San Pier Damiani Liber Gomorrhianus XXIV |
Rialzati, rialzati, ti prego. Svegliati, o uomo che sei affondato nel torpore della misera voluttà. Rinasci finalmente tu che sei morto con la spada letale davanti ai tuoi nemici. L'apostolo Paolo è presente, ascoltalo mentre parla. Accusa, si agita e grida contro di te con parole famose: «Svegliati tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo su di te risplenderà» [Ef 5,14]. Tu che senti il Cristo che risuscita, perché diffidi della tua risurrezione? Ascolta dalla sua stessa bocca: «Chi crede in me, anche se muore, vivrà» [Gv 11,25]. Se la vita vivificatrice cerca di alzarti, perché tu continui ulteriormente a giacere nella tua morte? Bada, bada quindi, che il baratro della disperazione non ti assorba. La tua mente attinga fiduciosamente dalla pietà divina perché essa, rimanendo impenitente, non si indurisca a causa della gravità del peccato.
Disperare non è dei peccatori, ma degli empi. Non è la gravità dei peccati che fa cadere l'anima nella disperazione, ma la scelleratezza. Se, infatti, il diavolo può tanto da farti sprofondare in questo vizio, Cristo è molto più potente e ti può riportare alla cima da cui sei caduto. «Colui che ha peccato, non desidera forse rialzarsi?» [Sal 40,9]. L'asino cadde nel fango sotto il peso del tuo corpo; è lo stimolo della penitenza che stuzzica, è la mano dello spirito che con forza fa rialzare. Il fortissimo Sansone, che, stupidamente, svelò il segreto del suo cuore ad una donna attraente, non solo perse le sette trecce da cui traeva la sua forza, ma fu fatto anche preda di Allophylis e perse la vista. Poi, quando ormai i capelli erano ricresciuti, chiese umilmente l'aiuto del Signore Dio. Abbatté il tempio di Dagon e uccise molti più nemici di quanti ne avesse uccisi prima [Gdc 16].
Se perciò la tua carne svergognata ti ingannò, ammaliandoti con le sue mollezze, se ti portò via i doni dello Spirito Santo, se ti spense il lume non dell'intelligenza ma del cuore, non ti avvilire nell'animo, non disperare del tutto, raccogli ancora le tue forze, scuotiti con vigore e mettiti alla prova con le cose forti, così,attraverso la misericordia di Dio, potrai trionfare sui tuoi nemici. I Filistei poterono tagliare i capelli a Sansone, ma non di certo strapparglieli, così anche gli spiriti iniqui potrebbero tenere lontani da te, per un certo tempo, i doni dello Spirito Santo, ma non tuttavia evitare per sempre il rimedio della riconciliazione divina. Come, ti scongiuro, puoi disperare della grandissima misericordia di Dio, se anche il Faraone dimostra che dopo il peccato non ricorre al rimedio della penitenza? Ascolta ciò che ti dice: «Ho spezzato il braccio di Faraone, re d'Egitto, non ha implorato perché gli si desse aiuto e gli si restituisse la forza per riprendere la spada» [Ez 30,21]. Che cosa dirò di Acab, re d'Israele? Lui che dopo aver costruito idoli, dopo aver trucidato empiamente Naboth di Izreèl, se da una parte fu umiliato, dall'altra ottenne la misericordia. Testimonia, infatti, la Scrittura che, avendo avuto paura della condanna divina, «strappò la veste e sparse il suo corpo di cilicio, si coricò con il sacco e si mise a camminare dimesso» [1 Re 21,27]
Che cosa successe dopo queste cose? «La parola del Signore fu rivolta ad Elia il tisbita in questi termini: hai visto come Acab si è umiliato al mio cospetto? Dal momento che egli si è umiliato di fronte a me, io non farò venire il male durante la sua vita». [1 Re 21,28-29] Perciò se la penitenza di colui che per nulla perseverò, non viene disprezzata, perché tu diffidi della generosità della misericordia divina, se infaticabilmente ti sforzi di perseverare? Stabilisci anche tu un assiduo combattimento contro la carne, poniti fermamente armato contro la rabbia importuna della libidine. Se la fiamma della lussuria brucia le ossa, subito il pensiero del fuoco eterno la spegne. Se l'esperto insidiatore suscita la bellezza incerta della carne, subito la mente volge lo sguardo ai sepolcri dei morti e allora pone mente con sollecitudine a ciò che si scopre soave al tatto e piacevole allo sguardo.
Si consideri perciò che la malattia che ora puzza insopportabilmente, che il marcio che genera vermi e se ne nutre, che ogni polvere, ogni arida cenere che ora si vede giacere lì, un tempo allietava a tal punto la carne da sottometterla, nella sua freschezza, alle passioni. Si valutino, quindi, i rigidi muscoli, i denti nudi, la rotta impalcatura delle ossa e delle articolazioni, i legami completamente distrutti di tutte le membra. E' così, sì così informe e di immagine confusa, il mostro che ruba il prestigio al cuore umano. Pensa, perciò, quanto sia pericoloso il cambiamento, perché, grazie ad un solo momento di piacere che è sufficiente per far uscire il seme, ne segue una pena che non si esaurisce nell'arco di mille anni. Medita quanto sia triste che per colpa di un solo membro, di cui ora il desiderio si sazia, tutto il corpo con l'anima in seguito viene tormentato in perpetuo nelle fiamme atroci dell'inferno. Combatti i mali imminenti con gli studi tanto impenetrabili delle meditazioni, distruggi il passato con la penitenza. Il digiuno rompa la superbia della carne, la mente si nutra con i cibi dell'assidua preghiera. In questo modo, quindi, lo spirito presule costringa la carne sottomessa con il freno della disciplina e cerchi di affrettarsi ogni giorno verso la Gerusalemme celeste lungo i gradini del fervente desiderio.
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