mercoledì 24 dicembre 2014

COSTUI ACCOGLIE I PECCATORI E MANGIA CON ESSI - Lc 15,2 (di dom Benedetto Nivakoff, osb)


Omelia di dom Benedetto Nivakoff, osb per la terza domenica dopo Pentecoste, 9 giugno 2013 (originariamente pubblicata su www.osbnorcia.org)


Dio, dice il vangelo odierno, gioisce molto per un peccatore che si pente. Il peccatore, come la pecora smarrita o il soldino perso, va cercato anche se questo significa lasciare tutti gli altri soli. Anticamente, la liturgia odierna celebrava il Sacro Cuore di Gesù, essendo oggi la Domenica fra l’ottava di questa festa. L’ottava non si celebra più, ma le letture sono rimaste uguali, quindi possiamo comunque trovare in esse un nuovo punto di vista sul Sacro Cuore, rispetto a quello che il vangelo della festa stessa ci ha già offerto. Non si parla più del cuore di Cristo trafitto con la lancia, e che fa uscire acqua e sangue, ma dello stesso Cuore che offre il Suo amore anche per la pecora smarrita, quella lontana, difficilissima da trovare. L’acqua e il sangue del Venerdì Santo sono qui descritti in termini più concreti.

E questi esempi ci commuovono, ci fanno pensare all’amore di Cristo per i peccatori, all’amore di Cristo per noi quando vaghiamo per luoghi oscuri, ma anche all’amore di Cristo che dobbiamo avere a nostra volta verso quelle persone che si sono allontanate dalla strada che porta alla felicità vera. Quindi il vangelo odierno ci spinge anche ad imitare l’amore del pastore non solo per le novantanove pecore rimaste nel deserto, ma per tutte.

È un bel percorso da seguire, è una bella idea andare a cercare la pecora smarrita, e riportarla con gioia e sollievo ai confratelli, a far loro vedere che l’ho trovata. Ma che succede se, dopo aver percorso un sentiero pericoloso, dopo aver lasciato le altre novantanove pecore nel deserto, dopo aver speso soldi, tempo, energia, e dopo essere infine riuscito a trovare quella pecora smarrita, la pecora non vuole tornare a casa con me?

Mi dice che sta bene dove sta, mi dice che su quella roccia il tempo è migliore, non piove mai, c’è vicino un fiume, c’è l’erba. E soprattutto, mi dice, non sopporterebbe la fatica del viaggio per tornare a casa. Sulle spalle o no, sarà troppo stancante tornare nel deserto con le altre pecore. E poi, una volta arrivata, ci sarà troppa sofferenza. La convivenza con le altre pecore le dà fastidio. Insomma la pecora smarrita non si sente smarrita; si sente meglio!

È una situazione ormai comune. Uno che ha preso la sua strada di peccato, anche se si trova male, non vuole mai dirlo: sto bene. Grazie. No, non mi servono le tue spalle per tornare. Ho i miei piedi e comunque vado da un altro parte. È una situazione che si trova in ogni stato di peccato fisso, ma un esempio particolarmente evidente si ha nel cosiddetto movimento gay. Nel clima di oggi, non puoi essere semplicemente una persona che ha attrazione per lo stesso sesso, devi abbracciare un’identità globale e politica per cui non sei più Uomo, carne e ossa come me, ma uomo diverso, speciale, uomo gay. Una volta arrivato a questa identità, non vuoi, anzi rifiuti violentemente di essere richiamato. Non sei una pecora smarrita, e quindi perché tornare?

Anche i cristiani di oggi si trovano in difficoltà a capire come rispondere. Una volta era chiaro che un tale comportamento gay non era accettabile come sistematico. Era chiaro che due uomini non potevano sposarsi. Ma oggi c’è molta confusione e non pochi cristiani si chiedono se forse nel passato non abbiamo capito male la situazione. Ci si chiede se si possa non vedere le persone gay come pecore smarrite ma come persone che semplicemente hanno una vita diversa. E chi sono io a criticare? Nonostante il fatto che persone con tendenze omosessuali compongono non più del 4% della popolazione, stando ai mass media sembrerebbe che siano almeno il 50% o di più. Se uno cerca di parlare con una persona che si è già identificato come gay, e suggerisce un’altra strada trova grande resistenza. Anzi, oggi si rischia di finire in tribunale, per un atteggiamento omofobo.

Tutto ciò però non ci autorizza a limitarci a fare finta di niente e a non sforzarci di capire bene questo problema. L’insegnamento della Chiesa è un insegnamento che non cerca di rendere schiavi gli uomini, ma di liberarli, di elevarli. Prende le mosse da una visione dell’uomo nella sua totalità. Ogni volta che un uomo si identifica con le sue tendenze e le eleva a sue caratteristiche, in modo da non essere più uomo in quanto tale ma uomo in quanto gay, o uomo in quanto ebreo, o uomo in quanto americano, riduce la sua persona ad una semplice sua parte, ad una frazione di ciò che è veramente. In questo caso, una tendenza sessuale verso lo stesso sesso diventa non solo un aspetto della persona, ma l’aspetto caratteristico e definitivo della persona. Si crede che perda il suo valore come uomo, se non è accettato come uomo gay.

Questo ridurre la persona ad un aspetto della sua interezza era ciò che facevano i farisei del vangelo odierno. Non dicono che Gesù mangia con persone cha hanno sbagliato, ma con peccatori e pubblicani. Loro identificano le persone con il peccato o lo stile di vita che hanno, mentre per Cristo, sono persone non meno degli altri, ma che che hanno sbagliato, hanno perso la strada, sono smarrite e non sanno che sono smarrite. Non sono persone di questo tipo o di quel tipo, sono uomini. Punto.

L’atteggiamento di Cristo quindi deve essere anche per noi l’esempio supremo di come agire nella cultura di oggi, quando la moda e la media ci dicono che l’unica risposta accettabile a tendenze omosessuali è l’universale identificazione della persona con la sua preferenza. Cristo parla con loro, ma più importante, mangia con loro. Nel mangiare con loro, non sta dicendo che il loro comportamento li aiuta a crescere o che li aiuta ad essere sempre più uomini. Stando a pranzo insieme a loro mostra loro che hanno un valore in sé che va oltre il loro comportamento.

Non dobbiamo sorprenderci di trovare resistenza nelle persone stesse. Spesso si prende un’identità come protezione. Se cominci a toccare la facciata che hanno costruito con tante sofferenze e ferite, reagiscono male. È vero con qualsiasi sensibilità, ma tanto più con persone che si identificano come gay. Loro portano questa etichetta su di sé come un casco di ferro per un motivo. Spesso, c’è sotto una storia di grande sofferenza, di ferite, di tanti tentativi di essere capito senza mai riuscire. La soluzione non è quella della moda di dir loro che sono completamente a posto, che possono fare come vogliono; ma neanche quella dei farisei di castigarli come non-umani.

La soluzione è il “pranzare con loro” del vangelo, di trattarli come uomini, di amarli come figli di Dio. Solo a quel punto e con la grazie di Dio, forse riusciranno ad accettare Cristo che gli offre le spalle per portarli a casa, offre loro il Suo Cuore e dice: Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero (Mt 11,28-30).

lunedì 1 dicembre 2014

MINISTERO PER LE PERSONE CON UNA INCLINAZIONE OMOSESSUALE: LINEE GUIDA (USCCB)

Riassumo gli elementi fondamentali tratteggiati nel documento edito dalla Conferenza Episcopale degli Stati Uniti (USCCB), Ministero per le persone con una inclinazione omosessuale: Linee guida per la cura pastorale (14 novembre 2006) citato da Papa Francesco nella sua Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium § 64: "Come bene osservano i Vescovi degli Stati Uniti d’America, mentre la Chiesa insiste sull’esistenza di norme morali oggettive, valide per tutti, «ci sono coloro che presentano questo insegnamento, come ingiusto, ossia opposto ai diritti umani basilari. Tali argomentazioni scaturiscono solitamente da una forma di relativismo morale, che si unisce, non senza inconsistenza, a una fiducia nei diritti assoluti degli individui. In quest’ottica, si percepisce la Chiesa come se promuovesse un pregiudizio particolare e come se interferisse con la libertà individuale»"

I vescovi della Chiesa cattolica negli Stati Uniti iniziano questo documento enunciando una serie di principi generali:
Rispetto per la dignità umana. Ogni persona è creata come imago Dei ed è quindi dotata di una dignità trascendente. Le persone con ASS sono spesso trattate con disprezzo e odio, a volte manifestato in modo chiaro, altre in modo sottile; è indispensabile che coloro che forniscono cura pastorale alle persone con ASS non contribuiscano a questa "ingiustizia".
Il ruolo della sessualità nel piano di Dio. Guardando alla Genesi, il documento fonda il significato della sessualità umana nel senso della complementarietà sessuale dell'uomo e della donna. Questa complementarità è "insita nel disegno creatore di Dio" e permette agli uomini e alle donne di essere aperti alla vita. "Lo scopo del desiderio sessuale è quello di attirare l'uomo e la donna insieme nel vincolo del matrimonio, un legame che è ordinato a due fini inseparabili: L'espressione dell'amore coniugale e la procreazione e l'educazione dei figli"
Gli atti omosessuali non possono soddisfare i fini naturali della sessualità umana. Alla luce del significato intrinseco e dello scopo della sessualità umana, "ogni atto sessuale che avviene al di fuori del vincolo del matrimonio non soddisfa i fini propri della sessualità umana". Poiché gli atti omosessuali non sono, per loro natura, aperti alla vita e "non riflettono la complementarietà dell'uomo e della donna, che è parte integrante del disegno di Dio per la sessualità umana", non possono essere approvati come espressioni moralmente legittime della sessualità umana che è giustamente ordinata a e coerente con la dignità umana. Il documento qui prende atto della uniforme valutazione morale che da la Scrittura degli atti omosessuali come atti che "degradano e minano la nostra autentica dignità di esseri umani".
L’inclinazione omosessuale non è di per sé un peccato. "Nella misura in cui una tendenza o inclinazione omosessuale non è soggetta alla propria libera volontà, non si può essere considerati moralmente colpevoli per quella tendenza. Tuttavia si sarebbe moralmente colpevoli se si coltivassero volontariamente delle tentazioni omosessuali o si scegliesse di agirle, la tendenza da sola non è un peccato. Di conseguenza, la Chiesa non insegna che l'esperienza dell’attrazione omosessuale è di per sé peccato. "Detto questo, l'inclinazione omosessuale è comunque"oggettivamente disordinata". I vescovi sottolineano chiaramente che essere attratti dal sesso opposto non è sufficiente perchè le proprie inclinazioni sessuali siano rettamente ordinate. Infatti, "la tendenza verso il piacere sessuale che non è subordinato ai maggiori beni dell'amore e del matrimonio è disordinata, in quanto inclina una persona verso un uso della sessualità che non concorda con il piano divino della creazione. Vi è il disordine intrinseco di ciò che è diretto verso ciò che è male, in tutti i casi (contra naturam). C'è anche il disordine accidentale di ciò che non è correttamente ordinato dalla retta ragione e ciò che non riesce a raggiungere la misura corretta della virtù (contra rationem). 
Un tendenza sessuale disordinata non vuol dire che tutta la persona sia disordinata. "A volte la Chiesa viene fraintesa o ne è travisato l'insegnamento come se le persone con inclinazioni omosessuali fossero oggettivamente disordinate, come se tutto di loro fosse disordinato o reso moralmente difettoso da questa inclinazione. Piuttosto, il disordine è in quella particolare inclinazione, che non è ordinata al raggiungimento dei fini naturali della sessualità umana. A causa di questo disordine, l’agire seguendo una tale inclinazione non può semplicemente contribuire al vero bene della persona umana". L'insegnamento della Chiesa non significa che una persona con ASS sia respinta da Dio e dalla Chiesa ma esattamente il contrario: le persone con ASS possiedono la stessa dignità umana di chiunque altro e sono chiamate, come tutti gli altri, a cooperare con la grazia e a crescere in santità. Proprio coloro che lottano con l’ASS sono oggetto di quel particolare amore che il Signore ha mostrato per i poveri e gli emarginati. I vescovi sottolineano che il disordine sessuale non è l'unico tipo di disordine che sperimentiamo come esseri umani; "Altre inclinazioni possono essere altresì disordinate, come quelle che conducono all’invidia, alla cattiveria o all’avidità. Siamo tutti danneggiati dagli effetti del peccato, e questo fa si che i desideri divengano disordinati".
La morale trova il suo fondamento nell'ordine naturale. Questo principio è per lo più sconosciuto, incompreso, o rifiutato dalla cultura popolare. Per questo motivo, l’idea della sessualità umana o di un qualsiasi atto morale libero, come avente un significato intrinseco ed uno scopo oggettivamente stabilito in natura è parimenti incompresa o rifiutata. È necessario quindi, per un'autentica realizzazione umana e la felicità, vivere in accordo con l'ordine naturale; vivere in disaccordo, non importa quanto possano essere sincere le motivazioni soggettive, non può portare alla felicità che la persona umana per sua natura ricerca.
Una terapia per le inclinazioni omosessuali? Così come non c’è un consenso scientifico sulla causa dell'inclinazione omosessuale, non c'è neanche consenso scientifico sulla terapia per trattarla. I vescovi incoraggiano coloro che cercano una terapia a rivolgersi presso uno psicologo professionista qualificato che, al tempo stesso, "comprenda e sostenga l'insegnamento della Chiesa sull'omosessualità" e anche "a cercare la guida di un confessore e direttore spirituale, che sosterrà i loro sforzi per vivere una vita casta". Courage sottolinea l'importanza di avere sia un approccio psicologico che spirituale per affrontare l’ASS in modo tale che si completino a vicenda. 
La necessità di una formazione alla virtù: la castità. Indipendentemente dalla propria tendenza sessuale, ogni persona ha bisogno di acquisire la virtù della castità, che nel contesto contemporaneo richiede uno sforzo particolare. La castità è "la positiva integrazione della sessualità nella persona e conseguentemente l'unità interiore dell'uomo nel suo essere corporeo e spirituale"[1]. "vivere castamente è un'affermazione di tutto ciò che è umano, ed è la volontà di Dio. Siamo noi per primi a soffrire quando violiamo le leggi della nostra natura umana". Il conseguimento della castità, come per ogni virtù, esige uno sforzo ripetuto per scegliere il bene in circostanze particolari, fino a quando si rafforza la propria volontà e si sceglie il bene istintivamente, quasi come per una "seconda natura". Il contrario, ovviamente, è pure vero: "più si ripetono azioni cattive, tanto più le passioni si determinano in funzione dell'azione cattiva. Diventa più difficile compiere buone azioni, poiché le passioni disordinate oppongono resistenza". Courage attribuisce un’importanza fondamentale alla necessità di essere casti per tutti, compresi coloro che sperimentano l’ASS. "Le passioni non sono ostacoli fissi e immutabili all'azione morale. Non devono essere semplicemente rimosse in modo da poter agire moralmente. La ripetizione delle buone azioni modificherà le passioni che si provano" ma, e questo è fondamentale, ha lo stesso effetto anche l’affidamento allo Spirito Santo che "ci dona una facoltà che non proviene dalla natura stessa per adempiere la legge naturale"[2].
La necessità di amicizia e comunità. L'amicizia è assolutamente essenziale per una vita realizzata e per l’autentica felicità. L'amicizia è essenziale per vivere castamente. Courage concorda pienamente con i vescovi statunitensi quando affermano: "Ci possono essere poche speranze di condurre una vita casta sana, senza coltivare legami umani. Vivere in isolamento in ultima analisi può esacerbare le proprie tendenze disordinate e minare la pratica della castità". La virtù della castità e le virtù di amicizia sono ordinate l’una alle altre, infatti la "virtù della castità si dispiega nell'amicizia". Courage promuove la costituzione ed il sostegno di amicizie caste, forti e libere tra le persone che sperimentano ASS, con le loro famiglie (cfr. EnCourage), e con la comunità ecclesiale. 
Crescita nella santità. L'amicizia con Dio è ciò che costituisce il fine ultimo dell'uomo pertanto qualsiasi iniziativa pastorale per le persone con ASS deve "avere l'obiettivo principale di favorire la massima amicizia possibile con Dio, la partecipazione alla vita divina della Trinità mediante la grazia santificante". La santità, o l’amicizia con Dio, è la vocazione di ogni persona umana ed è il frutto della collaborazione tra l'uomo e la grazia. I vescovi esortano a una frequenza assidua e regolare dei sacramenti, specialmente l'Eucaristia e la Penitenza come "fonti essenziali di conforto e di aiuto in questo cammino" verso la padronanza di sé, nella sequela di Cristo abbracciando la sua Croce. 
"Inoltre, il supporto fondamentale per la lotta spirituale è da ricercarsi attraverso un costante incoraggiamento della vita cristiana, comprese la lettura della Scrittura e la preghiera quotidiana". Courage pone la preghiera al centro di ciascuno dei suoi incontri di gruppo, incoraggia l’assidua partecipazione all'Eucaristia ed alla Penitenza, e promuove e sostiene una vita di preghiera per le persone che sperimentano l’ASS. 
Ostacoli culturali. I vescovi degli Stati Uniti sottolineano che ci sono tendenze culturali che rendono molto impegnativa la cura pastorale delle persone con ASS. In primo luogo, il relativismo morale, rifiutando una base oggettiva per i giudizi morali, non riesce a riconoscere un atto come intrinsecamente cattivo. "In base a questa prospettiva, si dovrebbe lasciare che le persone decidano delle questioni di morale sessuale secondo le proprie preferenze e valori, con l'unico limite di non provocare danni evidenti ad altri". In secondo luogo, la tendenza a comprendere la libertà come autonomia radicale percepisce l'insegnamento della Chiesa circa un ordine morale oggettivo come "un particolare pregiudizio e come un'interferenza con la libertà individuale”. In terzo luogo, la "diffusa tendenza all'edonismo, l'ossessione per la ricerca del piacere", legata al consumismo, considera i rapporti sessuali semplicemente come una qualsiasi altra forma di piacere. "La promiscuità è considerata non solo accettabile, ma normale" e in tale contesto "la virtù della castità diviene incomprensibile" o "appare addirittura come un rifiuto malsano e innaturale del piacere".

A seguito di tali principi generali, il documento fornisce quattro linee guida per la cura pastorale delle persone che sperimentano ASS:

Partecipazione nella Chiesa. Le comunità religiose locali devono abbracciare e accogliere pienamente chi vive un’ASS. "La partecipazione a una fervente comunità cattolica è un sostegno per vivere una vita di castità e integrità ed un invito ad una continua conversione personale". Questo è di vitale importanza dal momento che tante persone con ASS hanno sperimentato forme di rifiuto ed alienazione. I vescovi, tuttavia, mettono in guardia contro ogni potenziale scandalo nella comunità parrocchiale che possa derivare da una guida pastorale che assuma "una neutralità lontana dall'insegnamento della Chiesa" sull'omosessualità. Le persone con ASS che non cercano di vivere una vita casta non devono esercitare ruoli pubblici nella comunità ecclesiale locale, fatto che testimonierebbe in modo ambiguo o addirittura in contrasto con l'insegnamento della Chiesa. Come minimo, però, le persone con ASS non devono subire ingiuste discriminazioni o molestie.
Catechesi. L’istruzione catechistica inizia, naturalmente, in famiglia con i genitori, ma coloro che sono impegnati nella cura pastorale di persone che sperimentano un’ASS hanno il compito particolare di catechizzare in pieno accordo con l'insegnamento della Chiesa sulla sessualità umana in generale, e l'omosessualità in particolare. "L'insegnamento della Chiesa nella sua integralità deve essere presentata dal clero soprattutto dal pulpito e in altre sedi appropriate. La catechesi deve anche coinvolgere l'intera comunità parrocchiale. L'ignoranza della integralità dell'insegnamento della Chiesa è spesso il maggiore ostacolo ad un ministero efficace per le persone con inclinazione omosessuale. "
I sacramenti ed il culto. I vescovi sottolineano ancora una volta l'importanza della frequenza ai sacramenti, specialmente dell'Eucaristia e della Penitenza. Questo perché "la vita cristiana è un cammino progressivo verso un approfondimento della propria sequela di Cristo. Non tutti avanzano con lo stesso passo, né si procede sempre in maniera lineare verso il proprio obiettivo. Coloro che inciampano lungo la strada dovrebbero essere incoraggiati a rimanere nella comunità e ricercare la santità per mezzo di una conversione di vita".
Supporto pastorale. I vescovi degli Stati Uniti incoraggiano i gruppi di sostegno per le persone con ASS, saldamente fondati negli insegnamenti della Chiesa sulla sessualità umana. Il documento stesso presenta Courage e EnCourage come esempi di un tale ministero. I vescovi sottolineano l'importanza di un consulente psicologico come sostegno alla guida spirituale, l'importanza dei rapporti familiari, una attenzione particolare alle persone con ASS che abbiano contratto malattie trasmesse per via sessuale, soprattutto l'HIV / AIDS, e una sensibilità per i famigliari, in particolare i genitori, di persone con ASS che s’impegnano per accettarle.

I vescovi americani concludono il loro documento, incoraggiando i sacerdoti ad intendere il loro ministero come uno sforzo di collaborazione con coloro che sperimentano ASS: "è importante che i ministri della Chiesa ascoltino le esperienze, i bisogni e le speranze delle persone con tendenza omosessuale di cui ed insieme ai quali si prendono cura". Devono essere partner in dialogo con coloro di cui si prendono cura, riconoscendo che "Il dialogo fornisce uno scambio di informazioni, e comunica anche il rispetto per l'innata dignità di altre persone e il rispetto per le loro coscienze. 'L'autentico dialogo, quindi, si rivolge soprattutto alla rinascita delle persone per mezzo della conversione interiore ed il pentimento, ma sempre con profondo rispetto per le coscienze, con pazienza e procedendo gradualmente come richiesta dalle condizioni moderne.'[3]  Tale dialogo facilita una continua conversione interiore per tutti coloro che sono coinvolti nella relazione".

[1] Cfr CCC, n. 2137.
[2] Cfr CCC, nn.1965-1974.
[3] Papa Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica post-sinodale Reconciliatio et paenitentia, n. 25 (1984).