Signore, nel tuo sdegno non mi rimproverare e non correggermi nella tua
ira.
Perché le tue frecce si son confitte in me ed hai aggravato su di me la
tua mano.
Non v'è sanità nella mia carne di fronte al volto della tua ira.
Non c'è pace per le mie ossa dinanzi ai miei peccati
Non v'è sanità nella mia carne di fronte al volto della tua ira.
Sono debole e umiliato oltremodo
Ruggivo per il gemito del mio cuore
E dinanzi a te sta ogni mio desiderio: Ed il mio gemito non ti è
nascosto
Il cuore mio si è turbato. E mi ha abbandonato la mia forza. E la luce
dei miei occhi non è con me
I miei amici e i miei parenti si sono avvicinati e si sono posti contro
di me
e i parenti sono stati lontani e facevano violenza coloro che cercavano
la mia vita
Coloro che cercavano il mio male, hanno detto vanità. E tutto il giorno
meditavano inganni
Ma io come sordo non udivo e come muto che non apre la sua bocca
Sono divenuto come uomo che non ode e non ha repliche nella sua bocca
Perché in te, o Signore, ho sperato, tu mi esaudirai, o Signore, Dio
mio
Non sia mai che esultino contro di me i miei nemici; e già nel
vacillare del mio piede, han detto grandi cose contro di me.
Perché io sono pronto alle sofferenze e il mio dolore è sempre dinanzi
a me.
Perché io confesso la mia ingiustizia e sto in pena per il mio peccato
Ma i miei nemici vivono; e sopra di me si sono rafforzati, e si sono
moltiplicati coloro che mi odiano ingiustamente
Mi denigravano coloro che rendono male per bene, perché ho perseguito
la giustizia.
Non mi abbandonare, o Signore Dio mio, non ti allontanare da me.
Accorri in mio aiuto, o Signore della mia salvezza.
1. In modo opportuno risponde
alle parole che abbiamo cantato: Confesso
la mia iniquità, m'angustio per il mio peccato 1, la donna di cui abbiamo
letto nel Vangelo. Il Signore infatti, vedendo i suoi peccati, la chiamò cane,
dicendo: Non è bene gettare ai cani il
pane dei figli 2. Ma ella, che aveva appreso a confessare la sua iniquità e
a preoccuparsi per il suo peccato, non negò quel che disse la Verità; ma,
confessata la sua miseria, molto di più impetrò misericordia, preoccupandosi
per il proprio peccato. Aveva infatti chiesto che venisse risanata la figlia
sua, quasi significando nella figlia la sua vita. Fate dunque attenzione
mentre, per quanto possiamo, spieghiamo e commentiamo tutto il salmo. Il
Signore sia presente nei nostri cuori, in modo che possiamo salutarmente
ritrovare qui le nostre parole e pronunziarle come le avremo ritrovate, senza
difficoltà nel ritrovarle e senza errore nel proferirle.
2. [v 1.] Ecco il titolo: Salmo di David, per la commemorazione del
sabato. Cerchiamo le cose che sono state scritte per noi riguardo al santo
profeta David, dalla cui stirpe nacque il nostro Signore Gesù Cristo secondo la
carne 3; e tra le buone cose che di lui conosciamo attraverso le Scritture non
troviamo che egli abbia alcuna volta commemorato il sabato. Perché infatti se
ne sarebbe così ricordato, conformemente a quella osservanza dei Giudei secondo
la quale rispettavano il sabato; perché se ne sarebbe così ricordato, dal
momento che esso necessariamente sopravveniva alla fine dei sette giorni? Era
da osservare, non da ricordare. Ci si ricorda, infatti, solo di ciò che non sta
presente. Ad esempio, in questa città tu ti ricordi di Cartagine, dove sei
stato una volta; ed oggi ti ricordi di ieri, oppure dell'anno scorso, o di
qualche anno anteriore, o di qualche cosa che hai fatto, o di qualche luogo,
ove sei stato, o di qualche fatto cui sei stato presente. Che significa dunque, fratelli miei, questa commemorazione del sabato?
quale anima si ricorda in questo modo del sabato? e che cos'è questo sabato?
Perché è nel pianto che lo si ricorda. Nel leggere il salmo, avete udito e di
nuovo udrete, scorrendone ancora il testo, quanto grande sia la tristezza, il
gemito, il pianto, la miseria. Ma è
felice chi è sventurato in questo modo. Per questo anche il Signore nel
Vangelo ha chiamato beati coloro che piangono 4. Come beato, se piange? Come
beato, se è misero? Dirò di più: sarebbe
misero se non piangesse. Tale dunque riconosciamo anche questi che qui si
ricorda del sabato, questo sconosciuto che piange; volesse il cielo che fossimo
anche noi questo sconosciuto! C'è dunque qualcuno che soffre, che geme, che
piange, ricordandosi del sabato. Il sabato è la pace. Senza dubbio questo sconosciuto si trovava in qualche
inquietudine, se gemendo si ricordava della pace.
Signore, nel tuo sdegno non mi rimproverare e non correggermi nella tua
ira.
Domine ne in furore tuo arguas
me: neque in ira tua corripias me.
3. [v 2.] Orbene, questi narra e raccomanda a Dio l'inquietudine per
cui soffre, temendo qualcosa di più grave dello stato in cui si trovava. In
effetti, che si trova nel male lo dice apertamente, e non c'è bisogno di
interpretare, né di ricorrere a sospetti o a congetture; dalle sue parole
risulta chiaro in qual male si trovi, non c'è bisogno che noi indaghiamo, ma
che comprendiamo ciò che dice. E se non temesse qualcosa di peggio di ciò da
cui era stretto, non comincerebbe col dire: Signore,
nel tuo sdegno non mi rimproverare e non correggermi nella tua ira. Accadrà
infatti che alcuni siano corretti nell'ira di Dio, e siano rimproverati nel suo
sdegno. E forse non tutti coloro che sono rimproverati si correggeranno;
accadrà invece che taluni saranno salvi nell'essere corretti. Accadrà
certamente cosi, perché si parla di correzione; ma [di correzione] come
attraverso il fuoco. Accadrà pure che vi saranno alcuni che sono rimproverati e
non si correggeranno. Infatti rimprovera il Signore coloro cui dice: Ho avuto
fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere
e le altre cose che ivi proseguendo incolpa alla disumanità e alla sterilità
dei malvagi che stanno alla sua sinistra, ai quali è detto: Andate nel fuoco eterno, che è stato
preparato per il diavolo e gli angeli suoi 5. Temendo costui questi più
gravi mali, lasciando da parte la stessa vita, nelle cui sofferenze piange e
geme, prega e dice: Signore, non mi
rimproverare nel tuo sdegno. Che io non sia tra coloro cui dirai: Andate nel fuoco eterno, che è stato
preparato per il diavolo e gli angeli suoi. E non mi correggere nella tua
ira, in modo da purificarmi in questa vita e da rendermi tale da non aver ormai
più bisogno del fuoco della correzione, come accade per coloro che si
salveranno, ma attraverso il fuoco. E perché avviene questo, se non perché
qui edificano sopra il fondamento legno, erba e paglia? Se avessero edificato
invece oro, argento e pietre preziose, sarebbero sicuri dall'uno e dall'altro
fuoco; non solo da quello eterno che eternamente tormenterà gli empi, ma anche
da quello che correggerà coloro che saranno salvi attraverso il fuoco. Sta
scritto: Ma anche egli sarà salvo,
tuttavia come attraverso il fuoco 6. E poiché è detto sarà salvo, è
disprezzato quel fuoco. Pertanto, anche se essi saranno salvi attraverso il
fuoco, tuttavia quel fuoco sarà più doloroso di qualsiasi cosa l'uomo possa
patire in questa terra. E voi sapete quante sofferenze i malvagi hanno patito
sulla terra, e quante ne possono subire: tuttavia tante ne hanno subite quante
ne possono patire anche i buoni. Che cosa infatti ha sopportato, a causa delle
leggi, qualunque malfattore, ladro, adultero, scellerato, sacrilego, che non
abbia sopportato il martire nel confessare Cristo? Molto più sopportabili sono
dunque le sofferenze terrene: e tuttavia voi vedete che gli uomini, pur di non
subirle, sono pronti a fare qualunque cosa tu gli comandi. Quanto sarebbe meglio se facessero ciò che Dio comanda, in modo da
non dover subire quelle altre ben più gravi sofferenze!
Perché le tue frecce si son confitte in me ed hai aggravato su di me la
tua mano.
Quoniam sagittae tuae infixae
sunt mihi: et confirmasti super me manum tuam.
4. [v 3.] Orbene, perché costui
chiede di non esser rimproverato nello sdegno, e di non esser corretto
nell'ira? È come se dicesse a Dio: Poiché
già sono molte e grandi le sofferenze che subisco, ti prego che tu non le
accresca. E comincia ad enumerarle, per soddisfare Dio, offrendo le
sofferenze che patisce, onde non subirne di peggiori: Perché le tue frecce si son confitte in me ed hai aggravato su di me la
tua mano.
Non v'è sanità nella mia carne di fronte al volto della tua ira.
Non est sanitas in carne mea a
facie irae tuae
5. [v 4.] Non v'è sanità nella mia carne di fronte al volto della tua ira.
Finora parlava delle sofferenze che qui subiva; ed ora già parla dell'ira del Signore, e quindi della vendetta del
Signore. Di quale vendetta? Quella che ricevette in Adamo. In lui infatti
si è vendicato, altrimenti invano Dio avrebbe detto: Di morte morirai 7, o invano patiremmo alcuna cosa in questa vita,
dovuta a quella morte che meritammo per il primo peccato. Portiamo infatti un
corpo mortale (che certamente non lo sarebbe), ricolmo di tentazioni, pieno di
affanni, oppresso da dolori corporali, schiacciato dal bisogno, mutevole,
debole anche quando è sano, perché non è mai completamente sano. Perché diceva:
Non v'è sanità nella mia carne, se non
perché quella che è detta salute in questa vita, non lo è affatto per coloro
che comprendono bene, e si ricordano del sabato? Infatti, se non avete
mangiato, la fame vi tormenta. Questa è certamente una infermità naturale,
perché, a causa della vendetta, la natura si è fatta per noi condanna. Ciò che
per il primo uomo era condanna, per noi è natura. Ecco perché l'Apostolo dice: Fummo anche noi per natura figli dell'ira,
come gli altri 8. Per natura figli dell'ira, perché portiamo il peso della
vendetta. Ma perché dice fummo? Perché
nella speranza non lo siamo più: ma lo siamo nella vita presente. Diciamo
dunque meglio che siamo nella speranza, perché siamo certi di questa speranza.
Non è infatti incerta la nostra speranza, quasi dubitassimo di essa. Ascolta la
gloria stessa [annunciata] nella speranza. In
noi stessi - dice - gemiamo
aspettando l'adozione, la redenzione del nostro corpo 9. E che dunque? Non
ancora sei stato redento, o Paolo? non ancora per te è stato pagato il prezzo?
non è stato dunque versato quel sangue? e non è esso stesso il prezzo di tutti
noi? Certo che lo è. Ma sta' attento a quanto dice: Perché nella speranza siamo stati salvati; ma la speranza che si
vede non è speranza. Infatti, chi già vede una cosa, che spera più? Ma se
speriamo ciò che non vediamo, con pazienza aspettiamo 10. E che cosa aspetta con pazienza? La salvezza. La salvezza di che cosa?
Del corpo stesso: perché così ha detto: la
redenzione del nostro corpo 11. Se aspettava la salute del corpo, non
era salute quella che aveva. Sei affamato e la sete fa venir meno, se non viene
il soccorso. Il rimedio per la fame è il cibo, il rimedio per la sete è la
bevanda, il rimedio per la stanchezza è il sonno. Elimina questi rimedi e
guarda un po' se non vengono meno le cose esistenti. Se, sottratti questi
rimedi, non vi fossero infermità, ci sarebbe la salute. Ma se in te c'è
qualcosa che può ucciderti, se non mangi, ebbene, non gloriarti della tua
salute, ma gemendo aspetta la redenzione del tuo corpo. Rallegrati perché sei stato redento: ma non ancora nella realtà,
sibbene nella speranza. E se non gemerai nella speranza, non perverrai alla
realtà. Questa che abbiamo ora non è dunque sanità, e per questo dice: Non c'è
sanità nella mia carne, di fronte al volto della tua ira. E cosa sono le frecce che sono state infisse? Chiama frecce la
condanna stessa, il castigo, e forse anche i
dolori che qui è inevitabile patire, nell'anima e nel corpo. Anche il santo
Giobbe parla di queste frecce, e, mentre era immerso nel dolore, disse che era
trafitto dalle frecce del Signore 12. Siamo soliti tuttavia designare con
frecce anche le parole del Signore; ma forse che questi che parla potrebbe
dolersi di esser stato ferito in tal modo da esse? Le parole del Signore sono
frecce che suscitano amore, non dolore. O forse è perché l'amore stesso non può
essere senza dolore? Tutto ciò infatti che amiamo e non possediamo,
necessariamente ci è causa di dolore. Ama e non soffre colui che possiede ciò
che ama: ma colui che ama - come ho già detto - e non possiede ancora l'oggetto
del suo amore, inevitabilmente, geme nel dolore. Donde quello che dice in
persona della Chiesa, la Sposa di Cristo nel Cantico dei Cantici: Perché io sono ferita d'amore 13. Dice
di essere ferita dall'amore: perché amava qualcosa e non ancora lo possedeva; e
perciò soffriva, perché non ancora aveva. Dunque se si doleva, era ferita: ma
da questa ferita era innalzata alla verace salute. Chi non è stato ferito da
tale ferita, non può pervenire alla vera salute. Dunque costui sarà sempre
ferito da tale ferita? Possiamo perciò anche intendere che le saette infisse
sono le tue parole che si sono infisse nel mio cuore, parole che hanno fatto sì
che io mi ricordi del sabato; ma questa commemorazione del sabato, che non è
ancora possesso, fa sì che io non possa ancora gioire, e debba riconoscere che
né nella carne c'è la sanità, né lo posso dire, se paragono questa sanità a
quella salute che avrò nella pace eterna, quando questo corpo corruttibile
rivestirà l'incorruttibilità 14, e mi avvedo che, a paragone di quella salute,
questa sanità è malattia.
Non c'è pace per le mie ossa dinanzi ai miei peccati
Non est pax ossibus meis a facie
peccatorum meorum.
6. Non c'è pace per le mie ossa dinanzi ai miei peccati. Si suole
chiedere di chi sia questa voce; ed alcuni ritengono che si tratti della voce
di Cristo, dato che nel salmo si dicono certe cose che si riferiscono alla
Passione di Cristo; ad esse giungeremo tra breve e vedremo che si riferiscono
proprio alla Passione di Cristo. Ma come avrebbe potuto dire, Colui che non aveva nessun peccato 15,
le parole: Non c'è pace per le mie ossa
al cospetto dei miei peccati? Noi non possiamo intendere queste parole, se
non riconoscendo che si tratta del Cristo pieno e totale, cioè Capo e Corpo.
Quando il Cristo parla, talora parla solo in persona del Capo, che è Egli
stesso, il Salvatore, nato da Maria Vergine; tal'altra in persona del suo
Corpo, che è la santa Chiesa diffusa in tutto il mondo. Anche noi siamo nel suo Corpo, se la nostra fede in Lui è sincera, la
nostra speranza sicura e la nostra carità ardente; siamo nel suo Corpo, e siamo
le sue membra, e siamo perciò noi a parlare qui, come dice l'Apostolo: Perché noi siamo le membra del suo Corpo
16; concetto questo che l'Apostolo ripete in molti passi. Se dicessimo infatti
che queste non sono parole di Cristo, neppure sarebbero parole di Cristo queste
altre: Dio mio, Dio mio, perché mi hai
abbandonato? 17 Eppure anche in quel salmo leggi: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? lontano dalla mia salvezza
le parole delle mie colpe 18; così come qui leggi: al cospetto dei miei
peccati, là trovi: le parole delle mie colpe. Dato che certamente Cristo è
senza peccato e senza colpa, dobbiamo contestare che le sue [ultime] parole
siano quelle stesse del salmo? Sarebbe molto incomprensibile e contraddittorio
che quel salmo non si applicasse a Cristo, dato che in esso troviamo tanti
aperti riferimenti alla sua Passione, quasi come se la si leggesse nel Vangelo.
Leggiamo infatti in esso le parole: Si
sono divisi i miei abiti, e sulla mia veste hanno gettato la sorte 19. E
perché il Signore stesso, dall'alto della croce, ha pronunziato con la sua
bocca il primo verso di questo salmo, ed ha detto: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? 20 Che cosa ha voluto
farci intendere, se non che quel salmo tutto intero si riferiva a lui, in
quanto Egli stesso ne pronunziava l'inizio? Non v'è quindi dubbio che le parole
che seguono, laddove egli dice: Le parole
dei miei peccati, sono voce di Cristo. E
donde derivano allora i peccati, se non dal Corpo, che è la Chiesa? Chi parla
dunque è il Corpo ed il Capo di Cristo. Perché parla come se fosse uno solo?
Perché saranno, dice, due in una carne sola. È questo un grande mistero,
aggiunge l'Apostolo, e io lo dico riguardo al Cristo e alla Chiesa 21. Onde
ancora egli stesso, allorché parla nel Vangelo rispondendo a coloro che gli
ponevano la questione sul ripudio della sposa, dice: Non avete letto che Dio al principio li fece maschio e femmina, e
l'uomo abbandonerà il padre e la madre e si unirà alla sua sposa, e saranno due
in una carne sola? Dunque non più due, ma una sola carne 22. Se Egli stesso
ha detto non più due, ma una sola carne, che c'è di strano se ci sono una sola
carne, una sola lingua e le stesse parole, in quanto di una sola carne, del
Capo e del Corpo? Ascoltiamo dunque il Cristo in quanto è uno, ma tuttavia
ascoltiamo il Capo come Capo, e il Corpo come Corpo. Non si dividono le
persone, ma si distingue la dignità; poiché il Capo salva, mentre il Corpo è salvato. Manifesti il Capo la
misericordia, pianga il Corpo la sua miseria. Al Capo spetta purificare, al
Corpo confessare i peccati; una sola tuttavia è la voce, quando non sta scritto
quando è il Corpo che parla, e quando il Capo; ma noi, nell'ascoltare la voce,
operiamo la distinzione, mentre Egli parla come se fosse uno solo. Perché non
dovrebbe dire: miei peccati, Colui che ha detto: Ho avuto fame, e non mi avete
dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; fui pellegrino, e
non mi avete accolto; fui malato e prigioniero, e non mi avete fatto visita?
Sicuramente il Signore non fu mai in carcere. Perché non direbbe questo, Colui
il quale, allorché gli vien detto: Quando ti abbiamo visto affamato ed
assetato, o in carcere e non ti abbiamo assistito? risponde, parlando a nome
del suo Corpo: Quando non lo avete fatto
ad uno di questi miei piccoli, è a me che non lo avete fatto? 23 Perché non
dovrebbe dire: al cospetto dei miei peccati, Colui che disse a Saulo: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? 24
Eppure Egli in cielo non soffriva più alcuna persecuzione. Ma allo stesso modo
in cui là il Capo parlava per il Corpo, così anche qui il Capo dice le parole
del Corpo, mentre udite ancora la voce del Capo. Ebbene, anche quando udite le
parole del Corpo, non separatene il Capo; né quando udite le parole del Capo
separate il Corpo; perché non sono più due, ma una sola carne.
7. Non c'è sanità nella mia carne di fronte al volto della tua ira. Ma
per caso, si è adirato ingiustamente con te Dio, o Adamo, o genere umano:
ingiustamente si è adirato Dio! Perché, riconoscendo la tua stessa pena, tu,
uomo già stabilito nel Corpo di Cristo, hai detto: Non c'è sanità nella mia carne di fronte al volto della tua ira.
Mostra la giustizia dell'ira di Dio affinché non sembri che tu scusi te stesso
e accusi Lui. Prosegui, e di' donde viene l'ira del Signore. Non c'è sanità nella mia carne di fronte al
volto della tua ira; non c'è pace per le mie ossa. Ripete quel che ha
detto: Non c'è sanità nella mia carne,
significa infatti non c'è pace per le mie
ossa. Non ripete invece di fronte al volto della tua ira, ma spiega quale è la causa dell'ira di Dio:
Non c'è pace - dice - per le mie ossa, per la presenza dei miei peccati.
Perché le mie iniquità hanno sollevato il mio capo, come una pesante
fascina hanno gravato su di me.
Quoniam iniquitates meae
supergressae sunt caput meum: et sicut onus grave gravatae sunt super me.
8. [v 5.] Perché le mie iniquità hanno sollevato il mio capo, come una pesante
fascina hanno gravato su di me. Qui premette la causa, e fa seguire
l'effetto; poiché ha detto donde deriva il suo stato: Le mie iniquità hanno sollevato il mio capo. Perché nessuno è superbo se non l'iniquo, e la superbia fa
sollevare il capo. In alto si solleva chi erge il capo contro Dio. Avete udito
quando è stato letto il passo dell'Ecclesiastico: Il principio della superbia dell'uomo è l'apostatare da Dio 25.
Colui che per primo non ha voluto dare ascolto al comandamento, ha sollevato
per la sua iniquità il capo contro Dio. E poiché le iniquità hanno sollevato il
suo capo, che cosa gli ha fatto Dio? Come
fascina pesante hanno gravato su di me. È caratteristico della leggerezza
sollevare il capo, come se non portasse nulla colui che erge il capo. Poiché
dunque è leggero ciò che può ergersi, riceve il peso onde sia schiacciato. Si
rovescia infatti il peso sul suo capo e la sua ingiustizia discende sulla sua
testa 26. Come fascina pesante hanno
gravato su di me.
Sono imputridite ed hanno esalato cattivo odore le mie piaghe: a causa
della mia follia.
Putruerunt, et corruptae sunt
cicatrices meae: a facie insipientiae meae.
9. [v 6.] Sono imputridite ed hanno esalato cattivo odore le mie piaghe. Già
più non è sano chi ha delle piaghe. Ed aggiungi che tali piaghe sono
imputridite ed hanno esalato cattivo odore. Perché hanno esalato cattivo odore?
Perché sono imputridite. E chi non sa in che modo questo sia spiegabile
riguardo alla vita umana? Se uno ha sano l'olfatto dell'anima, sentirà in qual
modo puzzano i peccati. A questo puzzo
dei peccati si opponeva quell'odore di cui parla l'Apostolo: Siamo il buon odore di Cristo per Dio, in
ogni luogo, per coloro che si salvano 27. Ma in qual modo, se non per la speranza? In che modo se non nel
ricordarci del sabato? Una cosa infatti noi piangiamo in questa vita, ed
un'altra ci ripromettiamo da quella. Ciò che si piange, puzza; ciò che si
spera, profuma. Se non fosse dunque per quel tale odore che ci invita, mai ci
ricorderemmo del sabato. Ma poiché possediamo tale profumo per mezzo dello
Spirito stesso, tanto che allo Sposo nostro diciamo: Corriamo dietro l'odore dei tuoi unguenti 28, distogliamo l'olfatto
dai nostri fetori, e, volgendoci a quel profumo, finalmente respiriamo. Ma se
non emanassero fetore per noi le nostre colpe, mai confesseremmo tra i gemiti: Sono imputridite ed hanno esalato cattivo
odore le mie piaghe. Perché? A causa
della mia stoltezza. Prima aveva detto: davanti ai miei peccati; ed ora
dice: a causa della mia follia.
Sono afflitto dalle miserie, e curvato fino alla fine: Tutto il giorno
me ne andavo contristato
Miser factus sum, et curvatus sum
usque in finem: tota die contristatus ingrediebar.
10. [v 7.] Sono afflitto dalle miserie, e curvato fino alla fine. Perché fu incurvato? Perché si era esaltato.
Se sei umile, sarai esaltato; se ti
esalti, sarai umiliato: non mancherà certo a Dio il peso onde schiacciarti.
Ed il peso sarà quello, la fascina dei tuoi peccati, che calerà sul tuo capo, e
ti curverai. Che significa infatti esser curvo? Non potersi alzare. Così il
Signore trovò quella donna che da diciotto anni era curva: non poteva infatti
alzarsi 29. E tali sono coloro che hanno il cuore rivolto alla terra. Ma,
poiché quella donna incontrò il Signore ed Egli la risanò, chi è curvo ascolti:
in alto il cuore. Tuttavia, in quanto è curvo, ancora geme. È curvo infatti
colui che dice: Perché il corpo che si
corrompe appesantisce l'anima, e la dimora terrena deprime colui che pensa
molte cose 30. Fra queste cose gema, per ricevere quelle altre; si ricordi
del sabato, per meritare di giungere al sabato. Perché quello che celebravano i
Giudei era un segno. Segno di che cosa? Di quello che ricorda colui che dice:
Sono afflitto dalle miserie e curvato fino alla fine. Che significa: fino alla
fine? Fino alla morte. Tutto il giorno me
ne andavo contristato. Tutto il giorno, cioè senza sosta. Questo significa
durante tutto il giorno: per tutta la
vita. Ma da quando se ne è accorto? Da
quando ha cominciato a ricordarsi del sabato. Vuoi che non cammini nella
tristezza, mentre si ricorda di ciò che non possiede? Tutto il giorno me ne
andavo contristato.
Perché l'anima mia è ricolma di illusioni e non c'è sanità nella mia
carne
Quoniam lumbi mei impleti sunt
illusionibus: et non est sanitas in carne mea.
11. [v 8.] Perché l'anima mia è ricolma di illusioni e non c'è sanità nella mia
carne. Dove sta tutto l'uomo, c'è anima e carne. L'anima è piena di
illusioni, la carne non ha salute: che cosa rimane di cui allietarsi? Non è
forse inevitabile contristarsi? Tutto il
giorno me ne andavo contristato. Sia dunque in noi la tristezza, finché la
nostra anima non si sarà spogliata delle illusioni, e il nostro corpo non si
sarà rivestito della salute. La vera
salute è l'immortalità. Come mi basterebbe il tempo, se volessi dire quante
sono le illusioni dell'anima? Quale è l'anima che non ne soffre? Brevemente vi
spiego in qual modo la nostra anima sia piena di illusioni. Oppressi da tali illusioni, talvolta a
stento ci è possibile pregare. Per quanto si riferisce ai corpi, noi
sappiamo pensare solo per immagini:
e spesso sopravvengono quelle che non cerchiamo, e vogliamo da questa passare a
quella, e da quella a quell'altra; e quando vuoi tornare a ciò che pensavi, ed
abbandonare quello che pensi ora, ecco ti imbatti in qualche altra cosa; vuoi
ricordare ciò di cui ti eri dimenticato e non ti viene in mente, mentre magari
ti viene in mente ciò che non desideri. Dov'è finito ciò di cui ti sei
scordato? E perché ti viene in mente più tardi, quando più non lo cerchi?
Mentre invece lo cerchi, ti vengono in mente al suo posto innumerevoli altri
pensieri, che non cercavi. Ho parlato brevemente, fratelli; ho seminato in voi
qualcosa in modo che, ricevuto il seme, meditiate tra voi, onde giungere a
capire che cosa significhi piangere sulle illusioni della nostra anima. Ha
ricevuto il castigo dell'illusione, ha perduto la verità. Come infatti l'illusione è il castigo dell'anima, così
la verità è il suo premio. Ma, quando eravamo immersi in queste illusioni,
la Verità è venuta a noi, e ci ha trovati colmi di illusioni; ha assunto la
nostra carne, o meglio l'ha assunta di noi, cioè dal genere umano. Si è
manifestata agli occhi della carne, onde risanare per mezzo della fede coloro
ai quali avrebbe mostrato la Verità, affinché la Verità si manifestasse
all'occhio risanato. Perché Egli stesso è la Verità che ci ha promesso, quando
la sua carne era visibile, affinché avesse inizio la fede di cui la Verità è il
premio. Cristo infatti non si è mostrato in terra quale è, ma ha mostrato la
sua carne. Se avesse mostrato se stesso, lo avrebbero visto i Giudei e lo
avrebbero riconosciuto; e se lo avessero riconosciuto non avrebbero certo
crocifisso il Signore della gloria 31. Ma probabilmente lo videro i discepoli,
quando gli chiedevano: Mostraci il Padre,
e ci basta 32. Ed egli, per mostrare che essi non lo avevano visto,
replicò: Da tanto tempo sono con voi, e
non mi avete conosciuto? Filippo, chi vede me, vede il Padre 33. Orbene, se
vedevano Cristo, perché cercavano il Padre? Se avessero visto realmente Cristo,
avrebbero visto anche il Padre. Non ancora, dunque, vedevano Cristo coloro che
desideravano fosse loro mostrato il Padre. Ascolta perché ancora non Lo
vedevano: altrove promette la sua visione come premio, dicendo: Chi mi ama, osserva i miei comandamenti, e
chi ama me, è amato dal Padre mio ed io lo amerò. E, come se essi gli
avessero chiesto: Che darai a colui che amerai? E mostrerò - aggiunge - a lui
me stesso 34. Se dunque promette a coloro che Lo amano di mostrare in premio se
stesso, è chiaro che ci è appunto promessa una tale visione di verità vedendo
la quale noi non diremo: L'anima mia è
ricolma di illusioni.
Sono debole e umiliato oltremodo
Afflictus sum, et humiliatus sum
nimis.
12. [v. 9] Sono debole e umiliato oltremodo. Chi si ricorda della sublimità
del sabato, da se stesso vede quanto sia umiliato. Infatti chi non è in grado
di immaginare quale sia la profondità di quella quiete, nemmeno vede dove giace
ora. Per questo in un altro salmo ha detto: Io
ho detto nella mia estasi: Sono stato rigettato dalla vista dei tuoi occhi 35.
Nell'elevazione della mente ha visto non so che di sublime, e nel vedere non
era ancora ivi completamente; e manifestandoglisi, se così si può dire, come un
lampo della luce eterna, in cui si è accorto di non essere ma che in qualche
modo è riuscito a scorgere, ha visto dove si trovava e in qual modo era
sofferente e schiacciato per i mali umani, e dice: Io ho detto nella mia estasi: Sono stato rigettato dalla vista dei tuoi
occhi. Tale è quel non so che da me intravvisto nell'estasi, che mi rendo
conto di quanto ne sono lontano, io che ancora non sono colà. Era là colui che
ha detto di essere stato trasportato al terzo cielo, e di avere ivi udito
parole ineffabili, che non è consentito agli uomini dire. Ma è stato richiamato
a noi, onde prima gemere per perfezionarsi nell'infermità ed essere poi
rivestito di virtù; tuttavia, incoraggiato per aver visto alcune di quelle cose
nell'esercizio del suo ministero, soggiunge: Ho udito parole ineffabili, che non è consentito all'uomo dire 36.
Non è dunque il caso che chiediate a me o a chiunque altro cose che non è
lecito all'uomo dire, dato che non fu lecito dirle a colui cui fu consentito
ascoltarle. Orbene piangiamo e gemiamo nella confessione, riconosciamo dove
siamo, ricordiamoci del sabato, e pazientemente aspettiamo ciò che egli ci ha
promesso, egli che ha dato in se stesso a noi l'esempio della pazienza: Sono debole e umiliato oltremodo.
Ruggivo per il gemito del mio cuore
Rugiebam a gemitu cordis mei.
13. Ruggivo per il gemito del mio cuore. Voi osservate abitualmente i
servi di Dio supplicare con i gemiti; se ne ricerca la causa, e solo si avverte
il gemito di qualche servo di Dio, sempreché esso giunga alle orecchie
dell'uomo che gli sta vicino. C'è infatti un gemito nascosto che l'uomo non
ode; tuttavia, se l'intenso pensiero di un qualche desiderio occuperà il cuore,
tanto che la ferita dell'uomo interiore pervenga ad esprimersi con voce più
chiara, se ne cerca la causa; e l'uomo [che ascolta] dice tra sé: Forse è per
questo che geme, e forse quest'altro gli è stato fatto. Chi può capirlo, se non
colui dinanzi ai cui occhi ed alle cui orecchie geme? Per questo ruggivo - dice
- per il gemito del mio cuore, in quanto gli
uomini, quando odono il gemito dell'uomo, odono di solito il gemito della
carne, e non odono invece colui che geme nel gemito del cuore. Uno
sconosciuto ha rubato qualcosa ad uno: questi ruggiva, ma non per il gemito del
cuore; un altro perché ha seppellito il figlio; un altro ancora perché ha
seppellito la moglie; un altro perché la grandine è caduta sulla sua vigna,
perché la sua botte perde, perché ignoti gli hanno rubato il giumento; un altro
perché ha subito un danno; un altro ancora perché teme un uomo nemico: ebbene,
tutti costoro ruggiscono per il gemito della carne. Ma il servo di Dio ruggisce nel ricordarsi del sabato, ove è il Regno
di Dio, che né carne né sangue possederanno 37: Ruggivo - dice - per il
gemito del mio cuore.
E dinanzi a te sta ogni mio desiderio: Ed il mio gemito non ti è
nascosto
Domine ante te omne desiderium
meum: et gemitus meus a te non est absconditus.
14. [v 10.] E chi capiva perché
ruggiva? Aggiunge: E dinanzi a te sta
ogni mio desiderio. Non dinanzi agli uomini, che non possono vedere il
cuore, ma dinanzi a te sta ogni mio desiderio. Sia dinanzi a lui il tuo
desiderio; ed il Padre, che vede nel segreto, lo esaudirà 38. Il tuo desiderio è la tua preghiera; se
continuo è il desiderio, continua è la preghiera. Perché non invano ha detto
l'Apostolo: Pregando senza interruzione
39. Forse noi senza interruzione pieghiamo il ginocchio, prostriamo il corpo, o
leviamo le mani, per adempiere all'ordine: Pregate senza interruzione? Se
intendiamo il pregare in tal modo, credo che non lo possiamo fare senza
interruzione. Ma c'è un'altra preghiera
interiore che non conosce interruzione, ed è il desiderio. Qualunque cosa
tu faccia, se desideri quel sabato, non smetti mai di pregare. Se non vuoi
interrompere la preghiera, non cessar mai di desiderare. Il tuo desiderio
continuo sarà la tua continua voce. Tacerai se cesserai di amare. Chi sono
quelli che hanno taciuto? Coloro dei quali è detto: Poiché ha abbondato l'ingiustizia, si raggelerà la carità di molti 40.
Il gelo della carità è il silenzio del cuore; l'ardore della carità è il grido
del cuore. Se sempre permane la carità, tu sempre gridi; se sempre gridi,
sempre desideri; e se desideri, ti ricordi della pace. Ed occorre tu intenda
dinanzi a chi echeggia il ruggito del tuo cuore. Stai bene attento con quale
desiderio devi mostrarti davanti agli occhi di Dio. Forse con il desiderio che
muoia il nostro nemico, come, apparentemente con giustizia, desiderano gli
uomini? Infatti talvolta non preghiamo come dovremmo. Osserviamo quanto
chiedono gli uomini come cosa giusta. Pregano affinché muoia qualcuno, e ne
venga a loro l'eredità. Ebbene, anche quelli che pregano perché muoiano i
nemici, ascoltino il Signore che dice: Pregate
per i vostri nemici 41. Non pregheranno dunque perché muoiano i nemici, ma
affinché essi si correggano e così verranno meno i nemici: non saranno più
tali, perché saranno ormai corretti. È
dinanzi a te ogni mio desiderio. E se è davanti a Lui il desiderio, non
sarà davanti a Lui anche il suo gemito? Come potrebbe esser così, dal momento
che il gemito è la voce del desiderio? Per questo continua: Ed il mio gemito non ti è nascosto. A te
non è nascosto, ma lo è a molti uomini. A volte sembra che l'umile servo di Dio
dica: E il mio gemito non ti è nascosto.
A volte sembra anche che il servo di Dio rida: forse che quel desiderio è morto
nel suo cuore? Ma se dentro al cuore c'è il desiderio, c'è anche il gemito; non
sempre esso giunge alle orecchie degli uomini, ma mai resta lontano dalle
orecchie di Dio.
Il cuore mio si è turbato. E mi ha abbandonato la mia forza. E la luce
dei miei occhi non è con me
Cor meum conturbatum est,
dereliquit me virtus mea: et lumen oculorum meorum, et ipsum non est mecum.
15. [v 11.] Il cuore mio si è turbato. Per che cosa si è turbato? E mi ha abbandonato la mia forza. Spesso
irrompe in noi repentinamente un non so che cosa; ne nasce il turbamento del
cuore, trema la terra, dal cielo echeggiano tuoni, scoppia un assordante
fragore e strepito, e magari ecco anche un leone che ci sbarra la strada. Ne
siamo turbati, i ladroni tendono insidie; ecco il turbamento, lo spavento, e da
ogni parte ci assale la paura. Perché tutto questo? Perché mi ha abbandonato la
mia forza. Se tale forza non mi abbandonasse, che cosa temerei? Qualunque cosa
si presentasse, qualunque cosa mi colpisse, qualunque cosa rintronasse,
qualunque cosa mi cadesse addosso, qualunque evento orribile si manifestasse,
niente di tutto ciò mi spaventerebbe. Donde
deriva dunque quel turbamento? Mi ha abbandonato la mia forza. E perché mi
ha abbandonato? E la luce dei miei occhi
non è con me. Si nascose dunque ad Adamo la luce dei suoi occhi. Infatti la luce dei suoi occhi era Dio stesso;
avendolo offeso, fuggì nell'ombra, e si nascose tra gli alberi del paradiso 42.
Aveva paura del volto di Dio, e cercò l'ombra degli alberi. Ed ormai tra gli
alberi più non aveva la luce degli occhi, di cui era solito rallegrarsi.
Ebbene: egli ha perduto all'origine la luce degli occhi, noi l'abbiamo perduta
perché da lui discendiamo; e queste membra tornano a quel secondo e ultimo
Adamo, poiché l'ultimo Adamo fu fatto in spirito vivifìcante 43, e gridano dal
suo Corpo in questa confessione: E la
luce dei miei occhi non è con me. Già ha confessato, già è stato
riscattato, già fa parte del Corpo di Cristo, e la luce dei suoi occhi non è
con lui? Sicuramente non è con lui: si trova fra coloro che si ricordano del
sabato, tra coloro che vedono nella speranza; ma non si tratta ancora di quella
luce, della quale è detto: Mostrerò loro
me stesso 44. Vi è certo qualcosa di
questa luce in noi, poiché siamo figli di Dio, e lo abbiamo per fede: ma non è
ancora quella luce che vedremo. Non ancora infatti è apparso quello che
saremo; sappiamo che quando si
manifesterà, saremo simili a lui, poiché lo vedremo quale Egli è 45. Infatti ora è la luce della fede e della
speranza. Perché, finché siamo nel
corpo, peregriniamo lontano dal Signore; camminiamo nella fede, non nella
chiara visione 46. E finché speriamo
ciò che non vediamo, con pazienza aspettiamo 47. Queste sono dunque parole
di pellegrini, non ancora giunti alla patria. Giustamente e veramente dice, e,
se in lui non è inganno, sinceramente confessa: E la luce dei miei occhi non è
con me. Questo soffre l'uomo nel suo intimo, con sé, in sé e per se stesso, e nessuno,
all'infuori di se medesimo, ne è la causa: ha meritato egli stesso che fosse
sua pena tutto ciò che prima ha elencato.
I miei amici e i miei parenti si sono avvicinati e si sono posti contro
di me
Amici mei, et proximi mei:
adversum me appropinquaverunt, et steterunt.
16. [v 12.] Ma è forse questa sola la sofferenza dell'uomo? Egli soffre nel suo
intimo, ma soffre anche all'esterno per colpa di coloro tra i quali vive:
patisce i suoi mali, ma è costretto anche a subire gli altrui. Questo indicano
le due frasi: Dai miei occulti (peccati)
purificami, Signore, e dagli altrui libera il tuo servo 48. Ormai ha già
confessato i suoi peccati occulti, dai quali desidera essere purificato: dica
dunque da quali mali altrui chiede di essere salvato. I miei amici. E che dirò
dunque dei nemici? I miei amici e i miei
parenti si sono avvicinati e si sono posti contro di me. Intendi che cosa
vuol dire con le parole: Sono stati contro di me. Se infatti sono stati contro
di me, contro se stessi sono caduti. I
miei amici e i miei parenti si sono avvicinati e si sono posti contro di me.
Già intendiamo le parole del Capo, già comincia a illuminarsi nella Passione il
nostro Capo. Ma, ripeto, allorché il Capo comincia a parlare, non separare da
esso il Corpo. Se il Capo non ha voluto separarsi dalle parole del Corpo, oserà
il Corpo separarsi dalle sofferenze del Capo? Soffri in Cristo, così come Cristo
in un certo senso ha peccato nella tua debolezza. Poiché ora parlava dei tuoi
peccati con la sua bocca e li diceva suoi. Affermava infatti: Davanti ai miei peccati, mentre non
erano suoi. Ebbene, come Egli ha voluto che i nostri peccati fossero suoi a
cagione del suo Corpo, vogliamo anche noi che le sue sofferenze siano nostre a
cagione del nostro Capo. Non sia mai che egli abbia sofferto a vantaggio degli
amici per mano dei nemici, e noi no. Prepariamoci dunque anche noi a sedere
alla medesima mensa; non respingiamo quel calice, onde trovare attraverso la
sua umiltà il desiderio della sua sublimità. A coloro che volevano raggiungere
la sua altezza, ma ancora non pensavano alla sua umiltà, ha infatti risposto,
dicendo: Potete voi bere il calice che io
berrò? 49 Dunque le sofferenze del Signore sono anche nostre sofferenze; e
ogni buon servo di Dio che conservi fedelmente la fede, che manifesti ciò che
deve e viva giustamente tra gli uomini, voglio vedere se non soffre anche
quelle sofferenze che qui Cristo elenca a proposito della sua Passione.
e i parenti sono stati lontani
Et qui iuxta me erant, de longe
steterunt.
17. I miei amici e i miei parenti si sono avvicinati e si sono posti contro
di me; e i parenti sono stati lontani.
Quali parenti si sono avvicinati, e quali sono stati lontani? Parenti erano i
Giudei, poiché eran consanguinei: e si sono avvicinati quando Lo hanno
crocifisso. Parenti erano anche gli Apostoli; e tuttavia sono stati lontani,
per non soffrire insieme con Lui. Si possono anche intendere le parole i miei amici nel senso di coloro che
hanno finto di essere miei amici. Si sono finti amici, infatti, quando hanno
detto: Sappiamo che insegni nella verità
la via di Dio 50; quando hanno cercato di tentarlo, chiedendogli se doveva
o no essere pagato il tributo a Cesare, e quando egli li ha confusi con le loro
stesse parole, volevano sembrare amici; ma egli non aveva bisogno che qualcuno
gli rendesse testimonianza sull'uomo, perché sapeva che cosa c'era nell'uomo
51, al punto che, alle loro parole amichevoli, ha risposto: Perché mi tentate, ipocriti? 52 Orbene, gli amici miei e i miei parenti si sono
avvicinati e si sono posti contro di me; e i parenti sono stati lontani.
Sapete che cosa ho detto. Ho chiamato parenti coloro che si sono avvicinati, e
tuttavia sono stati lontani. Si sono
avvicinati con il corpo, ma sono stati lontani con il cuore. Chi è stato
più vicino a lui con il corpo, di coloro che lo hanno sollevato sulla croce? E
tanto lontano con il cuore, quanto coloro che lo hanno bestemmiato? Ascoltate
come esprime questa lontananza il profeta Isaia, e vedete questa vicinanza e
lontananza: Questo popolo mi onora con le
labbra, ecco la vicinanza corporale; ma
il loro cuore è lontano da me 53. Gli
stessi, dunque, sono vicini e lontani; vicini con le labbra e lontani con il
cuore. Purtuttavia, siccome gli sono stati lontani, per paura, gli
Apostoli, più adeguatamente e chiaramente riferiamo questo a loro, onde
intendere che alcuni si sono avvicinati, mentre altri sono stati lontani;
perché anche Pietro, che più audacemente lo aveva seguito, era purtuttavia
tanto lontano che, interrogato e turbato, rinnegò per tre volte il Signore con
il quale aveva promesso di morire 54. Egli poi in seguito, da lontano divenuto
vicino, ha udito dopo la risurrezione: Mi
ami? e rispondeva: Ti amo 55. E
così dicendo si avvicinava, mentre negando si era allontanato, cancellando con
la parola d'amore, tre volte ripetuta, la triplice parola della negazione. E i miei parenti sono stati lontani.
e facevano violenza coloro che cercavano la mia vita
et vim faciebant, qui quaerebant
animam meam.
18. [v 13.] E facevano violenza coloro che cercavano la mia vita. È chiaro che
cercavano la sua vita coloro che non la possedevano, perché non erano nel suo
corpo. Coloro che cercavano la sua vita erano lontani da essa; ma la cercavano
per ucciderla; poiché si può ricercare la sua vita anche a fin di bene. Per
questo altrove rimprovera alcuni dicendo: E
non c'è chi cerchi la mia vita 56. Incolpa quelli che non cercano la sua
vita, e di nuovo rimprovera altri che la ricercano. Chi è dunque colui che cerca a fin di bene la sua anima? Colui che
imita le sue sofferenze. E chi sono coloro che cercavano a fin di male la
sua anima? Coloro che gli facevano violenza, e lo crocifiggevano.
Coloro che cercavano il mio male, hanno detto vanità. E tutto il giorno
meditavano inganni
Et qui inquirebant mala mihi,
locuti sunt vanitates: et dolos tota die meditabantur.
19. Continua: Coloro che cercavano il mio male, hanno
detto vanità. Che vuol dire: Coloro
che cercavano il mio male? Molte cose cercavano, e non le trovavano. Forse
avrà voluto dire: Cercavano le mie colpe. Perché hanno cercato che cosa dire
contro di lui, e non l'hanno trovato 57. Cercavano il male nel buono, cercavano
il delitto nell'innocente: come potevano trovarne in Colui che non aveva nessun
peccato? Ma poiché cercavano i peccati
in Colui che non aveva alcun peccato, non restava loro che inventare ciò che
non avevano trovato. Per questo coloro
che cercavano il mio male, hanno detto vanità, non verità. E tutto il giorno meditavano inganni,
cioè senza sosta tramavano tranelli. Sapete quante false testimonianze sono
state addotte contro il Signore prima della sua Passione. Sapete quante false
testimonianze sono state invocate anche dopo la sua Risurrezione. Osservate
infatti quali cose vane hanno detto quei soldati che custodivano il sepolcro,
dei quali Isaia aveva predetto: Porrò i
malvagi presso la sua sepoltura 58 (erano infatti malvagi, e non hanno
voluto dire la verità, e, corrotti, hanno seminato la menzogna). Sono stati
interrogati ed hanno detto: Mentre
dormivamo, sono venuti i suoi discepoli, e lo hanno portato via 59. Questo
significa dire cose vane. Se dormivano, infatti, come potevano sapere quello
che era accaduto?
Ma io come sordo non udivo e come muto che non apre la sua bocca
Sono divenuto come uomo che non ode e non ha repliche nella sua bocca
Ego autem tamquam surdus non
audiebam: et sicut mutus non aperiens os suum.
Et factus sum sicut homo non
audiens: et non habens in ore suo redargutiones.
20. [vv 14.15.] Dice poi: Ma io come un sordo non udivo. Colui che
non rispondeva a ciò che udiva, è come se non avesse udito. Ma io come sordo non udivo e come muto che
non apre la sua bocca. Ripete poi lo stesso concetto: Sono divenuto come uomo che non ode e non ha repliche nella sua bocca;
come se non esistesse di che parlar loro, come se non ci fosse niente di cui
rimproverarli. Non aveva forse prima rimproverato e detto molte cose, come col
dire: Guai a voi scribi e farisei
ipocriti 60, ed altre cose simili? Tuttavia, quando affronta la Passione,
non dice niente di tutto questo: e non
perché non aveva che cosa dire, ma perché aspettava che essi compissero tutto,
ed adempissero a tutte le profezie che si riferivano a Lui, del quale
appunto sta scritto: Come pecora senza
voce in presenza del tosatore, non aprì la sua bocca 61. Era dunque
necessario che tacesse nella Passione, Colui che non tacerà nel Giudizio.
Perché era venuto per essere giudicato, Colui che poi verrà per giudicare; e
perciò con maggiore autorità giudicherà, perché con grande umiltà è stato
giudicato.
Perché in te, o Signore, ho sperato, tu mi esaudirai, o Signore, Dio
mio
Quoniam in te Domine speravi: tu
exaudies Domine Deus meus.
21. [v 16.] Perché in te, o Signore, ho sperato, tu mi esaudirai, o Signore, Dio
mio. Come se gli fosse stato detto: Perché non hai aperto la tua bocca?;
perché non hai detto: Risparmiatemi?; perché non hai rimproverato gli empi
della Croce?, continua e dice: Perché in
te ho sperato, o Signore, tu mi esaudirai, o Signore, Dio mio. Ti esorta a
far così, se per avventura ti troverai nella tribolazione. Forse cerchi di
difenderti e nessuno si assume la tua difesa, e già ti turbi, come se avessi
perduto la tua causa, in quanto non disponi della difesa o della testimonianza
di nessuno. Custodisci dentro di te la tua innocenza, dove nessuno può vincere
la tua causa. Ha prevalso contro di te un falso testimone, ma di fronte agli
uomini; avrà forse valore presso Dio, dove la tua causa deve essere discussa? Quando il giudice sarà Dio, non vi sarà
altro testimone che la tua coscienza. Tra il giudice giusto e la tua
coscienza, non aver timore altro che per la tua causa; se la tua causa non sarà
cattiva, non temerai alcun accusatore, non sarai ingannato da alcun falso
teste, e non avrai bisogno di dimostrare la verità. Tu cita soltanto la tua
buona coscienza, in modo da poter dire: Perché
in te, o Signore, ho sperato, tu mi esaudirai, o Signore, Dio mio.
Non sia mai che esultino contro di me i miei nemici; e già nel
vacillare del mio piede, han detto grandi cose contro di me.
Quia dixi, ne quando
supergaudeant mihi inimici mei: et dum commoventur pedes mei, super me magna
locuti sunt.
22. [v 17.] Perché ho detto: Non sia mai che esultino contro di me i miei
nemici; e già nel vacillare del mio piede, han detto grandi cose contro di me.
Di nuovo torna alla debolezza del suo Corpo, e ancora una volta il Capo sta
attento ai suoi piedi; non è in cielo sino al punto da abbandonare ciò che ha
in terra; ma per certo guarda e ci vede. Talvolta infatti, così è questa vita,
i nostri piedi vacillano, e cadono in qualche peccato; allora si levano le
lingue perverse dei nemici. Comprendiamo da questo che cosa cercavano, anche
quando tacevano. Parlano allora senza mitezza e in tono aspro, godendo di aver
trovato qualcosa di cui dovrebbero dolersi. E ho detto: Non sia mai che esultino contro di me i miei nemici. Questo ho
detto, e tuttavia, allo scopo di correggermi, hai permesso loro di dire grandi
cose contro di me, mentre vacillano i
miei piedi; cioè si son fatti grandi, han detto molte cose malvage, mentre
vacillavo. Si deve infatti aver
commiserazione per i deboli, non insultarli; così come dice l'Apostolo: Fratelli, se anche qualcuno fosse colto in
fallo, voi che siete spirituali, correggetelo in spirito di mansuetudine. E
spiega perché: ponendo, dice, mente a te stesso, affinché tu non sia
tentato a tua volta 62. Non così erano coloro dei quali è detto: E mentre vacillavano i miei piedi, contro di
me hanno detto grandi cose; al contrario, costoro erano di quelli dei quali
altrove dice: Coloro che mi tormentano esulteranno,
se avrò vacillato 63.
Perché io sono pronto alle sofferenze
Quoniam ego in flagella paratus
sum
23. [v 18.] Perché io sono pronto alle sofferenze. Magnificamente si esprime,
come se dicesse: Per questo sono nato, per subire le sofferenze. Altrimenti non
sarebbe nato da Adamo, cui le sofferenze sono dovute. Ma talvolta i peccatori
in questa vita non soffrono, oppure soffrono meno di altri, perché ormai la
loro disposizione è senza speranza. Ma coloro per i quali è preparata la vita
eterna, è necessario che qui soffrano; perché vere sono le parole: Figlio, non venir meno nella disciplina del
Signore; e non stancarti quando da lui sei rimproverato; Dio infatti corregge
chi ama; e flagella ogni figlio che accoglie 64. Non mi insultino perciò i
miei nemici, non dicano grandi cose contro di me; e se il Padre mi flagella, io sono pronto alle sofferenze, perché per
me è preparata l'eredità. Non vuoi la sofferenza, ebbene non ti sarà data
l'eredità. Perché ogni figlio è necessario che sia castigato. È tanto
necessario che ognuno sia castigato che neppure è stato risparmiato 65 Colui
che non aveva peccato 66. Perché io sono
pronto alle sofferenze.
e il mio dolore è sempre dinanzi a me.
Perché io confesso la mia ingiustizia e sto in pena per il mio peccato
et dolor meus in conspectu meo
semper.
Quoniam iniquitatem meam
annunciabo: et cogitabo pro peccato meo.
24. [v 18.19.] E il mio dolore è sempre dinanzi a me.
Quale dolore? Forse quello del castigo. E per la verità, fratelli miei, vi dirò
che gli uomini si dolgono dei loro
castighi; ma non si dolgono del perché sono castigati. Non così era costui.
Ascoltate, fratelli miei: quando uno subisce un danno, è incline a dire: Ho
sofferto ingiustamente, piuttosto che a considerare per quale ragione ha
sofferto; si duole per la perdita di denaro, non si addolora per la giustizia.
Se hai peccato, addolorati per il tuo interiore tesoro; non hai niente in casa,
ma forse sei ancor più povero nel cuore. Se invece il cuore è ricolmo del suo
bene, il tuo Dio, perché non dici: Il Signore
ha dato, il Signore ha tolto; come al Signore è piaciuto, così è stato fatto;
sia benedetto il nome del Signore? 67 Di che cosa dunque si doleva costui?
per le sofferenze che subiva? No di certo. E il mio dolore - dice - è sempre
dinanzi a me. E come se avessimo chiesto: quale dolore, e donde proviene?,
risponde: Perché io confesso la mia
ingiustizia e sto in pena per il mio peccato. Ecco donde deriva il dolore. Non dal castigo: dalla ferita, non dalla
medicina. Il castigo è infatti un rimedio contro i peccati. Ascoltate,
fratelli, siamo cristiani, e tuttavia, di solito, se uno perde il figlio lo piange: se il figlio pecca, non lo piange.
Allora dovrebbe piangere, allora dovrebbe dolersi, quando lo vede peccare;
allora dovrebbe imporgli una direttiva, inculcargli una norma di vita,
castigarlo; oppure, se così ha fatto ma quello non lo ha ascoltato, allora era
da compiangersi; è peggio se è morto nell'anima perché vive nella lussuria,
piuttosto che, morendo, ponga termine alla lussuria; quando dunque quel figlio
così si comportava nella tua casa, non solo era morto, ma anche puzzava. Di
queste cose ci dobbiamo dolere, mentre quelle dobbiamo sopportare; quelle
dobbiamo tollerare, queste piangere. Si deve piangere insomma nel modo in cui
avete udito piangere costui: Perché io
confesso la mia ingiustizia e sto in pena per il mio peccato. Non startene
tranquillo quando hai confessato il tuo peccato, considerandoti sempre pronto a
confessare, come a commettere il peccato. Proclama la tua ingiustizia in
maniera da stare in pena per il tuo peccato. Che significa: stare in pena per
il tuo peccato? Stare in pena per la tua ferita. Se tu dicessi: Starò in pena
per la mia ferita, che cosa si intenderebbe se non che ti darai da fare per
guarirla? Perché questo significa darsi
pena per il peccato, cioè sempre sforzarsi, sempre cercare, sempre darsi da
fare con assiduo zelo per guarire il peccato. Ecco, di giorno in giorno
piangi il tuo peccato, ma forse le lacrime scorrono, e gli sforzi cessano.
Compi elemosine, e i peccati saranno riscattati; goda il misero per quanto tu
gli doni, affinché anche tu goda di quanto dona Dio. Egli ha bisogno ed hai
bisogno anche tu; egli ha bisogno di te, e tu hai bisogno di Dio. Tu disprezzi
colui che ha bisogno del tuo dono, e Dio non disprezzerà colui che ha bisogno
del suo? Ricolma dunque la miseria di
chi ha bisogno, affinché Dio ricolmi il tuo intimo. Questo significa sto in pena per il mio peccato, cioè
farò tutto quanto è necessario fare per cancellare e risanare il mio peccato. E sto in pena per il mio peccato.
Ma i miei nemici vivono; e sopra di me si sono rafforzati, e si sono
moltiplicati coloro che mi odiano ingiustamente
Inimici autem mei vivunt, et
confirmati sunt super me: et multiplicati sunt, qui oderunt me inique.
25. [v 20.] Ma i miei nemici vivono. Essi stanno bene, si godono la felicità
del secolo, mentre io soffro e ruggisco per il gemito del mio cuore. In qual
modo vivono i suoi nemici, dato che di costoro ha già detto che hanno proferito
cose vane? Ascolta quanto dice anche in un altro salmo: I figli di costoro come nuove piante allevate. Ma prima aveva
detto: la loro bocca ha detto cose vane,
le loro figlie sono figure d'ornamento come quelle del tempio; le loro dispense
sono piene, e traboccano di questo e di quello; i loro bovi grassi; e le loro
pecore feconde che si moltiplicano nelle loro stalle; nessuna breccia nella
siepe, né allarme nelle loro piazze. Vivono
dunque i miei nemici; questa è la loro vita, questa vita lodano, questa amano,
questa posseggono per loro sciagura. Che dice dopo? Hanno chiamato beato il popolo che queste cose possiede. E tu,
allora, che stai in pena per il tuo peccato? che è di te che proclami la tua
ingiustizia? Beato - sta scritto - il popolo di cui il Signore è il suo Dio
68. Ma i miei nemici vivono; e sopra di
me si sono rafforzati, e si sono moltiplicati coloro che mi odiano
ingiustamente. Che significa mi odiano ingiustamente? Odiano colui che
vuole per sé il bene. Coloro che restituiscono il male per il male, non sono
buoni; sarebbero ingrati se non restituissero il bene per il bene; ma rendono
il male per il bene coloro che odiano ingiustamente. Tali furono i Giudei; è
venuto ad essi Cristo recando loro del bene, ed essi gli hanno restituito male per bene. Guardatevi da questo
male, fratelli; esso sopraggiunge di colpo. In quanto diciamo che tali furono i
Giudei non creda qualcuno di voi di esserne del tutto esente. Un tuo fratello
ti corregge, volendo farti del bene: se tu lo odii, sarai come loro. Osservate
quanto rapidamente questo avviene, e con quanta facilità: ed evitate un peccato
così grande e così sottile.
Mi denigravano coloro che rendono male per bene, perché ho perseguito
la giustizia.
Qui retribuunt mala pro bonis,
detrahebant mihi: quoniam sequebar bonitatem.
26. [v 21.] Mi denigravano coloro che rendono male per bene, perché ho perseguito
la giustizia. Per questo hanno reso male per bene. Che significa ho perseguito la giustizia? Non l'ho
abbandonata, affinché tu non intenda sempre in senso cattivo la parola
perseguire: ha detto ho perseguito, cioè
ho seguito in modo perfetto: Perché
ho perseguito la giustizia. Ascolta il nostro Capo che piange, nella sua
passione: E hanno rigettato me che ero il
prescelto, come morto esecrato. Era poco esser morto, perché anche
esecrato? Perché è stato crocifisso. Infatti questa morte sulla croce era
presso costoro ignominiosa, in quanto non comprendevano ciò che sta scritto
nella profezia: Maledetto ognuno che
pende dal legno 69. Perché non Lui ha portato la morte, ma l'ha trovata
trasmessa qui dalla maledizione del primo uomo 70; ed accettando la nostra
stessa morte, ha inchiodata al legno quella morte che era venuta per mezzo del
peccato. Perché dunque alcuni non credessero, come pensano certi eretici, che
il Signore nostro Gesù Cristo sia stato rivestito di una carne non vera, e non
abbia subito una vera morte sulla croce, il profeta intende questo, dicendo: Maledetto ognuno che pende dal legno.
Egli mostra cioè che anche il Figlio di Dio è morto di vera morte, che gli
derivava dalla sua carne mortale, affinché tu non creda che egli non essendo
maledetto, non sia perciò realmente morto. Poiché quella morte non era
apparente, ma gli derivava dal propagarsi della maledizione della sua stirpe,
allorché Dio aveva detto: Morirete di
morte 71, così Egli è giunto
pienamente alla vera morte, perché noi pervenissimo alla vera vita; del pari
Egli è stato colpito dalla maledizione della morte, perché noi giungessimo alla
benedizione della vita. E hanno rigettato
me che ero prescelto, come morto esecrato.
Non mi abbandonare, o Signore Dio mio, non ti allontanare da me.
Non derelinquas me Domine Deus
meus: ne discesseris a me.
27. [v. 22.] Non mi abbandonare, o Signore Dio mio, non ti allontanare da me.
Diciamolo in Lui, per Lui; dato che Egli intercede per noi 72, diciamo: Non mi abbandonare, o Signore Dio mio. E
tuttavia Egli aveva detto: Dio mio, Dio
mio, perché mi hai abbandonato? 73 e ora dice: Dio mio, non ti allontanare da me. Se non si allontana dal corpo,
si è forse allontanato dal capo? Quella
voce, dunque, non era altro che quella del primo uomo. Mostrando con tali
parole di rivestire la vera carne, dice: Dio
mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Non lui aveva abbandonato Dio. Se
non abbandona te che credi in Lui, abbandonerà Cristo il Padre, che con il
Figlio e lo Spirito Santo è un solo Dio? Ma trasfigurava allora in sé la persona del primo uomo. Sappiamo
infatti - ce lo dice l'Apostolo - che il
vecchio nostro uomo è stato crocifisso con lui sulla croce 74. Ma non
saremmo liberati dalla vecchiezza, se essa non fosse crocifissa nella sua
debolezza. Per questo è venuto, affinché siamo rinnovati in Lui, perché ci
rinnoviamo desiderandolo ed imitando la Passione di Lui. Dunque quella era la voce della debolezza, era la voce nostra, con
la quale è stato detto: Perché mi hai
abbandonato? In questo senso ha detto: Le
parole dei miei peccati 75, come se dicesse: Queste sono le parole che sono
state trasferite in me dalla persona del peccatore. Non ti allontanare da me.
Accorri in mio aiuto, o Signore della mia salvezza.
Intende in adiutorium meum:
Domine Deus salutis meae.
28. [v 23.] Accorri in mio aiuto, o Signore della mia salvezza. Questa è la salvezza, o fratelli, della
quale hanno parlato i Profeti, come dice l'apostolo Pietro, e non l'hanno
ottenuta coloro che l'hanno cercata; ma l'hanno ricercata e preannunziata, e
noi siamo venuti ed abbiamo trovato ciò che essi hanno cercato 76. Ma ecco che anche noi non ancora l'abbiamo
ricevuta; e nasceranno altri dopo di noi, e troveranno ciò che neppure essi
riceveranno, e passeranno; per cui tutti
insieme alla fine del giorno, con i Patriarchi e i Profeti e gli Apostoli,
riceviamo la mercede della salvezza. Sapete infatti che gli operai a giornata
condotti alla vigna in tempi diversi tuttavia ricevettero la stessa mercede 77.
Dunque anche i Profeti, gli Apostoli, i Martiri e noi, e coloro che vivranno
dopo di noi sino alla fine dei secoli, riceveremo alla fine la salvezza eterna,
in modo che, contemplando la gloria di Dio e vedendo il suo volto, Lo loderemo
in eterno, senza difetto, senza castigo d'iniquità, senza perversità di
peccato, lodando Dio non più sospirando ma stretti a Lui, al quale sino alla
fine abbiamo anelato, e nella speranza ci siamo rallegrati. Saremo infatti in
quella Città dove il nostro bene è Dio, la luce è Dio, il pane è Dio, la vita è
Dio; e qualsiasi nostro bene, per il quale ci affatichiamo nel pellegrinaggio,
troveremo in Lui. In lui sarà la pace,
di cui ora dobbiamo ricordarci dolendoci della sua assenza. Ricordiamoci di
quel Sabato, nel cui ricordo sono state dette tante cose e tante dobbiamo dire,
e dicendole non dobbiamo mai tacere, non con la bocca, ma con il cuore, perché
appunto dobbiamo tacere con la bocca per poter gridare col cuore.
Note
1 - Sal 37, 19.
2 - Mt 15, 26.
3 - Cf. Rm 1, 3.
4 - Cf. Mt 5, 5.
5 - Mt 25, 41 42.
6 - 1 Cor 3, 12 15.
7 - Gn 2, 17.
8 - 9 Ef 2, 3.
9 - Rm 8, 23.
10 - Rm 8, 24 25.
11 - Rm 8, 23.
12 - Cf. Gb 6, 4.
13 - Ct 2, 5; 5, 8.
14 - Cf. 1 Cor 15, 53.
15 - 1 Pt 2, 22.
16 - Ef 5, 30.
17 - Mt 27, 46.
18 - Sal 21, 2.
19 - Sal 21, 19.
20 - Mt 27, 46.
21 - Ef 5, 31 32.
22 - Mt 19, 4-6.
23 - Mt 25, 42-45.
24 - At 9, 4.
25 - Sir 10, 14.
26 - Cf. Sal 7, 17.
27 - 2 Cor 2, 15.
28 - Ct 1, 3.
29 - Cf. Lc 13, 11.
30 - Sap 9, 15.
31 - Cf. 1 Cor 2, 8.
32 - Gv 14, 8.
33 - Gv 14, 9.
34 - Gv 14, 21.
35 - e appresso Sal 30, 23.
36 - 2 Cor 12, 2-4.
37 - Cf. 1 Cor 15, 50.
38 - Cf. Mt 6, 6.
39 - 1 Ts 5, 17.
40 - Mt 24, 12.
41 - Mt 5, 44; Lc 6, 27.
42 - Cf. Gn 3, 8.
43 - Cf. 1 Cor 15, 45.
44 - Gv 14, 21.
45 - 1 Gv 3, 2.
46 - 2 Cor 5, 6 7.
47 - Rm 8, 25.
48 - Sal 18, 13 14.
49 - Mt 20, 22.
50 - Mt 22, 16.
51 - Cf. Gv 2, 25.
52 - Mt 22, 18.
53 - Is 29, 13.
54 - Cf. Mt 26, 70.
55 - Gv 21, 17.
56 - Sal 141, 5.
57 - Cf. Mt 26, 59 60.
58 - Is 53, 9.
59 - Mt 28, 13.
60 - Mt 23, 13.
61 - Is 53, 7.
62 - Gal 6, 1.
63 - Sal 12, 5.
64 - Prv 3, 11 12.
65 - Cf. Rm 8, 32.
66 - Cf. 1 Pt 2, 22.
67 - Gb 1, 21.
68 - Sal 143, 12-15.
69 - Dt 21, 23.
70 - Cf. Gal 3, 10.
71 - Gn 2, 17.
72 - Rm 8, 34.
73 - Mt 27, 46, Sal 21, 2.
74 - Rm 6, 6.
75 - Sal 21, 2.
76 - Cf. 1 Pt 1, 10-12.
77 - Cf. Mt 20, 9.
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