Philippe Ariño: Omosessualità controcorrente |
(Estratto dalla premessa al libro di Philippe Ariño: Omosessualità Controcorrente. Vivere secondo la Chiesa ed essere felici - Effatà Editrice Euro 8,00)
Personalità profonda,
poliedrica e paradossale, Philippe Ariño, interroga la coscienza del lettore di
qualunque orientamento sessuale, politico o religioso esso sia. La sua riflessione
si sviluppa prendendo spunto dall’idea di omosessualità come “segno” del
rifiuto violento della sola divisione antropologicamente fondante della vita
umana: quella della differenza dei sessi.
Quest’affermazione introduce
immediatamente al superamento della falsa dicotomia, proposta dal dibattito
attuale, tra omosessuali ed eterosessuali. Queste categorie antropologiche risultano
così inadeguate e prive di fondamento nel Reale, in cui troviamo solo uomini e
donne.
L’analisi della cultura omosessuale
incrocia sulla sua strada le grandi manifestazioni popolari de La Manif pour
Tous, che nel 2012-2013 hanno scosso la Francia in occasione del dibattito
sulla proposta di legge per il matrimonio delle coppie dello stesso sesso.
Ariño contribuisce al movimento da un punto di vista privilegiato, come
coscienza critica; denuncia l’inefficacia concettuale degli argomenti fondati
solo sulle potenziali conseguenze della legge in discussione, che non
affrontano i limiti della coppia omosessuale, la sua natura non procreativa, la
realtà e la natura violenta del desiderio omosessuale. Come persona
omosessuale, evidenzia inoltre, che una tale legge non metterà una coppia omosessuale in grado di procreare e di formare
una famiglia di consanguinei, e non gli darà neanche quell’amore fondato nel Reale
cui aspira, così come già dimostrato ampiamente dai patti civili di solidarietà
(PACS); denuncia inoltre che il rifiuto del Reale e la deformazione di realtà
umane come la famiglia sta conducendo ad un collasso antropologico che si
tradurrà in forme di nevrosi e di violenza fuori controllo.
L’autore propone
un punto di vista originale anche sulla questione dell’omofobia, cui ha
dedicato un saggio specifico[1], afferma
infatti che: “l’omofobia è l’altro nome del desiderio omosessuale,
perché il desiderio omosessuale è intrinsecamente omofobo: è espressione di un
odio di sé che si è trasformato in “orgoglio”, “identità” e “amore”, per
nascondersi il proprio “orrore”.” Partendo da questa premessa Philippe Ariño
c’introduce all’omofobia dei militanti pro gay, fondata sui due pilastri
ideologici della fede nell’identità omosessuale e nella forza dell’“amore”
omosessuale ed all’“omofobia positiva” della società bisessuale gay friendly.
Entrambe queste due forme di omofobia evitano una profonda riflessione sul vero
significato del desiderio omosessuale, che abbia finalmente il coraggio di
guardarne in faccia gli aspetti negativi. Ci troviamo di fronte ad un fenomeno
di negazione collettiva, tanto più pericoloso in quanto la storia ha già
ampiamente dimostrato come una società che idealizzi o banalizzi l’identità e
l’amore omosessuale, giunga ben presto a demonizzarli con la stessa cieca
violenza. In sostanza la chiave per l’accettazione e la vera accoglienza delle
persone omosessuali passa per una coraggiosa presa di coscienza del fenomeno,
che non ne nasconda tutti i limiti e le fragilità intrinseche per tornare a
concentrarsi sul valore della persona.
Un apparente gusto per il
paradosso consente all’autore di affermare che: “l’eterosessualità è la più
grande presa in giro di tutti i tempi e che non tutte le coppie uomo-donna sono
“eterosessuali”!” Un accurata indagine evidenzia come i due termini “gemelli”
di omosessualità ed eterosessualità, non esistano che da 150 anni e siano stati
portati a conoscenza del grande pubblico dal teorico Krafft-Ebing con l’opera Psychopathia Sexualis (1886). Opera, sia
detto per inciso, messa all’indice dei libri proibiti dalla Chiesa cattolica.
Jonathan Katz, nel suo saggio L’invenzione
dell’eterosessualità (2001), spiega chiaramente che da principio
l’eterosessualità veniva classificata tra le perversioni, proprio come
l’omosessualità e corrispondeva a quella che noi oggi chiameremmo bisessualità.
Prendendo spunto da questa osservazione Philippe Ariño arriva a contrapporre le
coppie “eterosessuali”, paragonate in maniera icastica alle bambole Barbie e
Ken incellophanate, a quella che definisce “coppia uomo-donna che si amano”; ne
rileva così i segni distintivi nella mancanza di stabilità, di radici nel
Reale, di apertura alla vita e di gioia.
Conseguentemente l’autore
rigetta la pseudo-categoria de “gli omosessuali” facendo riferimento sempre
alla “persona omosessuale” che porta in sé, ma non come elemento fondante, il
“desiderio” omosessuale, a prescindere dalla sua attualizzazione o meno, come
singolo o in coppia. Non si tratta di una questione meramente terminologica, nell’accogliere
in sé quest’inclinazione, riconoscendone i limiti e la fragilità, Ariño lancia
uno sguardo sulla propria incompiutezza come persona e ci propone una lettura
del desiderio omosessuale come “ferita” spirituale.
Il coraggio di squarciare il
velo sulla violenza e la sofferenza che si celano dietro al comportamento
omosessuale apre uno spiraglio di speranza, che restituisce senso a
quest’esperienza in una prospettiva escatologica che solo la Chiesa cattolica è
riuscita a cogliere. Dio non chiede a tutti coloro che si sentono omosessuali
di negare il proprio desiderio omosessuale, ma di offrirlo agli altri senza
praticarlo e scoprire così la gioia del dono libero ed integrale di sé nella
continenza.
Leggi anche l'intervista a Philippe Ariño in esclusiva per il CdC
Leggi anche l'intervista a Philippe Ariño in esclusiva per il CdC
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