“Fratelli, vi esorto, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio
vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma
lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter
discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto”. Rm 12, 1-2
Chiesa cattolica ed Omosessualità |
Questo mio atteggiamento
– l’aver abbracciato la via della castità – mi ha portato col tempo ad
interrogarmi con insistenza ed in modo nuovo sulla mia condizione omosessuale.
Per comprenderla, ritengo
occorra aprirsi ad una visione soprannaturale e sottomettere la ragione umana
ad un modo di pensare trascendente. Con lo sguardo soprannaturale, che soltanto la Fede può offrire, si possono cogliere cose che con lo sguardo naturalistico
paiono semplicemente assurde. Da qui credo dipenda la frequente disparità di
opinioni, anche in ambito cattolico. Vorrei quindi proporre, pensando secondo Dio e non essere di
scandalo pensando secondo gli uomini (Mt 16,23), una serie di affermazioni
in forma negativa che rappresentano il percorso della mia crescita, come in una
scala, che mi ha visto prima abbracciare e progressivamente rigettare come
insufficienti e contraddittorie prima l’una, poi l’altra tesi nel tentativo di
definire l’essenza ed il significato
della questione omosessuale:
Non è una questione biologica ed immutabile, non v’è alcuna
evidenza scientifica che un’eventuale predisposizione genetica sia causa
necessaria dello svilupparsi di un’attrazione omosessuale, basti pensare al
caso dei gemelli. Lo stesso Alfred Kinsey riteneva possibile un cambiamento radicale
di orientamento sessuale.
Non è una questione sessuale, è falsa ed artificiosa la dicotomia eterosessuali/omosessuali. La visione corretta della sessualità parla di una sessualità procreativa o meno, il piacere resta in secondo piano come effetto collaterale e mai come fine. “La Chiesa … rifiuta di considerare la persona puramente come un «eterosessuale» o un «omosessuale» e sottolinea che ognuno ha la stessa identità fondamentale: essere creatura e, per grazia, figlio di Dio, erede della vita eterna”. I termini vennero introdotti al grande pubblico da Krafft-Ebing (Psychopathia sexualis 1886) e connotano entrambi perversioni edonistiche, per la cronaca il testo finì all’Indice dei libri proibiti.
Non è una questione politica. I toni sopra le righe del
violento dibattito che oppone le parti in lotta induce a semplificare ed
approssimare su di un tema articolato che richiederebbe invece serenità e
spirito di carità per essere compreso nella sua complessità e poter fare
veramente il bene degli interessati. I cattolici militanti non dovrebbero mai dimenticare
di vedere Cristo negli altri e di essere Cristo per gli altri. In particolar
modo sconsiglio a chi s’interroga con sincerità sulla propria condizione
omosessuale d’impegnarsi in queste battaglie. Cristo dalla croce mi chiede di
cambiare me stesso (autoplastia) non il mondo – l’alloplastia può essere un
meccanismo difensivo nevrotico.
Non è una questione culturale. Le discussioni sull’ideologia
gender, sul pensiero di una Judith Butler o dell’importanza seminale della
scuola di Francoforte, dimenticando magari un Mieli (che non era solo un
coprofago), rischiano di essere intellettualismi da salotto lontani dalla
realtà in cui la vera cultura diffusa è quella di una sessualità “liquida”, per
dirla con Zygmunt Bauman, incarnata nella quotidiana sofferenza delle persone. Siamo tutti indifferentemente immersi in un clima di disperante edonismo. Pertanto non sarà la conferenza di un accademico titolato ad aiutare veramente
le persone (si tratta forse di un risorgente gnosticismo?).
L'omosessualità non è una malattia |
Non è una malattia. È un’affermazione
scientificamente infondata ed umiliante che costituisce il presupposto logico
per la deresponsabilizzazione degli atti. Anche chi afferma che l’omosessualità
sia una dipendenza cade in
quest’errore, in quanto implica un comportamento patologico. Questa convinzione
erronea può costituire una comoda scappatoia per quei sacerdoti che,
probabilmente a disagio essi stessi con la propria sessualità, rifiutano alle
persone omosessuali la cura pastorale specializzata cui essi hanno diritto, secondo
il magistero, rinviandoli alla pastorale ordinaria (ecco un’altra forma di negazione)
o, se proprio insistono in questa pretesa, da un medico! Questo però non
significa che una persona non possa scegliere liberamente per il proprio bene
oggettivo di sottoporsi ad una terapia psicologica.
Non è un peccato, in quanto inclinazione non voluta e quindi non imputabile alla persona.
L’inclinazione in sé resta tuttavia intrinsecamente disordinata (orientata ad
un comportamento che è sempre male) e
quindi è non solo lecito ma naturale e doveroso desiderare ed adoperarsi per
superarla, come lo è per ogni inclinazione al male.
Altro discorso per la
tendenza omosessuale vissuta con orgoglio ed alimentata volontariamente e
coscientemente con un comportamento omosessuale, frequentazioni, cultura etc.,
che normalmente non è incolpevole. Gli atti in sé sono sempre considerati
negativamente (intrinsecamente disordinati). Occorre quindi superare quel falso
senso di vergogna che può avvolgere chi “cerca
il Signore e ha buona volontà”.
Non è una questione di
forza di volontà ma di buona volontà, altrimenti cadremmo nel
pelagianesimo. Buona volontà significa evitare che la concupiscenza carnale
impedisca all’azione dello Spirito Santo di trasformarci. La trasformazione non
è ovviamente da intendersi in prima istanza come diventare etero quanto
piuttosto conformarsi alla volontà di Dio crescendo nella virtù. Quindi non
sarà un difetto di volontà quello per cui si continuano a sperimentare
attrazioni omosessuali.
"Matrimonio" gay? |
Non è una questione
di matrimonio (quello originale, tra
un uomo ed una donna), esorcismi o miracoli.
La storia ed i gruppi di autoaiuto sono pieni di uomini sposati in cui
convivono un’inclinazione omosessuale ed un comportamento eterosessuale, anzi
il matrimonio potrebbe essere una forma di repressione nevrotica che in genere
finisce per esplodere in un comportamento fuori controllo. Inoltre
l’esaltazione del matrimonio come bene supremo, preferibile addirittura al
celibato, è contraria alla rivelazione (“chi si sposa fa bene, ma chi non si sposa fa meglio” l Cor 7,38), rischia di idealizzare
questa condizione nascondendone le difficoltà che le sono proprie e
paradossalmente mortifica chi vive il celibato. Non abbiamo bisogno di
ipotizzare una possessione diabolica per qualcosa che è normalmente spiegabile
con la concupiscenza derivata dal peccato originale ed occasionata da una
ferita interiore. Attendere una soluzione miracolosa – che si realizza solo in
via straordinaria – può essere un meccanismo inconscio per evitare i mezzi
ordinari e la responsabilità dei propri atti.
La casa del Mulino Bianco arcobaleno |
Tutti le precedenti
affermazioni, proposte in forma affermativa, possono contenere dei parziali
elementi di verità, ed è questo che le rende così ingannevoli. Se però vengono
considerate in termini assoluti conducono ad una visione aberrata della realtà,
che ignorando l’essenza stessa della questione porta in sé, almeno
implicitamente, i presupposti per contraddire l’insegnamento della Chiesa in
materia. Il problema di fondo è la mancanza di una prospettiva di fede soprannaturale.
Ma allora di cosa si tratta?
L'omosessualità come occasione di santificazione |
È una questione morale e spirituale. Sull’aspetto
morale rinvio a quanto detto a proposito del peccato, ribadendo la necessità
della distinzione tra inclinazione e comportamento, che possono non convivere
nello stesso soggetto e quella di una valutazione caso per caso in ordine alla
responsabilità soggettiva della persona.
Dal punto di vista
spirituale la questione assume un aspetto più intrigante e meno tecnico. Che senso ha questa inclinazione all’interno
dell’economia della salvezza della mia anima, ovvero del piano provvidenziale
di Dio nei miei confronti? Si tratta forse di un brutto scherzo? Dio si vuole
prendere gioco di me? No, non è evidentemente questo.
Quel Dio che mi amato di un amore personale, speciale ed incondizionato fino a morire in croce per me, ha permesso che fossi spezzato (la mia ferita) per poter essere offerto a Sua immagine. Riscattandomi dal peccato originale e dandomi la grazia necessaria per vivere nella pienezza la mia esistenza, ha lasciato in me un dono particolare perché lo accompagnassi lungo la via sacra del calvario. Con questo non voglio dire che si tratti di una benedizione, almeno non più di quanto lo sia ogni croce per ciascun cristiano, ma ritengo che il Signore ci abbia riservato questa prova come una via particolare alla santità. Solo nell’accettazione della propria condizione alla luce della Fede, che in parole concrete è l’adesione all’insegnamento della Chiesa, si spalanca la porta per l’azione della grazia nella nostra anima, è solo nel momento in cui mi riconosco peccatore, insufficiente, mancante, bisognoso di aiuto e incapace da solo del bene, che mi apro all’azione esterna dello Spirito Santo e l’impossibile diventa realtà.
Quel Dio che mi amato di un amore personale, speciale ed incondizionato fino a morire in croce per me, ha permesso che fossi spezzato (la mia ferita) per poter essere offerto a Sua immagine. Riscattandomi dal peccato originale e dandomi la grazia necessaria per vivere nella pienezza la mia esistenza, ha lasciato in me un dono particolare perché lo accompagnassi lungo la via sacra del calvario. Con questo non voglio dire che si tratti di una benedizione, almeno non più di quanto lo sia ogni croce per ciascun cristiano, ma ritengo che il Signore ci abbia riservato questa prova come una via particolare alla santità. Solo nell’accettazione della propria condizione alla luce della Fede, che in parole concrete è l’adesione all’insegnamento della Chiesa, si spalanca la porta per l’azione della grazia nella nostra anima, è solo nel momento in cui mi riconosco peccatore, insufficiente, mancante, bisognoso di aiuto e incapace da solo del bene, che mi apro all’azione esterna dello Spirito Santo e l’impossibile diventa realtà.
La via della castità
non è una virtù negativa, non mi basta astenermi da un qualche comportamento
per conseguirla. Non è un ripiegamento su me stesso per negarmi agli altri. Per dirla con p. John
Harvey, il fondatore dell’Apostolato Courage, “la castità è un profondo amore per Cristo espresso nell’amore per gli
altri”.
Solo così questo talento di sofferenza si trasforma in occasione
fruttuosa di autocoscienza e comprensione della misericordia, il giogo diviene
leggero, la gioia mi accompagna e mi si rivela la pace del Signore, quella che
il mondo non da, ma che non può neanche togliermi.
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