Gesù nel Getsemani |
Non ci si deve meravigliare se un tempo così sacro come quello della Quaresima sia così pieno di misteri. La Chiesa, che la considera come la preparazione alla più gloriosa delle sue feste, ha voluto che questo periodo di raccoglimento e di penitenza fosse caratterizzato dalle circostanze più idonee a risvegliare la fede dei cristiani ed a sostenere la loro costanza nell'opera dell'espiazione annuale.
Nel Tempo della Settuagesima riscontrammo il numero settuagenario, che
ci richiama i settant'anni della cattività in Babilonia, dopo i quali il popolo
di Dio, purificato dalla sua idolatria, doveva rivedere Gerusalemme e
celebrarvi la Pasqua. Ora è il numero quaranta che la santa Chiesa presenta
alla nostra religiosa attenzione, il numero che, al dire di san Girolamo, è
sempre quello della pena e dell'afflizione (Comm. d'Ezechiele, c. 20).
Il numero 40 e il suo significato
Ricordiamo la pioggia dei quaranta giorni e delle quaranta notti,
causata dai tesori della collera di Dio, quando si pentì d'aver creato l'uomo
(Gen 7,12) e sommerse nei flutti il genere umano, ad eccezione d'una sola
famiglia. Pensiamo al popolo ebreo che errò quaranta anni nel deserto, in
punizione della sua ingratitudine, prima di poter entrare nella terra promessa
(Num 14,33). Ascoltiamo il Signore, che ordina al profeta Ezechiele (4,6) di
starsene coricato quaranta giorni sul suo lato destro, per indicare la durata
d'un regno al quale doveva seguire la rovina di Gerusalemme.
Due uomini, nell'Antico Testamento, hanno la missione di raffigurare
nella propria persona le due manifestazioni di Dio: Mosè, che rappresenta la
legge, ed Elia, nel quale è simboleggiata la profezia. L'uno e l'altro
s'avvicinano a Dio; il primo sul Sinai (Es 24,18), il secondo sull'Oreb (3Re
19,8); ma sia l'uno che l'altro non possono accostarsi alla divinità, se non
dopo essersi purificati con l'espiazione di un digiuno di quaranta giorni.
Rifacendoci a questi grandi avvenimenti, riusciremo a capire perché
mai il Figlio di Dio incarnato per la salvezza degli uomini, avendo deciso di
sottoporre la sua divina carne ai rigori del digiuno, volle scegliere il numero
di quaranta giorni per quest'atto solenne. L'istituzione della Quaresima ci
apparirà allora in tutta la sua maestosa severità, e quale mezzo efficace per
placare la collera di Dio e purificare le nostre anime. Eleviamo dunque i
nostri pensieri al di sopra dello stretto orizzonte che ci circonda, e vedremo
lo spettacolo di tutte le nazioni cristiane del mondo, offrire in questi giorni
al Signore sdegnato quest'immenso quadragenario dell'espiazione; e nutriamo la speranza
che, come al tempo di Giona, egli si degnerà anche quest'anno fare misericordia
al suo popolo.
L'esercito di Dio
Dopo queste considerazioni relative alla durata del tempo che dobbiamo
passare, apprendiamo ora dalla Chiesa sotto quale simbolo essa considera i suoi
figli durante la santa Quarantena. La Chiesa vede in essi un immenso esercito,
che combatte giorno e note contro il nemico di Dio. Per questa ragione il
Mercoledì della Ceneri essa ha chiamato la Quaresima la carriera della milizia
cristiana. Per ottenere infatti quella rigenerazione che ci farà degni di
ritrovare le sante allegrezze dell'Alleluia, noi dobbiamo aver trionfato dei
nostri tre nemici: il demonio, la carne e il mondo. Insieme al Redentore che
lotta sulla montagna contro la triplice tentazione e lo stesso Satana, dobbiamo
essere armati e vegliare senza stancarci. Per sostenerci con la speranza della
vittoria ed animarci a confidare nel divino soccorso, la Chiesa ci presenta il
Salmo 90, che colloca fra le preghiere della Messa nella prima Domenica di
Quaresima, e del quale attinge quotidianamente molti versetti per le diverse
Ore dell'Ufficio. Con la meditazione di quel salmo vuole che contiamo sulla protezione
che Dio stende sopra di noi come uno scudo; che attendiamo all'ombra delle sue
ali; che abbiamo fiducia in lui, perché egli ci strapperà dal laccio del
cacciatore infernale, che ci aveva rapita la santa libertà dei figli di Dio;
che siamo assicurati del soccorso dei santi Angeli, nostri fratelli, ai quali
il Signore ha dato ordine di custodirci in tutte le nostre vie, e che,
testimoni riverenti della lotta sostenuta dal Salvatore contro Satana,
s'avvicinarono a lui dopo la vittoria per servirlo e rendere i loro omaggi. Entriamo
nei sentimenti che la santa Chiesa ci vuole ispirare, e durante questi giorni
che dovremo lottare ricorriamo spesso al bel canto che essa ci indica come
l'espressione più completa dei sentimenti che devono animare, in questa santa
campagna, i soldati della milizia cristiana.
La pedagogia della Chiesa
Ma la Chiesa non si limita a darci una semplice parola d'ordine contro
le sorprese del nemico; per occupare tutta la nostra mente ci mette davanti tre
grandi spettacoli, che si svolgeranno giorno per giorno fino alla festa di
Pasqua, e ciascuno dei quali ci procurerà delle pie emozioni insieme alla più
solida istruzione.
Gesù Cristo perseguitato e mandato a morte
Prima assisteremo alla fine della congiura dei Giudei contro il
Redentore: congiura che si inizia ora per esplodere il Venerdì Santo, quando
vedremo il Figlio di Dio inchiodato sull'albero della Croce. Le passioni che si
agitano in seno alla Sinagoga si manifesteranno di settimana in settimana, e
noi le potremo seguire in tutto il loro svolgersi. La dignità, la pazienza e la
mansuetudine dell'augusta vittima ci appariranno sempre più sublimi e più degne
di un Dio. Il dramma divino che vedremo aprirsi nella grotta di Betlem
continuerà fino al Calvario; e per seguirlo, non abbiamo che da meditare le
letture del Vangelo che la Chiesa ci presenterà giorno per giorno.
La preparazione al Battesimo
In secondo luogo, ricordandoci che la festa di Pasqua è per i
Catecumeni il giorno della nuova nascita, riandremo col pensiero a quei primi
secoli del Cristianesimo, quando la Quaresima era l'ultima preparazione dei
candidati al Battesimo. La sacra Liturgia ha conservata la traccia di
quell'antica disciplina, di modo che, mentre ascolteremo le splendide letture
dei due Testamenti, con le quali terminava l'ultima iniziazione, ringrazieremo
Dio, che si degnò di farci nascere in tempi, nei quali il bambino non deve più
attendere l'età dell'uomo per esperimentare le divine misericordie. Penseremo
pure a quei nuovi Catecumeni che, anche ai nostri giorni, nei paesi evangelizzati
dai nostri moderni apostoli, aspettano, come nei tempi antichi, la grande
solennità del Salvatore che vince la morte, per discendere nella sacra piscina
ed attingervi un nuovo essere.
La pubblica penitenza
Finalmente durante la Quaresima dobbiamo richiamare alla memoria quei
pubblici Penitenti che, espulsi solennemente dall'assemblea dei fedeli il
Mercoledì delle Ceneri, formavano in tutto il corso della santa Quarantena un
oggetto di materna preoccupazione per la Chiesa, che doveva ammetterli, se lo
meritavano, alla riconciliazione, il Giovedì Santo. Una serie ammirabile di
letture destinata alla loro istruzione e ad interessare i fedeli a loro favore,
scorrerà sotto i nostri occhi; poiché la Liturgia non ha perduto niente di
quelle solide tradizioni. Ci ricorderemo allora con quale facilità sono state a
noi perdonate le iniquità, che forse nei secoli passati non ci sarebbero state
rimesse, se non dopo dure e solenni espiazioni; e, pensando alla giustizia del
Signore, che non muta mai, qualunque siano i cambiamenti che l'accondiscendenza
della Chiesa introdusse nella sacra disciplina, ci sentiremo tanto più portati
ad offrire a Dio il sacrificio d'un cuore veramente contrito e ad animare con
un sincero spirito di penitenza le piccole soddisfazioni che presenteremo alla
sua divina Maestà.
Riti e Usanze liturgiche
Per conservare al sacro tempo della Quaresima il carattere di
austerità che gli conviene la Chiesa, per moltissimi secoli, si mostrò molto
riservata nell'ammettere feste in questo periodo dell'anno, perché esse recano
sempre con sé dei motivi di gioia. Nel IV secolo, il Concilio di Laodicea già
mostrava tale disposizione nel suo 51.o Canone, là dove permetteva di celebrare
la festa dei santi solo i sabati e le domeniche. La Chiesa greca si mantiene in
questo rigore, e solo parecchi secoli dopo il Concilio di Laodicea permise, per
il 25 marzo, la festa dell'Annunciazione.
La Chiesa Romana conservò per lungo tempo questa disciplina, almeno
all'inizio; però ammise molto presto la festa dell'Annunciazione, ed in seguito
quella dell'Apostolo san Mattia, il 24 febbraio e in questi ultimi secoli aprì
il suo calendario a diverse altre feste nella parte corrispondente alla
Quaresima, ma sempre però con limitata misura, per rispettare lo spirito
dell'antichità.
La ragione per cui la Chiesa Romana ammise più facilmente le feste dei
Santi nella Quaresima è che gli Occidentali non ritengono la celebrazione delle
feste incompatibile col digiuno; mentre i Greci sono persuasi del contrario,
tanto che il sabato, considerato sempre dagli Orientali un giorno solenne, non
è mai per loro, giorno di digiuno, a meno che sia Sabato Santo. Per lo stesso
motivo essi non digiunano il giorno dell'Annunciazione, per riguardo alla
solennità di tale festa.
Questo modo di pensare degli Orientali diede origine, verso il VII
secolo, ad un'istituzione ch'è loro particolare, chiamata da essi la Messa dei
Presantificati, cioè delle cose consacrate in un sacrificio precedente. Ogni
domenica di
Quaresima il celebrante consacra sei ostie, di cui una la consuma nel
Sacrificio, le altre cinque sono riservate per una semplice comunione da farsi
in ciascuno dei cinque giorni seguenti, senza Sacrificio. La Chiesa latina
pratica questo rito una sola volta l'anno, il Venerdì Santo, e per una ragione
profonda che spiegheremo a suo tempo.
Il principio di tale usanza presso i Greci è scaturito evidentemente
dal 49.o Canone del Concilio di Laodicea, che prescrive di non offrire il pane
del sacrificio in Quaresima, se non il sabato e la domenica. Nei secoli
seguenti i Greci conclusero da questo canone che la celebrazione del Sacrificio
non si poteva conciliare col digiuno; e da una loro controversia avuta nell'XI
secolo col legato Umberto (Contro Niceta, t. iv), sappiamo, che la Messa dei
Presantificati, che ha in suo favore un canone del famosissimo concilio
chiamato in Trullo, tenuto nel 692, era giustificata dai Greci da ciò che in
quel Canone si affermava e cioè che la comunione del corpo e del sangue del
Signore rompeva il digiuno quaresimale.
I Greci celebrano detta cerimonia la sera, dopo l'Ufficio dei Vespri;
in essa il solo celebrante si comunica, come da noi il Venerdì Santo. Però da
molti secoli, fanno eccezione per il giorno dell'Annunciazione, nella quale
solennità, siccome è sospeso il digiuno, celebrano il Sacrificio e i fedeli si
comunicano. La norma del Concilio di Laodicea pare non sia stata mai accolta
dalla Chiesa d'Occidente, e non troviamo, a Roma, nessuna traccia della
sospensione del sacrificio in Quaresima.
La mancanza di spazio ci obbliga a non accennare che leggermente a
tutti i dettagli di questo capitolo. Se non che ci resta ancora da dire qualche
cose circa le consuetudini della Quaresima in Occidente. Già ne abbiamo fatte
conoscere e spiegate parecchie del Tempo della Settuagesima. La sospensione
dell'Alleluia, l'uso del colore violaceo nei paramenti sacri, la soppressione
della dalmatica del diacono e della tunica del suddiacono; i due inni gioiosi
Gloria in excelsis e Te Deum laudamus, entrambi proibiti; il Tratto, che
supplisce nella Messa il versetto alleluiatico; l'Ite, missa est, sostituito da
un'altra formula; l'Oremus della penitenza che si recita sul popolo a fine
Messa, nei giorni della settimana in cui non si celebra la festa d'un Santo; i
Vespri sempre anticipati prima di mezzogiorno, eccetto le Domeniche: sono
diversi riti già noti ai nostri lettori. Quanto alle cerimonie attualmente in
uso, rimangono da notare le preghiere che si fanno in ginocchio alla fine
d'ogni Ora dell'Ufficio, nei giorni feriali, ed anche la consuetudine in virtù
della quale nei medesimi giorni, tutto il Coro rimane genuflesso durante
l'intero Canone della Messa.
Ma le nostre Chiese d'Occidente praticavano ancora in Quaresima altri
riti, che da parecchi secoli sono caduti in disuso, sebbene alcuni di essi si
siano conservati, in talune località, fino ai nostri giorni. Il più importante
di tutti era quello di stendere un gran velo, ordinariamente di colore
violaceo, chiamato cortina, fra il coro e l'altare, così che né il clero né il
popolo potevano più vedere i santi Misteri che vi si celebravano dietro. Il
velo simboleggiava il dolore della penitenza, al quale si deve sottoporre il
peccatore, per meritare di contemplare di nuovo la maestà di Dio, il cui
sguardo fu oltraggiato dalle sue iniquità [1]. Esso significava anche le
umiliazioni di Cristo, che furono scandalo alla superbia della Sinagoga, ma poi
scomparvero tutto ad un tratto, come un velo che in un attimo si toglie, per
dar luogo agli splendori della Risurrezione (Onorio d'Autun, Gemma animae, l.
iii, c. lxvi). La medesima usanza, fra gli altri luoghi. è rimasta anche nella
Chiesa metropolitana di Parigi.
In molte Chiese c'era anche la consuetudine di velare la croce e le
immagini dei santi fin dall'inizio della Quaresima, per ispirare una più viva
compunzione ai fedeli, i quali si vedevano così privati della consolazione di
posare lo sguardo sopra gli oggetti cari alla loro pietà. Però questa pratica,
che s'è pure conservata in alcuni luoghi (come nel Rito Ambrosiano) è meno
giustificata di quella della Chiesa Romana, la quale copre i crocifissi e le
immagini solo nel tempo di Passione, come a suo luogo spiegheremo.
Apprendiamo dagli antichi cerimoniali del Medio Evo, che si solevano
fare durante la Quaresima numerose processioni da una chiesa all'altra,
particolarmente i mercoledì e i venerdì; nei monasteri queste processioni si
facevano attraverso i chiostri, ed a piedi nudi (Martène, De antiquis Ecclesiae
ritibus, t. iii, c. xviii). Erano un'imitazione delle Stazioni di Roma, che in
Quaresima sono giornaliere, e che, per molti secoli, cominciavano con una
processione solenne alla chiesa stazionale.
Finalmente, la Chiesa ha sempre moltiplicato le sue preghiere durante
la Quaresima. Fino a questi ultimi tempi la disciplina voleva che nelle chiese
cattedrali e collegiali, purché non esenti da una consuetudine contraria, si
doveva aggiungere alle Ore Canoniche: il lunedì l'Ufficio dei Morti, il mercoledì
i salmi Graduali, e il venerdì i Salmi Penitenziali. Nelle Chiese di Francia,
nel Medio Evo, si doveva aggiungere un Salterio intero, ogni settimana,
all'Ufficio ordinario (Martène, ivi, t. iii, c. xviii).
[1] "Sappiamo dall'antica disciplina della Chiesa, che i pubblici
penitenti erano sottoposti, durante la santa Quarantena, ad un regime speciale
di penitenza, che cominciava in Quaresima con l'imposizione delle ceneri e
l'espulsione dalla chiesa, e terminava il Giovedì Santo con la pubblica riconciliazione.
Ora a mano a mano che lo stretto regime della penitenza pubblica andò scemando,
l'idea della pubblica penitenza si estese alla generalità dei fedeli. Così noi vediamo
il clero e i fedeli chiedere ben presto spontaneamente l'imposizione delle
ceneri e, con ciò stesso, riconoscersi, in qualche maniera, pubblici penitenti:
è come se l'intera comunità dei fedeli passasse la Quaresima nella pubblica
penitenza.
Ma, benché considerati come peccatori e penitenti, non potevano
evidentemente tutti i fedeli esser cacciati fuori dalla chiesa; si doveva,
allora, assolutamente rinunciare a ricordar loro alcune grandi verità che la
Liturgia inculcava ai pubblici penitenti? I peccatori meritavano d'essere
esclusi dalla chiesa, come Adamo era stato cacciato dal paradiso a causa della
sua colpa: senza penitenza non era possibile raggiungere il regno del cielo e
la visione di Dio.
Quindi, non ha forse cercato la Liturgia di ribadire questa verità in
una maniera sensibile, nascondendo alla loro vista l'altare, il santuario,
l'immagine di Dio e quella dei Santi uniti a lui nella gloria celeste?"
(C. Callewaert, Sacris erudiri, p. 699).
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale -
Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, pp. 490-496
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