Appena la Congregazione per il
clero ha pubblicato, l’8 dicembre scorso, la nuova Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, i media
statunitensi l’hanno descritta come una nuova proibizione per i “sacerdoti omosessuali”.
In realtà, nelle sue oltre novanta pagine di testo, la Ratio offre una visione coerente e integrata della formazione
sacerdotale, basata largamente sull’esortazione apostolica Pastores dabo vobis di Papa san Giovanni Paolo II e sugli
insegnamenti di Papa Benedetto XVI e di Papa Francesco. I paragrafi della Ratio che affrontano il tema «Persone con
tendenze omosessuali» sono tre (nn. 199-201). E questi paragrafi ripetono i
punti salienti di un documento della Congregazione per l’educazione cattolica
del 2005, l’Istruzione circa i criteri di
discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in
vista della loro ammissione al seminario e agli ordini sacri.
L’affermazione centrale dell’Istruzione
del 2005, che viene ripresa dalla nuova Ratio
fundamentalis è la seguente: «la
Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione [vale a dire con
tendenze omosessuali], non può ammettere al seminario e agli ordini sacri
coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente
radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay» (Istruzione, n. 2; Ratio
fundamentalis, n. 199). In un libro pubblicato nel 2012 (Catholic Teaching on Homosexuality: New
Paths to Understanding, Ave Maria Press), ho cercato di spiegare il senso
di questa importante affermazione. Ritengo che il suo vero significato potrebbe
non essere immediatamente chiaro a un lettore casuale o a giornalisti che
vogliono trasmettere informazioni a un pubblico largamente secolarizzato sulla
questione carica di tensioni dell’omosessualità. Anche se i media vi leggono l’attuazione
di un divieto, il testo dell’Istruzione
del 2005 parla in modo molto diverso di «criteri di discernimento».
Permettetemi di attingere al mio libro per spiegare con più precisione qual è
la posta in gioco per l’Istruzione e
per la Ratio fundamentalis.
Sono tre le categorie di persone che devono essere escluse
dall’ammissione al seminario e agli ordini sacri: quelle che praticano
l’omosessualità, quelle che presentano tendenze omosessuali profondamente radicate
e quelle che sostengono la cosiddetta “cultura gay”. La prima e la terza
categoria sono piuttosto chiare. Una persona sessualmente attiva viene esclusa
perché non vive nel celibato. A una persona che sostiene la “cultura gay”,
intesa come ambiente e movimento che appoggia atteggiamenti morali discordanti con
l’insegnamento della Chiesa, non si può affidare il compito di insegnare alla
comunità di fede e di guidarla. La seconda categoria, invece, non è altrettanto
evidente: coloro che presentano tendenze omosessuali profondamente radicate.
Questa categoria esige maggiore riflessione e chiarimento.
Le «tendenze omosessuali
profondamente radicate» sono in contrasto — secondo l’Istruzione — con ciò che esprime un problema transitorio o una fase
della crescita che occorre attraversare e superare, qualcosa che appartiene
essenzialmente allo sviluppo adolescenziale. In alcuni, i sentimenti o le
tendenze omosessuali possono essere proprie dell’individuo, esprimendo però
soltanto un fenomeno transitorio o uno sviluppo non ancora completo, non uno
schema fisso della personalità o uno schema fisso del relazionarsi.
I sentimenti sono sentimenti e, qualunque
essi siano, per tutti noi possono spaziare in una moltitudine di direzioni. Quand’è però che ci troviamo dinanzi a
sentimenti omosessuali rivelanti tendenze «profondamente radicate» che indicano
che un candidato non dovrebbe essere ammesso al seminario o agli ordini sacri? Permettetemi
di suggerire quattro casi in cui ciò accade.
Quando le inclinazioni
omosessuali portano alla formazione di un’identità
organizzatrice centrale, c’è evidenza di tendenze profondamente radicate.
Questa identità organizzatrice centrale diventa il centro di comando della
vita. Sulla base di tale identità, la persona prende importanti decisioni per
la propria vita, si relaziona con gli altri, investe tempo, energie e altre
risorse e — in generale — percepisce se stessa e il mondo attraverso la lente
dell’“essere gay”.
Quando le inclinazioni
omosessuali diventano un centro primario
di attenzione e persino di preoccupazione, c’è evidenza di tendenze profondamente
radicate. Ciò a cui prestiamo attenzione definisce largamente le direzioni che
seguiremo nella vita. Potrebbe esserci una qualche sovrapposizione con il
concetto di identità organizzatrice centrale, ma qui l’enfasi è posta sulla
costante consapevolezza di ciò che sembra importare di più e appare come una preoccupazione.
Quando le inclinazioni
omosessuali creano un blocco delle
nostre capacità relazionali, c’è evidenza di tendenze profondamente
radicate. Il desiderio sessuale può essere tale da interferire e modellare la
vita interpersonale in modi morbosi. Può significare una ridotta capacità di
rapportarsi con le donne in modo maturo. O può significare un rapporto eroticamente
teso e distorto con alcuni uomini. In altre parole, le inclinazioni sessuali
modellano e addirittura distorcono la possibilità di un relazionarsi umano
elementare e autentico.
Quando nell’intimo c’è un senso di inevitabilità riguardo
all’agire sulla base di inclinazioni omosessuali e questo senso di
inevitabilità è dilagante, c’è evidenza di tendenze profondamente radicate. In
questo caso, il senso di inevitabilità rivela una mancanza di libertà e
l’incapacità di dominare e di controllare il proprio comportamento. Ci sono
tanti tipi di sentimenti che attraversano la nostra vita, alcuni molto
positivi, altri piuttosto negativi e distruttivi. E questo vale per ognuno di
noi. Sia l’Istruzione sia la Ratio fundamentalis evitano di passare
dall’esistenza di sentimenti omosessuali a un divieto totale dell’ammissione al
seminario o agli ordini sacri. Con grande saggezza e prudenza, tali documenti
citano il compito essenziale del discernimento, quel movimento spirituale e
dono dello Spirito santo che ci permette di identificare ciò che conduce a Dio
e ciò che allontana da Dio. Il discernimento permette alle autorità del
seminario e all’individuo di identificare ciò che è bene e giusto per
l’individuo stesso e per la Chiesa.
*Teologo
sacerdote dell’arcidiocesi di Chicago
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