martedì 15 gennaio 2013

DEL PERCHÉ SIA SUFFICIENTE CONSERVARE I DONI DELLA CASTITÀ PER DOMARE COMPLETAMENTE LA LIBIDINE (di san Pier Damiani)

San Pier Damiani Liber Gomorrhianus XXV

La ricompensa per questa fatica è che tu continuamente guardi ai premi promessi a colui che è casto e, allettato dalla loro dolcezza, tu possa superare con il piede libero della fede qualunque scaltrezza che l'esperto insidiatore usi contro di te. 
Se, infatti, si volge l'attenzione alla beatitudine, alla quale non si attinge senza cambiamento, diventa più leggera la fatica della trasformazione e il fornicatore ammaestrato allevia il dolore del travaglio attendendo avidamente la ricompensa che si merita per la fatica. Valuta quindi ciò che viene detto dei soldati della castità dalla bocca del profeta: «Così parla il Signore: agli eunuchi che osservano i miei sabati, che prediligono ciò che è di mio gusto, che tengono fermamente alla mia alleanza, darò loro nella mia casa un nome e, dentro le mie mura, un monumento migliore dei figli e delle figlie». [Is 56,4-5] Gli eunuchi, infatti, sono quelli che reprimono gli impeti insolenti della carne e si tolgono di dosso il motivo della malvagia attività.

La maggior parte di quelli che sono al servizio della voluttà dell'attrazione carnale desiderano lasciare dopo di sé la memoria del loro nome attraverso i posteri. E lo desiderano con tutta la mente perché pensano di non essere del tutto morti a questo mondo se i superstiti della loro prole trasmettono il nome attraverso la discendenza. Ma i celibi ricevono la stessa ricompensa, che gli uomini del volgo bramano tanto, in modo molto più insigne e molto più felice perché, grazie a quel dono, vivrà per sempre il ricordo di loro, cosa che non ha il potere di fare nessuna legge temporale. Perciò la legge divina promette agli eunuchi un nome migliore che ai figli e alle figlie perché la memoria del nome che la posterità dei figli avrebbe potuto estendere, ma per un breve periodo di tempo, questi meritano di ottenere per sempre senza il pericolo di essere dimenticati: «In memoria eterna sarà il giusto». [Sal 111,7] E ancora, per bocca di Giovanni si dice nell'Apocalisse: «Cammineranno con me in vesti bianche, perché ne sono degni e non cancellerò i loro nomi dal libro della vita». [Ap 3,4-5] Qui, si dice ancora: «Questi sono coloro che non si sono contaminati con donne, sono infatti vergini. Costoro sono quelli che seguono l'Agnello ovunque egli andrà » [Ap 14,4] e «che cantano quel cantico che nessuno può comprendere, se non i centoquarantaquattromila». [Ap 14,3] Certamente, le vergini cantano all'Agnello un cantico singolare poiché esultano con questo dinanzi a tutti i fedeli, anche sulla purezza della carne.

E' evidente che gli altri giusti non possono comprendere, benché posti nella stessa beatitudine, ma meritino soltanto di sentire. Infatti, grazie alla carità, essi guardano senza dubbio volentieri l'altezza di quelli, tuttavia non assurgono agli stessi premi. Per questo motivo, si deve valutare e nella nostra mente si deve meditare con ogni cura quanta dignità e quanta eccellenza in quella beatitudine sia al sommo grado. Lì dove la massima felicità è essere ultimi, lì dove è cosa bellissima salire ai gradi più alti del privilegio e conservare le leggi patrie di giustizia. Senza dubbio, come dice la Verità, non tutti comprendono questo discorso in questa vita, [Mt 19,11] allo stesso modo come non tutti raggiungono in futuro quella gloria della somma ricompensa.

Queste cose e molte altre simili, o carissimo fratello, chiunque tu sia, valuta negli angoli segreti della tua mente e cerca con tutte le tue forze di conservare la tua carne immune da ogni contagio della libidine. Cosicché, secondo la dottrina apostolica, tu sappia mantenere «il tuo corpo in santità e onore, non nella passione del desiderio, come fanno i pagani che ignorano Dio». [Ts 4,4-5] Se fino ad ora sei rimasto in piedi, bada al precipizio, [1 Cor 10,12] se tu sei caduto, tendi fiduciosamente la mano all'ancora della penitenza, che ovunque è a disposizione. Cosicché tu che non sei riuscito ad allontanarti dai Sodomiti con Abramo, riesca almeno a migrare con Loth, perché urge ormai l'eccidio dell'imminente incendio. Se non hai avuto la forza, incolume su una nave, di avvicinarti al porto, è sufficiente che tu non sia naufragato nei profondi flutti. Se non senza rinuncia ti sei meritato di raggiungere i lidi, dopo il pericolo, abbandonato sulla rena, ti piaccia cantare con voce alacre quel canto del beato Giona: «Tutte le tue correnti impetuose e il tuo torrente mi avevano travolto e io dissi: sono stato cacciato dalla tua presenza, eppure continuerò a guardare verso il tuo santo tempio». [Gi 2,4-5]

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