo - con la parola e con l'esempio della loro vita, perché possano essere sempre più testimoni della Misericordia del Signore.


La Preghiera del paradosso
o della trasformazione:

Ti prego, o Dio, trasforma:
le mie ferite in sorgente di grazia

la mia miseria in povertà
la mia solitudine in consolazione
la mia memoria in riconciliazione
la mia inquietudine in ricerca
la mia vergogna in umiltà
la mia repressione in Castità
il mio dolore in compassione

la mia disperazione in Fede
il mio disadattamento in Speranza
la mia pulsione di morte in autodonazione
le mie amarezze in sete di Giustizia
il mio senso d'inadeguatezza in Prudenza
la mia rabbia in zelo
il mio narcisismo in rispetto per il mio corpo

la mia autocommiserazione in accettazione
la mia insicurezza in affidamento
la mia alienazione in contemplazione
la mia ansia in sollecitudine
la mia depressione in pace
la mia precarietà in distacco dalle sicurezze illusorie
i miei attaccamenti in Amicizia

le mie paure in timor di Dio
la mia esaltazione in esultanza
le mie rinunce in offerta
Amen